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sabato 5 marzo 2016

IL FANTASTICO MONDO DELL'ANTI-RISORGIMENTO

Siamo stanchi. Sinceramente, ne abbiamo le scatole piene, per non dire di peggio, di tutti i denigratori del Risorgimento. E' l'ora che si delineino una volta per tutte dei confini netti, precisi, tra chi è nostro nemico e chi nostro alleato. In questo mondo confuso, dove niente è più chiaro e tutto si mescola e si snatura, è sacrosanto porre dei limiti, piantare dei picchetti e fare quadrato attorno alle cose che contano davvero, difendendole a spada tratta da ogni attacco esterno. Si arriva ad un punto in cui dopo avere ascoltato mille ragioni è necessario tirare un rigo e prendere una decisione, non curanti di risultare sgradevoli a molti o d'esser tacciati con i peggiori epiteti. Ed è con stile elegante, ma al contempo ironico, che la nostra Maria Cipriano, con questo scritto, assesta una proverbiale staffilata al variegato universo anti-risorgimentale, smascherandone l'inconsistenza e la pochezza ideologica. Non aggiungo altro, preferendo lasciare ai lettori il piacere d'addentrarsi nell'articolo della nostra preziosa collaboratrice. Solo, mi preme ricordare quanto i sedicenti "cattolici tradizionalisti" farebbero bene a studiarsi le fulgide personalità cattoliche che parteciparono al Risorgimento e donarono sangue e vita per la maggior grandezza d'Italia. Forse allora capirebbero che il loro sbraitare non ha veramente alcun senso.

Sandro Righini

 IL FANTASTICO MONDO DELL'ANTI-RISORGIMENTO

LO SBARCO DEI BORBONI SULLA LUNA, TENUTO NASCOSTO DA UN COMPLOTTO SABAUDO CON LA COMPLICITA' DI GARIBALDI



Forse un giorno, a somiglianza dello scrittore britannico John Ronald Reuel Tolkien, autore della celebre saga “il Signore degli anelli”, qualcuno si prenderà la briga di inanellare in una saga altrettanto fantasiosa e di successo l'inesauribile selva di sciocchezze che, da qualche decennio a questa parte, e con recenti recrudescenze, sono state lanciate dai più eterogenei spalti contro il Risorgimento nazionale: il fiore all'occhiello dell'Italia di cui i nostri antenati si vantavano e all'estero ci invidiavano, e di cui oggi viceversa ci si dovrebbe vergognare.
Perfino Giannino Stoppani, il celebre protagonista del “Giornalino di Gian Burrasca”, l'opera letteraria ideata da Vamba (lo scrittore toscano Luigi Bertelli che la scrisse nel 1907) che è un classico immortale della letteratura post-Risorgimentale per bambini, famoso quasi quanto Pinocchio (l'altro grande capolavoro scritto dal toscano Carlo Lorenzini nel 1881, e che raggiunse fama mondiale), è orgoglioso del Risorgimento. Sarà anche lui un massone? Un affiliato della perfida setta segreta di Memphis-Misraim, un inviato della fantomatica Massoneria internazionale, o di quella inglese, o di quella di New York, o di Parigi, o di Montevideo, o di Edimburgo, o ancor di quella non meglio precisata e che difficilmente si potrà mai precisare, dal momento che neanche i massoni stessi -per lo più rispettabilissime persone- vi si raccapezzavano? Saranno dunque anche Gian Burrasca e Pinocchio nemici giurati del Papa, della chiesa cattolica, della religione di Cristo, potenziali distruttori di monasteri e di conventi, oscuri e inconsapevoli strumenti di una setta satanica mondiale i cui sordidi tentacoli partorirono il cosiddetto “risorgimento” che altro non fu che un'invenzione, una pinzillacchera da dar da bere ai gonzi che ci avrebbero creduto costruendoci sopra la ben nota retorica, vuota, vana e strappalacrime dei martiri e degli eroi, dei caduti e dei mutilati, dei combattenti e dei paladini della riunificazione d'Italia? Ebbene sì: per quanto sembri incredibile, gli spargitori di pettegolezzi anti-Risorgimentali trovarono da ridire anche su Pinocchio, asserendo contenesse “chiari riferimenti massonici” anzitutto perchè non conteneva riferimenti cristiani: come se Cenerentola, Biancaneve, Cappuccetto Rosso, la Bella Addormentata nel bosco e il Gatto con gli stivali li contenessero.
