Cerca nel blog

martedì 26 luglio 2011

La vetrinetta

Perché ‘vetrinetta’
Gli altri la chiamano ‘bacheca’. È una parola che non mi piace. Non mi piace per il suono, per l’etimo e il segno: è un composto di baca e teca a significare ‘custodia di oggetti preziosi’, in particolare la cassetta con il coperchio di cristallo in cui gli orefici mettono in mostra il meglio della loro merce.1
Il rigetto di ‘bacheca’ risale al 1968, quando il neonato Centro di Documentazione Storica per l’Alto Adige da me fondato e diretto si trovò nella necessità di pubbliciz-zare alcuni studi sull’italianità altoatesina boicottati dalla stampa locale allineata alla dominante cultura anti-nazionale gestita, facile a indovinare, dalla triade marxista cattolica e nazi-tirolese.
«Ti ci vuole la ’bacheca’! – mi disse allora un autorevole amico, socio onorario del Centro2 – I padroni del vapore non potranno impedire al cittadino di conoscere e apprezzare libri e comunicati esposti nella‘bacheca».
«Buona idea, – convenni – ci facevo per l’appunto un pensierino: quel che ci vuole è proprio la bacheca… Dio, che orrenda parola… Diciamo vetrinetta! Nella bacheca si espone la merce dei ricchi. Noi siamo fieri della nostra dignitosa povertà e aspiriamo ad una ricchezza innanzi tutto culturale, di casa nostra. Il Centro è affetto, e sempre lo sarà, di micragna cronica. È lo scotto che si paga per essere liberi. In democrazia danaro e libertà son diavolo e acqua santa, devi venderti l’anima… Comunque, bacheca o vetrinetta che sia, ben venga, ci è indispensabile. Ma costerà una barca di dindi; trovarli…». «Tranquillo – mi interrompe lui – al finanziamento ci penso io, col concorso d’un parente che è un mecenate e per le sacrosante iniziative come la nostra allenta volentieri i cordoni della borsa».3
L’amico non celiava: in meno d’un mese la vetrinetta che era in cima ai nostri sogni fu piantata a Bolzano, in margine al verde di Piazza della Vittoria. Dico: ben piantata, su due massicci paletti d’acciaio cementati in profondità; e opportunamente corazzata nella facile previsione di vandalismi da parte della teppaglia anti-italiana che aveva già fracassato più volte la ‘bacheca’ d’un periodico monarchico, in odore d’italianità, all’altro capo del vicino Ponte Talvera.
Fin da principio presa di mira da teppisti rossi e seguaci della Volkspartei, la vetrinetta fu danneggiata seriamente solo due volte; ma fu un veicolo di propaganda quanto mai efficace. Non poche pubblicazioni del Centro – a rigore, di bassa tiratura – furono esaurite in breve, la cerchia dei Soci superò la quota di 150, le nostre conferenze erano frequentate.
Nel 2002, in vista degli ottant’anni, passai il ‘testimone’ del Centro a due giovani che stimavo degni della successione: oltre ad un robusto attivo di cassa (una cinquantina di milioni di vecchie care lirette) e una cospicua scorta di pubblicazioni da distribuire alle principali biblioteche, consegnai la vetrinetta intatta e pronta ad accogliere comunicati e studi della nuova gestione.
Il problema si è posto di bel nuovo qui, nel mio “buen retiro” venezolano dove coordino precariamente l’attività di due gruppi di studio, con risorse modeste e non lievi difficoltà di comunicazione: in questo Paese un’affrancatura costa metà della metà rispetto alle carestose Poste Italiane, ma una lettera da un capo all’altro dell’Atlantico viaggia con i tempi delle caravelle di Colombo. Necessita una vetrinetta in Italia e anche una bacchetta magica per esporvi i recenti studi. Che fare?
La soluzione ottimale mi è stata offerta dal progresso tecnologico che ormai sorpassa la nostra fantasia: nulla di più sicuro ed economico è l’affidare il contenuto di questa ‘vetrinetta’ all’invisibile trama del CD-R o all’efficientissima posta elettronica che in un attimo lo diffonde nell’altro continente.

Silvano Valenti

Altamira, 3 Gennaio 2011
Note:
1..Esattamente dal latino bac(c)a ‘bacca’, e per metonimia ‘anello’, ‘braccia-letto’. L’etimologia è mia. Le altre mi sembrano alquanto peregrine: da gotico baug ‘anello’ o ‘braccialetto’, celtico bach ‘custodia’, arabo al-bakūq ‘copricapo’.
2..Fu Agostino Podestà, Prefetto di Bolzano nei difficili anni delle Opzioni, scampato a nazisti e partigiani che gli davan la caccia perché di fervidi sentimenti italiani. Fra l’altro era autore di tre splendidi volumi che attestavano l’italianità linguistica nel vecchio Tirolo cisalpino. 

3. Il parente mecenate era un Pernigotti, titolare della ben nota industria dolciaria.

 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.