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venerdì 27 gennaio 2012

La voce dei politici

Il Gruppo di Studio AVSER, augurandosi di far cosa gradita ai suoi lettori, ha deciso con l'inizio del nuovo anno di pubblicare di tanto in tanto alcuni articoli. Tra una presentazione dei nostri volumi e l'altra, queste peregrinazioni - quando nel magma dell'odierno, quando nelle profondità del passato - avranno il compito di fermare il punto su questioni che ci stanno a cuore, che hanno suscitato la nostra riflessione, il nostro sdegno o la nostra ironia. Tutto nel rigoroso rispetto dello spirito che da sempre informa l'agire dell'AVSER: la difesa intransigente - simbolo d'amore - della lingua, della cultura e della storia italiana.

  
La voce dei politici 


 A volte una persona non sente. Non perché è sorda, non è affatto sorda. Non perché non capisce il linguaggio, conosce perfettamente tutto e non è affatto scema. Ma non sente neanche parole chiare e semplici, perché pensa ad altro.
Pensa ad altro con tanta intensità da non voler “ricevere” nessuno stimolo esterno. 
 A tutti sarà successo, dopo aver parlato forte e chiaro, di sentirsi rispondere:
“…Ah, scusami, ero distratto. Vuoi ripetere per favore?” 
Questa premessa mi serve per parlare della “intercapedine” che c’è fra il suono di una voce e la percezione del significato delle parole. Questa intercapedine è molto importante nella scelta del modo di parlare degli uomini politici. Dicono una cosa, ben sapendo che ne viene intesa un’altra!
 
Innanzi tutto hanno un modo di parlare tutto particolare. Quel modo che genericamente si dice “politichese”. Parlar politichese significa  tenersi nel vago e nell’indefinito. Così i singoli elementi dell’elettorato, naturalmente di gusti diversi, credono di sentire ogn’uno quello che vuole… 
Per esempio, un uomo politico non dirà mai che una bionda ha dei bei capelli, perché  escluderebbe tutte le altre. L’uomo politico dirà:”Che bei capelli ha quella signora“, così va bene per tutti i colori di capelli! In questo modo l’uomo politico riesce a dire e a non dire “tutto” e il “contrario di tutto”. L’uomo politico “scafato” riesce ad aprire gli argomenti quel tanto che bastino per essere recepiti da tutti ma in realtà tanto poco per non essere capiti da nessuno.  
Ricordo un giovanissimo uomo politico che con troppo entusiasmo voleva tener il piede in due staffe e ingenuamente disse che teneva sia per la Roma che per la Lazio…  così si è fatto odiare sia dai laziali che da romanisti. Quelle parole oggi  non le dice più. 
Tutti i trucchetti del buon parolaio si imparano strada facendo gli uni dagli altri, così di fatto i discorsi pubblici, poco o tanto, sono tutti uguali. Allora, direte voi, come si distinguono gli uomini politici l’uno dall’altro? Dalla voce, dico io, dalla elaborazione della voce, dal tipo di voce. 
E’ qui che vi volevo!
Quando un elettore “diversamente intelligente”, un po’ confuso da una retorica politichese bolsa e senza uscita non capisce assolutamente niente, si riduce ad ascoltare la voce, il tono della voce, l’espressione della voce! “E’ evidente, dice, che quell’uomo se ne intende!”
 
C’era una barzelletta di tanto tempo fa, quando si rideva della vecchietta di paese che assisteva alla predica. Diceva: “Non ho capito niente, ma come parlava bene…” Questa frase della vecchietta è il primo dogma dell’uomo politico moderno. 
L’elettore moderno, come la vecchietta di tanti anni fa, si fa convinto e si impressiona dal tono di voce melodioso, ben calibrato e persuasivo dell’oratore. L’elettore moderno non dubita un attimo della sincerità che assorbe nel ricevere parole seducenti… Il significato delle parole? Non c’entra. Non si cerca nemmeno di capirle. Tanto si tratta di argomenti che non si capiscono o che non si conoscono. Vengono citati neologismi che non conosce nemmeno chi parla!…L’importante è il suono, “il flauto magico”e il gioco è fatto.
 
Le parole magiche. Un bravo attore che presenta una scena di cimitero, si tratterrà con voce particolare sulla parola FREDDO. Non importa se nomina la lapide di marmo e se era una fredda giornata d’autunno e se si appoggia con le mani nude sul cancello di ferro. Non importa. Basta che sapientemente risuoni nell’aria la parola FREDDO. Queste sono leggi di scena che conoscono anche gli attori dell’oratorio di periferia.