E dunque: è bastato che schizzassero fuori personaggi gratificati dalla ribalta mediatica di volti noti di gente famosa per le proprie enciclopediche conoscenze storiche, perchè uno squarcio finalmente s'aprisse, e una folgorazione ridestasse gli italiani non già alle glorie di Scipio, all'orgoglio di Roma, e men che meno al rispetto di se stessi e al semplice buon senso, ma alla più prosaica realtà dell'autodistruzione: ci fu mai un vero Risorgimento? No, non ci fu. Quel che credevamo e ci avevano fatto credere i perfidi mestatori, financo catto-comunisti del secondo dopoguerra che, se pur in forma ridotta e funzionale ai propri disegni politici, un centenario riuscirono comunque a celebrare nel 1961, ebbene quello che credevamo una gloria e un vanto più unici che rari, una luce nella lunga e dolorosa Storia d'Italia, non fu che un'invenzione, una turlupinatura, un marchingegno funesto, orchestrato, architettato e premeditato addirittura fuori d'Italia. In parole povere: una vera e propria gabbatura della Massoneria. La Massoneria internazionale, s'intende. Che qualcuno dei solerti ricercatori preferisce però chiamare inglese, non perchè ne sappia mezza né dell'una né dell'altra, ma per associazione d'idee con quella che allora era la prima potenza politica, militare e commerciale del pianeta, nonché il luogo ove sorse, nel lontano MedioEvo, quell'antica consorteria: dalla quale risorse, poi, nel settecento, in mezzo a un'incredibile confusione di documenti, di logge e di patenti di cui neanche l'esperto pastore protestante scozzese James Anderson riuscì a trovare il bandolo, la cosiddetta Massoneria moderna, le cui immaginifiche costituzioni che si rifanno ad Adamo, Noè e Mosè, tutti proclamati Gran Maestri della Libera Muratoria assieme a Re Salomone, Nabucodonosor, e, perfino, Cesare Ottaviano Augusto e Vitruvio, passando per Pitagora e Archimede, con l'aggiunta dei Goti e dei Normanni, risentono chiaramente del più formalista e intellettuale tradizionalismo iniziatico inglese dell'epoca, e dunque non è chi non veda non abbiano e non possono aver nulla a che fare con il Risorgimento italiano. Eppure, in codesto fumigante paiolo di cui non è più possibile sbarazzarsi, continuamente ribollito e rimescolato con rabbia e con dispetto, con odio e con livore, tutta una serie di apprendisti stregoni della Storia in continuo aumento, i cui punti cardinali vacillano non appena oltrepassato l'orticello che si son ritagliati, ha cucinato e impasticciato tutta una pittoresca controstoria del Risorgimento, non si sa se più sciocca o più orribile, come sono certe deformità che riescono a contorcere i tratti della natura in modo da farla sembrare poco meno che mostruosa.
