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lunedì 7 ottobre 2013

ANTOLOGIA POUNDIANA - Da Rapallo a Castel Fontana I°

Ci stiamo avvicinando al quarantunesimo anniversario della morte di Ezra Pound. Il Gruppo di Studio Avser vuol ricordare il grande poeta americano con una serie di scritti raccolti in un'antologia che verrà qui pubblicata a puntate. Apriamo la rassegna con la prima parte di un  saggio del compianto Riccardo Maria degli Uberti, che ci regala una ricca collezione di vividi ricordi del "Fabbro Perfetto".


DA RAPALLO
A CASTEL FONTANA
Edito integralmente, col sottotitolo  
‘Memorie Poundiane nel centenario della nascita del Poeta ’,  
nella collana « Nugellae » ( n. 8 ) del Centro di Studi Atesini ( Bolzano 1985 )
 Esaurito in breve, è riprodotto ora in questa silloge.

di Riccardo Maria degli Uberti. Saggio parzialmente pubblicato in
« Italian Quarterly » periodico della California University ( Riverside, 1972 ) e in « Voce del Sud » ( Lecce 1980-1981). 



N.H. DOTT. AVV. RICCARDO MARIA DEGLI UBERTI
* Diano Marina (Im) 2 dicembre 1908
+ Stia (Ar) 9 gennaio 1986.


Il saggio che segue è l'ultimo, compiuto, di Riccardo degli Uberti autore di opere di assai maggiore impegno ed estensione.
Per la Sua integrità morale e il fervido ingegno, il Marchese degli Uberti resterà sempre vivo nel mio ricordo. L'animo fiero, la statura imponente e la rigida coerenza Lo rendevano in tutto simile al magnifico Ante­nato, quel Farinata inciso indelebile nella nostra immaginazione fin dai lontani anni del liceo.
Fu «Ghibellino di parte italiana», come gli illustri ascendenti, dal capitano di vascello sommergibilista Farinata Paolo Tolosetto (MOVM 1916) all'ammiraglio Ubaldo – Suo Padre – ucciso nel tragico aprile 1945. Col Padre aveva trascorso l'adolescenza, seguendolo nelle basi della R. Marina a Pola, Sebenico, Bengasi, La Spezia, Livorno. Combattente nella seconda guerra mondiale in Francia e poi a Leopoli dove conobbe Federico Gentile, figlio del Filosofo, al quale restò legato da grande amicizia.
Nella vita civile aveva intrapreso una brillante carriera all'Ansaldo di Genova; alla ripresa, nel dopoguerra, passò all’Editrice Sansoni di Firenze dove per lunghi anni mise a frutto la Sua vasta cultura. Viveva nel Casentino «dove – ci scrive la Consorte N. D. Leopoldina – ogni cosa Gli piaceva, soprattutto l'essere vicino alla piana di Campaldino» dove la sobria epigrafe della colonna eretta nel sesto Centenario di Dante condanna l'odio di parte e la guerra civile.
Coerente alle Sue idee, mai volle accomodarsi ai tempi, ne-anche quando la ristrettezza poteva essere una scusante.
Stroncato da male inesorabile, Riccardo degli Uberti ha lavorato intensamente fino all'ultimo giorno. Lascia incompiuto un importante saggio letterario sulla poesia giovanile di Ezra.

Bolzano, 23 marzo 1986 

F.B.





Appena liberato, Ezra Pound ritornò in Italia e raggiunse la figlia, Mary de Rachewiltz, a Castel Fontana.
Castel Fontana, Brunnenburg in tedesco, è una rocca turrita che nel Medio Evo faceva parte della cinta difensiva di Castel Tirolo; alla sua base ha pietre romane. Il castello è come appeso all'aprico villaggio di Tirolo di Merano e si affaccia sull'ampia valle nella quale si stende la città. Dalle finestre che danno a mezzogiorno, lo sguardo scende a picco e dà un'impressione di vertigini, come un precipizio: ma quello che si vede sotto il castello è soltanto un ripido declivio coperto di vigneti ben ordinati, di coltivazioni rigogliose, di meli digradanti verso l’alberata periferia di Merano. A ponente, invece, è un orrido quello che separa Castel Fontana dalla mole imponente di Castel Tirolo un profondo canalone selvaggio. In quel massiccio edificio, quasi una fortezza, abitava ai suoi tempi la Maultasche, la «Brutta Duchessa», che si suppone ritratta da Leonardo da Vinci nel disegno caricaturale, davvero feroce, che fece di lei.
In questo quadro ritrovai Ezra Pound che non vedevo dal maggio 1943, quando avevo lasciato Roma per raggiungere un raggruppamento di artiglieria in Francia.
Fra i volumi della mia piccola biblioteca poundiana, uno mi è particolarmente caro, ed è il Ciung Iung, secondo dei libri confuciani, tradot­to dal Pound in italiano col titolo L'Asse che non vacilla. Questo opuscolo, di 48 pagine in sedicesimo, risulta finito di stampare il 1°febbraio 1945. Sulla risguardia ha una dedica autografa così con­cepita: « Ub 2 da E. con errori di stampa 31 marzo XXIII ». Ub 2 era la sigla con la quale Pound desi­gnava mio padre, Ubaldo degli Uberti: Ub al qua­drato.
Nel corso di una amicizia durata dieci anni Pound aveva avuto occasione di inviare al suo amico molti libri, alcuni dei quali son poi finiti in mano ai ladri; questo, che fu l'ultimo, oggi è diventato, nella edizione originale, una rarità libraria, perché l'editore-stampatore, poco prima del 25 aprile 1945, distrusse tutta la tiratura, non ancora distribuita, per via di quel titolo compromettente; senza preoccuparsi, come forse non se ne sarebbero preoccupati i malintenzionati, di leggerne almeno le prime pagine, dalle quali risultava chiaramente che si trattava non d’un libro di propaganda nazifascista, ma d’un libro che Tsze Sse, nipote di Confucio, aveva steso sulla base della tradizione orale cinque secoli prima della nostra era.