Anche gli oratori politici praticano l’uso delle parole magiche. Parole tirate fuori con enfasi vibrata o con noncuranza eccessiva. Parole, per esempio, come CHIARO oppure CHIAREZZA. Nel corso di un discorso politico certe parole vanno dette non troppo e non mai ma con precisione meticolosa, in calando o in crescendo, con tutta l’attenzione che ci mettono i ciclisti in vista della volata!


Voci che ricordo:

Bersani. Parla con voce morbida e vellutata, come si fosse appena alzato dal letto. Pacioso, come rivolto alla moglie che gli prepara il caffè. Parla come parlerebbe un venditore di piadine nella riviera romagnola. Io ho sentito chiaramente la sua voce come un “deja vu” in un tale che diceva: “Ma noi siam romagnooli, il romagnoolo è simpàatico…”
Giuro che Bersani nel privato non parla così. Non può parlare così quando va a comperare il pane!


La Signora Finocchiaro: Fa la voce grossa come l’attrice Tina Pica ma a me ricorda piuttosto l’atteggiamento della regina Grimilda di Biancaneve. “…voce delle mie brame, chi è la più bella del reame…”
La Finocchiaro ci tiene molto a fare la voce bassa “che più bassa non si può”.
Pare che venga monitorata sempre, per riuscire ogni volta ad essere più bassa della volta prima! Forse vorrà ricordare a tutti che viene dalla magistratura e pertanto lei parla sempre dall’alto di una cattedra di giustizia. O semplicemente vuole avere la voce da “uomo”…
Mi piacerebbe sentirla con le sue amiche quando porge il tè. “Una o due zollette?”…
Mi vien da dire: “Ma vaffa…”
 
Altro personaggio che può dire qualsiasi cosa perché nessuno ascolta quello che dice dal momento che tutti subiscono il suo fascino. E’ Niki Vendola.
Quando parla distende le labbra fino alle orecchie mantenendo la bocca come la fessura di un salvadanaio. Poi si riavvicina tutto in avanti come se baciasse un oggetto sessuale…
Di continuo così: labbra distese e labbra come gli involtini alla saltimbocca…

Rutelli, detto il “piacione”. Parla e mentre parla si ascolta. Ha una voce suadente un po’ troppo perfetta, sembra l’allievo di una accademia di arte drammatica quasi maturo… ancora un po’ di lezioni e otterrebbe anche la spontaneità. Ogni tanto fa uno stacco, come un grido. Quasi per svegliare chi si fosse addormentato. Solo UNA parola gridata e poi una lunga pausa. Si ferma per vedere l’effetto fa, poi torna a parlarsi addosso.
Poi un nuovo grido con pausa e continua così. Si potrebbe regolare un orologio sul suo modo di parlare.

Beppe Grillo e Casini sono troppo caratteristici per descriverli. Anche se li sentissi da una radio gracchiante li riconoscerei subito ma è difficile capire quando si deve ridere e quando star seri…

Non tutti però hanno studiato così bene dizione e non tutti sanno dare un’impronta così caratteristica alla loro voce. Ci sono le eccezioni. Per esempio c’è la Rosi Bindi che ha cercato anche lei di caratterizzarsi per farsi distinguere dagli altri, ma non ci è riuscita perché è troppo stupida!
 
Poi ci sono gli uomini politici che non hanno mai studiato dizione. Si vedono subito! Parlano semplicemente e allora, pericolo mortale, gli uditori cercano di capire quello che dicono.
Gli uomini politici “veri” guardano loro dall’alto in basso i pellegrini come se fossero dei deficienti…

 Ma attenzione! Io non sto scherzando! Credo fermamente che molti politici abbiano seriamente studiato recitazione! Faccio un esempio. L’uomo politico “furbo” provoca il suo avversario con modi flautati. Poi ripete la stessa provocazione e poi ancora. E poi ancora all’infinito. La vittima, quando non ne può più, sbotta e urla qualcosa. E’ fatta! Il provocatore ha vinto! Ha vinto perché lui si è espresso “democraticamente” e chi reagisce si è espresso da “fascista”. Tutte le parole che si sono detti non contano assolutamente niente… Quello che conta è solo il suono della voce. 
Questo è un dialogo televisivo fatto seriamente, ma molti anni fa è lo stesso dialogo è stato presentato a teatro dai fratelli De Rege in una scenetta comica… Assolutamente identico! 