Ebbene sì: questi signori sono riusciti a tal punto a contorcere la limpida, spontanea, semplice e meravigliosa vena Italico-Romana da cui sgorgò il Risorgimento, sono a tal segno riusciti a inquinare la falda sorgiva delle sacre memorie di un intero popolo, a insozzarla con sospetti, calunnie, sberleffi e distorsioni, sono a tal punto riusciti a sporcare e recar nocumento a una delle poche cose pulite che agli italiani rimanevano dopo il tracollo della seconda guerra mondiale, da farla apparire una farsa disgustosa, un ripugnante inganno, una commedia di dilettanti, intriganti, doppiogiochisti e masnadieri, meritevoli delle sacrosante censure e degli strali funesti perfino di qualche amministratore compiacente, perfino di qualche professore cui improvvisamente è parso utile rivelare la vera Storia di cui evidentemente non s'era accorto prima, nonché di simpatizzanti delle più varie risme e ascoltatori estasiati che del Risorgimento conoscevano giusto il nome, ma, grazie alle sorprendenti rivelazioni di instancabili ricercatori che hanno scoperchiato archivi, denudato documenti segreti e decrittato oscure carte note solo a loro (e chi non ha presente il famoso “documento” da cui inoppugnabilmente si evince che Garibaldi fu un impenitente schiavista e pirata?), dalla vera Storia son rimasti folgorati come S. Paolo sulla via di Damasco, cosicchè a tutti è apparsa chiara una cosa: che il Risorgimento nostro che mise a rumore mezzo mondo e attirò sull'Italia le attenzioni e ammirazioni dei popoli, le simpatie di scrittori, poeti, intellettuali e filosofi, e scomodò e tolse i sonni ai politici d'alto rango, allarmando cancellerie, diplomazie e controspionaggi, tenendo costantemente impegnate non meno di sette Polizie, in verità non è mai esistito: esso fu una finzione, un'illusione. Una recita, infine: dei protagonisti, dei comprimari, dei gregari, dei combattenti, dei morti stessi (saranno poi morti davvero?) e dei loro figli, com'era quel figlioletto disperato che s'aggirava scalzo e piangente attorno alle mura della prigione, chiamando il padre, il giovane padre -un semplice barbiere, carbonaro- morto nel bagno penale di Pescara, per l'Italia.
Ebbene: di questa grande recita architettata a Londra che fu il nostro Risorgimento, portato avanti dall'avventuriero Garibaldi (che in realtà era un capitano di lungo corso con tanto di brevetto e riconoscimenti ufficiali stranieri, esperto di scienze matematiche e parlante quattro lingue: inglese, francese, spagnolo e portoghese), prostrato al leviatano massonico, venduto agli inglesi, additato come un malfattore nei paludamenti rituali che per breve tempo indossò, e nelle sue normali e innocue credenze e corrispondenze personali dove nulla trapela né di scandaloso né di scandalistico né tampoco di disonesto, ma pur viene presentato nella più fosca e torbida luce, come una sorta di diavolo che nell'ombra tramasse contro le cose più sacre della nazione- Dio e la religione-, volendo sostituirvi una sua religione personale, un nuovo paganesimo italico-Romano, il tavolino a tre gambe, o chissà cos'altro di turpe e di malvagio-, ebbene di questo falso eroe è stato ritenuto giusto citare non già le mille frasi e discorsi solenni, nobili e grandiosi che attirarono stuoli di volontari italiani e perfino stranieri alla causa limpida e sacra dell'unità e indipendenza d'Italia, ma la frase che nelle ambasce e nei continui travagli dell'impari lotta che non aveva tregua contro forze soverchie che invano cercavano di catturarlo per sopprimerlo, egli disperatamente pronunciò quando disse che “si sarebbe alleato anche col diavolo pur di realizzare l'agognata indipendenza, libertà e unità della Patria.” E si sa che i detrattori del Risorgimento, una volta abbrancata un'isolata frase, una lettera sospesa, un appiglio qualunque, una sporgenza sospetta, ci si avvinghiano abbaiando come mastini, incuranti del fatto che si possono opporre loro miriadi d'altre frasi o lettere o controprove che li smentiscono flagrantemente.
Proprio l'illustre studioso cattolico bolognese Salvatore Muzzi, che mai si sognò di cambiar religione, rinnegare il Papa o iscriversi alla Massoneria, avrebbe mai osato tacciar Garibaldi di essere diabolico né si sarebbe permesso di sindacare le sue convinzioni intime e personali, in un secolo invaso da sette di ogni specie nelle quali lo spirito collettivo andava cercando risposte alternative alle eterne domande dell'uomo. E che a queste domande non desse più risposte soddisfacenti la religione cristiana tradizionale, era sotto gli occhi di tutti, dei cattolici medesimi, tant'è che fu proprio uno d'essi, il francese Ernest Renan, a scrivere quella famosa “Vita di Gesù” che irruppe in quel secolo come una voce fuori dal coro e uno scandalo senza precedenti che costò all'”eretico” la perdita della cattedra al College de France e una volta gli sarebbe costata il rogo, ma vendette più copie di “Madame Bovary”.