È noto quali e quanti amici avesse avuto Ezra Pound nell'ambiente artistico e letterario internazionale. Cito alla rinfusa: Henri Gaudier Brzeska scultore e scrittore; Whindham Lewis, scrittore e pittore; Leo Frobenius, etnologo; C. H. Douglas, economista; T. S. Eliot, James Joice, W. B. Yeats, scrittori e poeti, ed altri, fino al più popolare Hemingway, col quale si esercitava nel pugilato; ma nessun uomo di mare all'infuori di mio Padre.
L'amicizia fra questi due uomini, così differenti per formazione e professione, era nata nel 1934. Mio Padre, che aveva lasciato da poco la Marina da guerra, si era ritirato a Diano Marina, nella Ri-viera di Ponente; ed aveva incominciato un'attività letteraria e giornalistica, con un volume sulla guerra Russo-Giapponese e una biografia del duca degli Abruzzi, collaborando con diverse riviste e giornali su argomenti di storia e politica navale. Un suo amico inglese, Beauchamp (pron. ’biciam’) Domvile, già maggiore dei King's Fusiliers e più tar-di King's Messenger (corriere del re), gli passava i quotidiani inglesi cui era abbonato.
Su una copia della « Morning Post » del 20 marzo 1934 mio Padre lesse una lettera al direttore firmata Ezra Pound, nella quale fra l'altro si leggeva: « Ogni volta che io tento un chiaro, sincero re-soconto della natura costruttiva del Fascismo in Italia, mi è estremamente difficile, se non impossibile, arrivare fino a una rotativa ». Il nome di Pound era soltanto vagamente noto a mio Padre, le cui vaste letture nel campo delle letterature anglofone vertevano, principalmente, sui classici; ma l'Enciclopedia Britannica gli venne in soccorso, tantoché in prima pagina del « Giornale di Genova » del 1° d’aprile 1934 comparve un suo articolo sotto il titolo (redazionale) «Menzogne straniere smentite da uno straniero ». Nel corpo dell'articolo, che citava diversi casi di ostilità dell'establishment britannico verso l'Italia, veniva riportato un lungo brano della lettera poundiana che, come scrisse più tardi mio Padre,
« sarebbe stata simpatica anche se scritta da un ignoto, e meritava di essere conosciuta da noi ». «Due giorni dopo – scrisse poi mio Padre – ricevo una lettera da Rapallo, proprio di Ezra Pound [ ... ] da questa lettera è venuto un incontro a Roma, seguito da un vivace scambio di corrispondenza ».
Queste parole sintetizzano un periodo che, ad un osservatore odierno, potrebbe apparire di una attività frenetica delle poste, oggi impensabile: a quella di Pound del 2 aprile, ricevuta il 3, mio padre risponde il 4 con una lettera che il Pound riceve il 5 rispondendo lo stesso giorno; e il 7 parte da Diano Marina una cartolina di mio Padre indirizzata a Pound presso un albergo di Roma; in essa mio Padre preannuncia il suo arrivo nella Capitale il 12; il 12 o il 13 Pound e mio Padre si incontrano nell'ufficio di Francesco Monotti alla Casa Madre dei Mutilati.
Non so da quanto tempo Pound conoscesse Monotti; mio Padre aveva stretto amicizia con lui quando, per illustrare la sua biografia del Duca degli Abruzzi, aveva scelto la fotografia di un busto del Principe modellato dal cieco di guerra Filippo Bàusola.
La prima lettera di Pound conteneva una serie di affermazioni che, per quel tempo, costituivano un' analisi molto acuta e precoce dell'Italia e del Fascismo. « All'estero – scriveva – nessuno ha sentito parlare dell'ala sinistra del partito fascista [] per dieci anni si è supposto che il Fascismo fosse reazione pagata dai banchieri (Comité des Forges ecc.). Intendo dire, REAZIONE e NIENTE d'altro ».
Più avanti scrive: « Qui in Italia sembra difficile menzionare le tre Italie, che sono:  
1) il Duce e i tecnici che vivono nell'anno XII e domani,  
2) ... i cosiddetti letterati e artisti che abitano in qualche parte del 1890,  
3) Gli Universitari che sono ancora all'incirca nel 1873 ».  
E conclude: « IL PIÙ GRANDE pericolo è ora che il Fascismo scelga alleati sbagliati [...] cioè persone che di fascista non hanno che la camicia ». Si riferiva a fascisti inglesi che Mosley accettava nel suo movimento senza la necessaria selezione.
La risposta di mio Padre (4 aprile) contiene innanzitutto una succinta nota biografica, quindi una schietta professione di fede: « Io non sono un animale politico. In memoria del mio omonimo fiorentino io sono un uomo di parte [...] che non discute mai gli ordini che vengono dal capo che ha prescelto, il Duce». Alla professione di fede di mio Padre, sempli­ce e pacata come si addiceva a un soldato che, li­gio ai regolamenti, si era iscritto al Partito solo dopo il congedo, segue quella di Pound: immediata, non vi è stato tempo per una riflessione.
Pound risponde il 5 aprile, scrive e imposta cioè lo stesso giorno in cui ha ricevuto la lettera di mio Padre scritta e spedita, come ho già detto, il giorno 4 aprile.
È subito un grido di esultanza. Lo trascrivo nell'originale inglese nel quale fa spicco l'apostrofe in maiuscolo:
«My dear Ubaldo degli Uberti ANCH'IO! a man of part: in the sense, anyway, that I damn well have to take sides.
And I bet on the Duce time back...» (eccetera).
È proprio necessario tradurre l'intraducibile stile del Pound, nel quale anche l'impaginazione delle righe e la scelta del carattere dattiloscritto ha un suo valore?
«Anch'io uomo di parte, nel senso, comunque sia, che debbo maledettamente prendere posizione. E ho puntato sul Duce già molto tempo addietro, senza aspettare che si vedesse da che parte il vento tirava...»
I due uomini si erano subito intuiti, capiti.
Ma qui si inserisce la solita domanda, che fanno i miseri, meschini professionisti della cultura, tanto dipendenti dal «potere» (oggi, ovviamente, da quello orientato a sinistra, che essi suppon-gono tenga i cordoni della borsa): «Ma allora Pound era fascista?». Domanda oziosa, alla quale basterebbe rispondere che allora tutti lo erano.


