1.8
I tempi nuovi
Con i tempi nuovi sorgeranno in
Dalmazia le confraternite delle arti e mestieri. Confraternite nate intorno al
1300 che nel 1422 si ergeranno a trattare da pari a pari con la nobiltà. Dunque:
non spargimento di sangue fra un popolo bestia e una nobiltà indegna, ma un
popolo libero e fiero che tratta da uomo a uomo con una nobiltà illuminata per
il bene comune.
E dilagherà l'Umanesimo. Le scuole dalmate accoglieranno i migliori
maestri provenienti da tutta Italia e in breve da quelle scuole usciranno umanisti, storici, scrittori
e poeti. Due soli esempi:
– L'epigrafia, già conosciuta come
curiosità erudita, diventa scienza all'inizio del Quattrocento nel triangolo
Ancona - Zara - Traù.
– Il grandioso palazzo di Urbino
sede dei Montefeltro, che è
stato definito “la prima dimora principesca rinascimentale”, è opera
dell'architetto zaratino Luciano Laurana.
A questo punto l'identità
culturale fra le due sponde del golfo Adriatico mi pare sia una affermazione che non
ammette repliche. Al di là dello spartiacque delle Alpi Dinariche esisteva veramente
“un altro mondo”
1.9
Le mille e una notte
Un piccolo 'stacco' per dare
spazio ad una simpatica curiosità. La famosa
raccolta di novelle che ci viene offerta dal mondo islamico sotto il titolo Le
mille e una notte, nomina, puramente di passaggio e senza nessun intento
propagandistico, alcune città italiane. Le città italiane nominate nelle
Mille e una notte sono sei: Roma, naturalmente, la sede degli 'infedeli' è ben
nota alla gente di religione islamica, Genova, Pisa e Venezia
sono Repubbliche marinare in continuo contatto con l'Oriente e chiaramente
conosciute le ultime due sono Zara e Ragusa! Zara e Ragusa, citate di
sfuggita come città italiane da una fonte insospettabile.
1.10
Ragusa
Ragusa si affaccia alla storia
nel 634 e per la grande impronta da lei lasciata merita un cenno a parte. Si
chiamerà “libera e sovrana repubblica di ragusa” fino al 1814.
Per mille e duecento anni a
Ragusa si è parlato italiano. Nei suoi giorni migliori aveva in mare fino a
settecento navi! Dico settecento. Nel 1416 abolì la schiavitù. Che cosa ne
pensano i nostri amici Inglesi, che
pretendono di insegnare la democrazia al mondo intero? Loro hanno abolito la
schiavitù nel 1807, quattro secoli dopo, o mi sbaglio?
1.11
Venezia
Nel passare alla venezianità della Dalmazia
mi pare di sfondare una porta aperta. Basta guardare quanti sono in Dalmazia i
leoni di S. Marco e quanti i campanili veneti per rispondere con un sorriso
disarmante. Ma a questo proposito
desidero ricordare un particolare storico dal sapore di aneddoto. Nel 1797 a
Venezia, durante l'ultimo gran consiglio, i pareri erano discordi:
chi voleva resistere ad oltranza e chi voleva evitare un inutile spargimento
di sangue. Il doge Lodovico Manin
tentennava. Si dice che allora il procuratore anziano gli gridò, additando
il berretto che rappresentava il potere dogale: “Tolé
suso el corno e andé a Zara”. A
significare che una eventuale estrema e disperata difesa della Serenissima sarebbe stata possibile
solo dalle mura di Zara.
1.12
Campoformio 1797
Con il trattato di Campoformio, Venezia passa
all'Austria. Segue il destino di Venezia ovviamente anche la Dalmazia considerata quasi come un optional della
Repubblica. Nel 1866 Venezia ritorna libera, ma la
Dalmazia rimane sotto il giogo austroungarico.
L'entusiasmo risorgimentale che
aveva infiammato i cuori dei ragazzi italiani che si battevano
nel Lombardo-Veneto, per esplodere in Dalmazia dovrà aspettare la fine della
prima guerra mondiale e la caduta dell'Impero asburgico. Quando finalmente
parte della Dalmazia potrà ricongiungersi
alla madrepatria, parlare di delirio collettivo
non è esagerato.
Il giorno in cui a Zara si issò
il Tricolore sulla cima del campanile
del Duomo, fu incaricato dell'alto onore un ragazzo della Società Ginnastica di Zara.