A smentire dunque le ciarlate dell'anti-Risorgimento, è palese che l'inquietudine spirituale spontaneamente serpeggiava proprio fra i cattolici, e segnatamente in Italia l'amor di Patria lievitava abbondantemente proprio negli uomini di Chiesa, laici ed ecclesiastici, quegli stessi che i gendarmi anti-risorgimentali opportunamente ignorano o fingono d'ignorare, così come fingono d'ignorare i riconoscimenti che, a cominciare da Garibaldi fino al Regno d'Italia, non si mancò di tributare loro. Ne è un esempio proprio l'esimio Muzzi il quale ricevette incarichi prestigiosi dal Governo di Torino, seguendolo dipoi a Firenze e a Roma. Nel 1859 aveva scritto il libro “Biografia di Ugo Bassi”, in cui riferendosi al coraggioso prete barnabita seguace dell'eroe dei due mondi, aveva dichiarato senza peli sulla lingua che “solo i pigmei dello spirito, i bigotti e gli invidiosi rotolavano critiche”.
Proprio la vicenda di Ugo Bassi offre lo spunto a ulteriori riflessioni sul ruolo che i cattolici che vestivano l'abito ebbero nel Risorgimento, dal momento che in modo più o meno eclatante essi disobbedivano al Papa, e, disobbedendo, si ponevano fuori dalla Chiesa, com'era tante volte avvenuto nel corso dei secoli e come avvenne anche allora, quando continuarono a prestare la propria alacre opera in favore dell'Unità e dell'indipendenza della Patria, della libertà e della giustizia, ottenendo largo seguito tra la popolazione italiana di ogni ceto che pretendeva da loro la compartecipazione agli ideali risorgimentali. Manifesti di protesta apparvero subito dopo la fucilazione di Ugo Bassi sui muri di Bologna: “Piangete la morte dell'immortale Ugo Bassi! Il sangue suo grida vendetta. Tremate, sì tremate! Infami e scellerati tedeschi!”, mentre il prete poeta Cesare De Horatiis gli dedicava versi che lo scolpivano trionfante nell'empireo. La popolarità di Ugo Bassi che incarnava il prete-patriota, una figura ricorrente e amatissima nel Risorgimento, crebbe al punto che, dopo l'Unità d'Italia, la Massoneria italiana, che negli anni del Risorgimento era formata da piccoli gruppi localistici piuttosto esigui e precari, raggiunta una stabilità organizzativa solo dopo il 1861, cominciò a ritagliarsi un ruolo retroattivo di primo piano che non aveva mai avuto nel Risorgimento nè poteva aver avuto, essendo le logge italiane di quell'epoca i resti confusi delle antiche logge murattiane, inglesi e d'altra natura. Questo presenzialismo della Massoneria, comprensibile con il clima patriottico di cui era permeato il Regno d'Italia e che serviva a darle lustro e credibilità di fronte alla nazione, è riconosciuto anche dall'enciclopedia Treccani che espressamente ne parla. In un convegno svoltosi nel 2011 fra storici e studiosi radunati a Cento in provincia di Ferrara (paese natìo di Ugo Bassi), si discusse se veramente Ugo Bassi fosse massone, così come attestato ai primi del novecento dalla Massoneria italiana, e molti dubbi sono stati espressi, non risultando convincenti i pochi indizi addotti, quando anche i Fascisti s'interessarono