Perché forse la mia risposta non arriveranno a capirla. Il fatto è che Pound era di una statura tale che nessuno poteva giungere a dargli una etichetta. Chi abbia letto, meditato e capito gli scritti del Pound, se si sarà accostato senza preconcetti, da sinistra o da destra, al pensiero del Poeta, e ne avrà seguito l'evoluzione, forse potrà rendersi conto che Pound precede il Fascismo, che sempli-cemente è nato nella stessa atmosfera di cui lo spirito di Pound si nutriva.
A mano a mano che il Pound ha vissuto il Fascismo in Italia, ha scoperto le identità, ha osservato un parallelismo spirituale fra il suo pensiero e certe tendenze, certi indirizzi che erano nel Fascismo: ma non ne è stato plagiato. Le sue decisioni, per le quali ha pagato, e duramente, di persona, non gli sono mai state imposte da nessuno. (Un giorno qualcuno, più aperto e spassionato di me, potrà trovare un parallelismo fra l'evoluzione del pensiero di Giovanni Gentile e quella di Pound). Le ha scelte liberamente, consapevolmente, mantenendo intatto il suo spirito critico con un coraggio ignoto ai tanti osannanti di allora, che oggi vantano resistenze occulte, tanto occulte che nessuno se ne è mai accorto.
Per rendersi conto di ciò basterà, forse, quando verrà pubblicato, la lettura dell'epistolario fra due uomini tanto diversi nella formazione e negli interessi rispettivi, ma tanto simili nella reciproca sincerità. Non vi fu mai fra Pound e mio Padre la minima divergenza, perché in entrambi non vi fu mai un dubbio sul loro dovere di Uomini. Sapevano che, nei rispettivi campi, che all'ultimo vennero quasi a identificarsi, essi combattevano all'arma bianca. E a viso aperto.



Continua....





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