Questo ragazzo, dopo alzata la bandiera, posò le mani avanti ai piedi e fece la
verticale... in cima al campanile.
E quel ragazzo non cadde di
sotto perché sostenuto dai cuori di tutti i suoi concittadini presenti.
Io che non potevo essere presente perché non ero
ancora nato, mentre scrivo queste righe mi sento un groppo in gola e non so
perché.
Vedo i drogati, vedo i morti del sabato sera e li
confronto con quel ragazzo sulla cima del campanile...
1.13
Fascismo
Naturalmente, quando subito dopo
arrivò il Fascismo, trovò in Dalmazia terreno
fertile. È facile dire oggi: ma voi Dalmati eravate tutti fascisti! E ti
credo! rispondo io, che altro saremmo potuti
essere? Mussolini ci parlava di Bandiera, di Patria e di Onore e tanto ci bastava. Non credevamo di fare niente
di male.
Soltanto dopo la guerra perduta,
gente come Sandro Pertini, “il più amato (?) dagli Italiani”, ci ha informato
che eravamo tutti cattivi. Ma prima della guerra credevamo di essere persone normali, anzi, meritevoli di lode per
i nostri sforzi disinteressati tesi solo ad onorare la bandiera.
1.14
Epilogo
A guerra perduta, Parenzo,
tanto per fare un esempio nomino quella cittadina istriana proprio di fronte a
Chioggia, Parenzo, dicevo, depone le armi e cavallerescamente si consegna al vincitore.
Ma il vincitore non si mostra degno di tanto onore, anzi, forse memore dei
suoi disgraziati avi, i bifolchi e i bislacchi, si comporterà in una maniera
tale che gli abitanti di Parenzo saranno costretti a lasciare la loro città e
i loro averi. In quei giorni lascia Parenzo il 98% della po-polazione.
In tutto i profughi da Istria, Fiume e
Dalmazia saranno 350.000. Non
certo 350.000 barbari migrati dalle steppe, ma
popolo civilissimo depositario di una storia e di una cultura che gli
intellettuali progressisti nostrani non possono neanche immaginare.
In quei giorni, prefetto della
città di Zara..., anzi non si chiamava Prefetto ma Capo della Provincia, era
un siciliano di nome Serrentino. Questo siciliano si prodigò al
limite delle possibilità
umane per seppellire i morti. Zara infatti aveva subito 54 bombardamenti. Dico
54 bombardamenti su una città grande come un fazzoletto senza una contraerea
adeguata perché non era obiettivo militare. Questo significa che gli 'eroici'
aviatori anglosassoni avevano agio di giocare al tiro a segno contro le barche
di civili che cercavano di lasciare la città durante gli attacchi aerei (*Fonti:
301 bis Talpo/Brćić,
259); 322 Bambara, 151; 601 Carter/Mueler).
Serrentino, dicevo,
soccorre i feriti, seppellisce i morti e
organizza la evacuazione. Lui stesso lascia per ultimo
la città in fiamme quando ormai gli fischiano le pallottole dietro le
orecchie. Ma le brigate partigiane di Tito lo inseguono e lo raggiungono
in territorio italiano dopo la fine della guerra, lo strappano da casa sua e lo trascinano oltre il confine. Sarà
fucilato, naturalmente, era fascista, non poteva essere che fucilato.
Cade così Vincenzo Serrentino il
19 maggio del 1947. Due anni dopo la fine della
guerra (* 1221).
Finisce qui la storia della mia
Zara e della mia Dalmazia. Grazie.
Giuliano
De Zorzi
Son nude le selci, son aride e nude
ma piene di
fato: ciascuna in sé chiude
per l'urto faville
di grande virtude.
Ricòrdati e
aspetta.
È piena di
fato la muta ruina.
All'ombra
dei marmi la via cittadina
si tace
pensando che l'ora è vicina.
Ricòrdati e
aspetta (...)
Fra l'erba
che cresce davanti ai palagi
terribili,
spogli dell'armi e degli agi,
s'ascondono
forse divini presagi.
Ricòrdati e
aspetta.
È figlia al
silenzio la più bella sorte.
Verrà dal
silenzio, vincendo la morte,
l'Eroe
necessario. Tu veglia alle porte,
ricòrdati e
aspetta.
(D'Annunzio,
Laudi, II, xvi, 9 sgg.).