alla questione. Per risolvere un problema che oggigiorno desta inquietudine in molti per la non felice nomea che si è formata attorno a quella consorteria, va precisato che i pochi massoni italiani, quando parteciparono al Risorgimento (e di molti sappiamo che vi parteciparono attivamente), lo fecero a livello individuale, anche perchè le costituzioni massoniche vietavano espressamente ogni attività politica e, più ancora, ogni ribellione al potere costituito. Di conseguenza è facile che Ugo Bassi avesse semplicemente conosciuto l'esiguo gruppo di massoni della minuscola loggia “Concordia” di Bologna, intessendo con essi amichevoli rapporti di scambio speculativo e culturale. Del resto, nessun accenno alla Massoneria venne fatto né dagli austriaci né dai sacerdoti a cui gli austriaci chiesero l'avallo per la fucilazione del prete-patriota, al quale fu trovato addosso “il trionfo della Croce”, un libro che stava scrivendo, il quale assai poco si attaglia a quel cenacolo di libero pensiero astratto-iniziatico che era -e credo sia ancora- la Massoneria. Bisogna dunque sfatare la leggenda della sua onnipresenza nel Risorgimento, restituendo ad essa il ruolo storico che veramente ebbe in quegli anni, così come attestato anche dal convegno di Cento, in cui è stato ribadita la sua funzione minoritaria nella costruzione dell'Unità d'Italia.
I cattolici anti-Risorgimentali devono perciò rassegnarsi al fatto che stuoli di religiosi presero parte attiva al Risorgimento italiano seguendo semplicemente la stessa voce del cuore che irresistibilmente portò gli Italiani a coronare finalmente un sogno di secoli che sembrava irrealizzabile. Per far questo, non esitarono a patire lunghi travagli e a morire nei bagni penali -come l'abruzzese Don Michelangelo Forti, latinista insigne, convertito all'idea dell'Unità d'Italia non certo dalla Massoneria bensì vedendo le insopportabili malefatte della polizia borbonica avverso qualunque vagito di libertà, morto nel bagno penale di Nisida dopo essere stato arrestato il 9 agosto del 1850 alla fine di un inseguimento nelle campagne ove si nascondeva nei pagliai protetto dai contadini che pagarono caro questo ardire-, nonostante i gendarmi odierni dell'anti-Risorgimento che si presentano quali inviati di Dio che avrà ben altri a cui rivolgersi, li considerino solo dei fantasmi senza importanza, rinnegati, apostati e traditori di Cristo. Come don Pietro Boifava di Brescia e don Filippo Patella di Agropoli in provincia di Salerno: il primo, fra i principali protagonisti dell'insurrezione di quella città contro gli austriaci, fece fondere i candelabri della sua chiesa per sopperire alla mancanza di munizioni durante un attacco, l'altro, dopo aver subito persecuzioni, maltrattamenti ed esilio, combattè eroicamente su tutti i campi di battaglia con Garibaldi, da Calatafimi al Volturno, meritandosi il grado di colonnello, e, dopo l'Unità, finalmente godette il meritato riposo come Preside di uno dei tanti prestigiosi Licei Statali fondati a Napoli dal Regno d'Italia, e tuttora operanti.