E allora? Molti non hanno visto i DeRege… e altri non avranno occasione di leggere questa mail… e il mondo continua!
   

16 gennaio 2012                                                                                Asmodeo

mercoledì 11 gennaio 2012

La stazione preistorica di Collalbo, l'iscrizione del lituo retico.. - Ferruccio Bravi

La Cittadella, fondata nel 1984 a Messina da Salvatore Ruta ed oggi diretta dal prof. Sandro Consolato, in carica dal 2002, è un unicum nel panorama italiano delle riviste d'orientamento tradizionale. Non solo per la sua lunga storia, ma anche e soprattutto per la coerenza, la sensibilità e l'erudizione – mai fine a se stessa – che ne caratterizzano l'operato.
Un semplice ma pregevole disegno riportato nella quarta di copertina, ritraente una vanga sulla quale è adagiato ed aperto un libro con su scritto DISSO-DARE, illustra appieno lo spirito che informa la rivista. Con lo stesso oculato e paziente incedere del pius agricola, che fende l'assopita Terra per portarvi la luce che la riscaldi e la renda pronta ad accogliere il seme, La Cittadella da più di vent'anni opera un lavoro di ri-educazione culturale e spirituale. Lavoro teso a riaffermare le radici pre-cristiane – nello specifico romano-italiche - della nostra civiltà, il loro profondo e originario valore, nonche la loro continuità e riemersione nel corso della storia.

Il Gruppo di Studio AVSER, nella persona del suo fondatore e direttore Ferruccio Bravi, è lieto di aver partecipato con un articolo alla stesura dell'ultimo numero della rivista, il 44. Numero  come sempre ricco di contenuti, in cui accanto a dotte disamine di carattere storico-filosofico, si accompagnano articoli inerenti questioni linguistiche. Da degno allievo del maestro Carlo Battisi, non che da appassionato lettore e simpatizzante de La Cittadella, Ferruccio Bravi ha raccolto con gioia la proposta del prof. Consolato di redigere un breve scritto sulla stazione archeologica di Collalbo e sul lituo retico iscritto ivi ritrovato. Sedici pagine, corredate di un buon numero di note e di un'ampia bibliografia, in cui capacità narrativa ed erudizione trovano la giusta alchimia guidando il lettore attraverso il misterioso universo degli antichi Reti, etnia che in casa nostra è poco studiata o misconosciuta, ma a cui l’autore ha dedicato in passato più di un libro (doveroso citare La lingua dei Reti, opera in due volumi datato 1980). Ci auguriamo che anche questo breve articolo segni un ulteriore passo in avanti nell’indagine su questa non trascurabile componente della nostra protostoria.


BREVE ESTRATTO DALL'EDITORIALE DELLA RIVISTA

" L’altro tema ‘forte’ del presente numero è quello della lingua. Siamo onorati di ospitare per la prima volta un nostro vecchio lettore e simpatizzante, il professor Ferruccio Bravi, paleografo, saggista, co-fondatore nel 1967 del Centro di Studi Atesini di Bolzano (sotto la sua direzione fino al 2000), oggi animatore del Gruppo di Studi AVSER: a lui abbiamo espressamente chiesto di scrivere di un reperto poco noto al grande pubblico, il lituo di Collalbo, oggetto rituale (di cui purtroppo non ci è stato possibile avere una immagine) con iscrizione ‘etrusca’, ritrovato nel 1924 nella località da cui prende il nome, posta sull’altopiano del Renon, sopra Bolzano. Non ci sembra privo di significato che un lituo, lo strumento di quell’arte augurale connessa con la stessa delimitazione sacra dei confini, sia stato ritrovato, negli anni 20, all’estremo nostro confine settentrionale col mondo germanico. L’Italia è forse la sola nazione europea che possa parlare, al di fuori della retorica nazionalista moderna, di ‘confini sacri’: dovrebbero ricordarselo i novelli fautori del ‘Los von Rom’ che intendono approfittare del declino politico-economico dell’Italia e dell’egemonia germanica (e carolingia, franco-tedesca) sull’Unione Europea per invalidare il decreto dantesco circa l’ “Alpe, che serra Lamagna sovra Tiralli” (Inf. XX, 62-63). [..] "

Per chiunque fosse interessato a saperne di più o ad acquistare la rivista, contattare:

- seradilu@libero.it
- lacittadella@email.it