Ma l'adagio degli odierni soloni lo conosciamo: se i preti da principio appoggiarono l'Unità d'Italia, dipoi, accortisi del fatale errore e scoperto il diavolo massonico che tramava dietro le quinte, di fronte alle leggi laiche del novello Stato (il matrimonio civile, la soppressione di taluni ordini e conventi ritenuti superflui nella gran pletora medioevale esistente, la limitazione della manomorta che soffocava l'economia, il primo abbozzo di una legge sul divorzio peraltro mai approvata, etc.) fecero precipitosamente marcia indietro. Il che nessuno nega che avvenne soprattutto in capo a molti Vescovi che per forza di cose si ersero a contestare quelle leggi, epperò non intaccò la vita religiosa della nazione che proseguì normalmente né fu distolta e tantomeno rivoluzionata da nulla, al punto che gli italiani non solo non cambiarono religione nè divennero atei né si ribellarono alle autorità ecclesiastiche, ma rimasero tal quali erano prima, nelle pratiche, nelle devozioni, nei riti e nelle credenze. E forse avrebbero fatto meglio invece a cambiare registro, dal momento che la potentissima “Massoneria internazionale” non meglio precisata che stava dietro al Risorgimento e al Regno d'Italia non fu evidentemente capace d'impedire, da lì a pochi decenni, l'ascesa inopinata in politica di un partito cattolico tenace e organizzato creato dalla Curia Romana, e di un partito socialista altrettanto organizzato con fili e legami all'estero, che sarebbero stati la spina nel fianco e il capolinea definitivo del Regno d'Italia nato dal Risorgimento. Era dunque una Massoneria che valeva ben poco quella che non riuscì ad arginare i propri stessi nemici i quali si diffusero in lungo e in largo nella penisola con le loro associazioni, leghe e istituzioni, piantandovi quel seme dissolutore che deflagrò dopo la Grande Guerra in un vero e proprio attacco frontale allo Stato, causando l'insorgere inevitabile del Fascismo.
Che dunque proprio al “diabolico mangiapreti” Garibaldi s'accodassero schiere di religiosi di vario ordine e rango, studiosi e predicatori, nessuno dei quali si sognerebbe di dar retta ai denigratori del nostro misero presente, non è importante per questi nuovi storici, né conta nulla la schiera silenziosa di quei prelati che, costretti loro malgrado a soffocare le proprie intime convinzioni per quieto vivere della Chiesa e rispetto del Papa, per non incorrere in ire ulteriori d'intoccabili sfere superiori, o per cercar d'allentare odi e tensioni, si tennero defilati, limitandosi ad aiutare e consigliare, come avvenne proprio nella vicenda di Ugo Bassi, che fu protetto da svariati superiori, tra i quali il cardinale Filippo Caracciolo di Napoli, timorosi dei rischi cui si esponeva, solleciti nel consigliargli prudenza e nel pregare Dio che lo salvasse, il che non servì comunque: venne infatti arrestato dalle guardie pontificie e fucilato dagli austriaci a Bologna l'8 agosto 1849, con la falsa accusa di essere in possesso di armi, che era quella che serviva appunto per fucilarlo e dunque toglierlo di mezzo.
Ma tant'è: qualunque cosa si possa dire, le circonvoluzioni dell'anti-Risorgimento non disarmano, e continuano indisturbate a inanellare le più fantasiose riprove dell'empietà e diavoleria del processo Risorgimentale, che pretendono di avvalorare con documenti pescati alla rinfusa, non di rado falsi o interpretati a comodo, ignorandone di proposito i molti altri che li contraddicono, e anzitutto ignorando i fatti e la critica storica senza la quale è impossibile fare Storia seriamente. E che la Storia sia strapazzata in lungo e in largo ai giorni nostri, lo si vede proprio dai luccicanti riverberi che ha suscitato nel gran mare d'ignoranza che ci circonda, prodigo di consensi, approvazioni e plausi, il che istintivamente ci riporta a quella massima del Vangelo secondo cui “se un cieco accompagna un altro cieco, tutti e due finiranno nel fosso.” E certamente è finita nel fosso la storiografia Risorgimentale e del Regno d'Italia, se uno dei maggiori documenti citati con gran enfasi dai questi detrattori odora sonoramente di falso, tra i moltissimi in circolazione nell'ottocento sulle sette segrete, che la curiosità e le fantasie alimentavano, generando numerosi apocrifi: è la cosiddetta “Istruzione permanente dell'Alta Vendita” (s'intende carbonara), che in nessun libro serio sulla Carboneria viene accreditata, consistente in una serie d'incartamenti definiti segreti, dal contenuto minaccioso e sovversivo contro la Chiesa, la religione e l'ordine costituito, in realtà preparati a tavolino e capitati guarda caso al momento giusto nelle mani del Papa, cui serviva qualcosa di scritto da agitare davanti a Metternich affinchè l'Austria si decidesse a reagire da par suo di fronte al dilagare in Italia della Carboneria che già ai primi dell'ottocento appariva palese. Non sapendo che pesci pigliare né dove andare a ricercare le cause e, peggio ancora, i fini della setta, le sue misteriose locazioni né, tantomeno, chi vi partecipava (che poteva esser chiunque), gli uomini di Chiesa elaborarono essi stessi o credettero di poter desumere la teoria che sembrava loro più attendibile e soprattutto più allarmante per l'Austria in modo da spronarla a prendere drastici provvedimenti: cioè che vi fosse un oscuro complotto internazionale a livello europeo per togliere di mezzo il cattolicesimo e il Papato, unitamente ai Re e ai Principi. Il che tra l'altro non presentava nulla di clamoroso rispetto a ciò che aveva già detto la Rivoluzione francese. Ma non apparendo credibile neanche al sospettoso Metternich che la Carboneria italiana, nata presumibilmente nei boschi del mezzogiorno (era infatti una consorteria povera e democratica, al contrario della ricca e aristocratica Massoneria) potesse tanto né che nulla c'entrasse con la Rivoluzione francese, ecco che la misteriosa Alta Vendita carbonara viene allora agganciata alla ben più altolocata e blasonata Massoneria, di cui tutti conoscevano il nome e la fama, nonché le elitarie appartenenze e la locazione esclusivamente cittadina. Ma ciò facendo s'inciampa in una serie di passi illogici, dal momento che tra le pochissime cose che si sanno della Carboneria è che, per ovvie ragioni di sicurezza, gli adepti non potevano assolutamente comunicare per iscritto tra di loro, tantomeno coi verbosi sproloqui contenuti nel suddetto documento, e ancor meno esprimersi con un linguaggio esplicito (usavano infatti un linguaggio rigorosamente cifrato), mentre è risaputo che la Massoneria, in particolare quella inglese, tutto aveva in mente fuorchè il sovvertimento del potere costituito, di cui anzi costituiva una longa manus e un centro di spionaggio all'estero, in particolare in Italia, dove appoggiava i Borboni e tutti i legittimi sovrani. L'”Istruzione permanente dell'Alta Vendita” è dunque un documento sonoramente falso, scritto per secondi fini, accorpando la Carboneria italiana alla Massoneria onde rendere più efficace la teoria del complotto internazionale, nel quale si attribuisce alla Carboneria italiana nientemeno un ruolo politico di primo piano in Europa ai primi dell'ottocento che è storicamente inverosimile, oltre ad essere del tutto insostenibile dal punto di vista logico e quindi assurdo.
Tutto ciò la dice lunga sull'attendibilità di sbandierate fonti documentarie che sono dei falsi manifesti che il fantasioso mondo dell'anti-Risorgimento disinvoltamente esibisce -e che più di una volta hanno costretto il British Museum chiamato avventatamente in causa a intervenire con smentite-, presentandole come le autentiche prove della natura maligna, artefatta, atea e massonica del Risorgimento, il quale sarebbe stato parte di un diabolico piano generale di distruzione del cristianesimo e del Papato, quando la Storia sufficientemente dimostra che sono la Chiesa e il Papato ad essersi sempre spontaneamente adeguate alla realtà storica e al potere di turno, quando non erano forti abbastanza da contrastare i naturali cambiamenti che l'insopprimibile anelito di libertà recava inevitabilmente con sè in capo agli stessi pii ministri, i quali, a lungo detentori esclusivi della cultura, paradossalmente contribuirono essi stessi a porre le premesse di quei cambiamenti che portarono infine gli Italiani a ribellarsi spontaneamente alle dominazioni straniere, allo strapotere della Chiesa, all'analfabetismo e alla miseria, riconoscendo nei grandi protagonisti del Risorgimento nazionale coloro che li avrebbero affrancati dal secolare servaggio, in un nuovo Stato che, se pure non fu perfetto, costituì una tappa fondamentale dell'emancipazione politica, civile, economica e culturale dell'Italia e degli Italiani.


Maria Cipriano