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domenica 31 luglio 2011

La Vetrinetta III - Recensioni

ERCOLE IN ITALIA

. . . spiega Ferruccio Bravi del Centro Studi Atesini di Bolzano, era un eroe sempre dalla parte della virtù e non del vizio, che difendeva i deboli, sfidando le forze del male e della natura. Una figura che sembra avere diverse analogie con quella di Gesù Cristo ma che di certo non usava porgere l’altra guancia, in un’epoca in cui l’inganno e la sopraffazione erano praticati prima di tutto dagli dei. Nato dalla relazione illegittima di Zeus con Alcmena, ne passò infatti di tutti i colori…

ilportaledeltempo.it

  UN ARDITO DEL MARE

PAGINE DI DIARIO 1940-1945: MEMORIE DI GUERRA E DI PRIGIONIA DI UN OPERATORE DEI MEZZI D'ASSALTO DELLA MARINA MILITARE ITALIANA .
Autore: EMILIO BIANCHI. Note e parerghi di Ferruccio Bravi.

Dalla recensione di Renato Del Ponte a Kshatriya d’Italia di Sandro Consolato, accorto studioso messinese che in nuovo avvincente studio ha rievocato nella rassegna tradizionalista di Renato Del Ponte (Arthos”, n.s.III,1,6, Pontremoli, luglio-dicembre 1999, pag.220-232) l’eroismo sublime di due Medaglie d’Oro della Marina Militare: Teseo Tesei e Salvatore Todaro, i leggendari uomini-siluro della X Mas immolatisi a Malta e a Gibilterra.
[…] Si è soliti nominare i kamikaze giapponesi, e certo in molti di essi il sacrificio eroico della vita ebbe i tratti della pura ascesi, cui li educava il buddhismo, mentre lo Shinto ne sollecitava l’amore disinteressato per la patria e per l’imperatore. Ma tra gli europei, chi potè andar oltre il pur nobile, ma umano eroismo da sempre conosciuto? Credo di poter rispondere con certezza che questo fu il caso di due militari italiani, entrambi appartenenti ai corpi speciali della R. Marina: Teseo Tesei e Salvatore Todaro. Oggi i loro nomi sono ignoti ai più, ma forse un giorno, quando giungerà al colmo lo schifo per l’ipocrisia delle bombe intelligenti della superpotenza americana come per la barbarie nuda e cruda dei miliziani delle guerre etnico-religiose, ignari di pietà verso donne vecchi e bambini, un bel giorno, dicevo, ci si ricorderà di uomini quali Tesei e Todaro come modello di comportamento civile e militare.
[…] «L’esito della missione – diceva Tesei non ha molta importanza, e neanche l’esito della guerra. Quello che veramente conta è che vi siano uomini disposti a morire nel tentativo e che realmente muoiano: perché è dal sacrificio nostro che le successive generazioni trarranno l’esempio e la forza per vincere». Del resto le sue idee sulla guerra erano quelle di cui dà testimonianza nel suo Diario […] Bianchi, che ricorda queste altre parole di Tesei: «La guerra non è tanto importa vincerla, quanto combatterla bene». E ancora: «Le guerre non si dovrebbero mai fare; ma se si fanno bisogna saperle combattere fino in fondo, anche in caso di sconfitta». […] Chi lo conobbe ne testimonia l’assoluta purezza d’animo, la forza del carattere e la integrità morale. Del Buono rapporta queste qualità all’educazione familiare, severa ma anche non conformista.
Ferruccio Bravi riferisce questo episodio narratogli da Bianchi, che riporto come testimonianza di un costume ben lontano da quello di tanti italiani di ieri e, soprattutto, di oggi: «Nella base segreta di Bocca di Serchio il comandante Tesei disponeva di un’auto di servizio e di un autista personale da potersi scorrazzare a volontà senza dover rendere conto a nessuno; tuttavia usava la bici per raggiungere la sua bella a Migliarino a pochi chilometri dalla base. Una volta usò l’auto di servizio perché pioveva a rovesci. A destinazione domandò all’autista: “Quanto ci vuole di carburante per arrivare fin qui e tornare? “Non so di preciso – rispose l’autista – ma di certo meno di due lire”. Bene soggiunse Tesei porgendo una moneta di cinque lire – va dal tabacchino e portami due lire di marche da bollo”. Tornato l’autista, Tesei fece in minutissimi pezzi le marche da bollo dicendo: Rimborso la benzina allo Stato senza complicazioni burocratiche. Tieni il resto, va al cinema e torna a riprendermi fra due ore».
[…] Tesei seguiva da tempo, insieme con il cugino Ulisse, pratiche yogiche, accompagnate da regime dietetico vegetariano. L’influsso della cultura indù è attestato anche da Ferruccio Bravi, che ha raccolto le confidenze di Emilio Bianchi, attestando che l’eroe italiano «era convinto che le anime dovessero trasmigrare in altri esseri». E sempre Bravi aggiunge: «Tesei aveva i piedi ben piantati a terra, ma viveva nel soprannaturale. Era un novio de la muerte: il suo olocausto era previsione scontata per i compagni. Un giorno Toschi disse: Teseo non lo rivedremo più. Io so che va a morire».
[…] Il giorno stesso in cui aveva udito a Bocca di Serchio la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia, Tesei aveva affermato: “E adesso, costi quel che costi, le nostre forze armate devono togliere subito di mezzo Malta”. Dirà Emilio Bianchi: «parole di una personalità eccezionale che vede lontano, parole che recano un segno del destino». Di contro, dall’amara testimonianza di Borghese risulta che mentre la neutralizzazione di Malta «avrebbe dovuto costituire da anni l’oggetto degli studi e dei piani dei nostri Stati Maggiori», all’atto della dichiarazione di guerra del ’40 non v’era ancora nessun piano del genere. L’insipienza dei nostri alti Comandi rende ancora più nobili le parole scritte da Tesei a persona amica poco prima di avviarsi alla morte: “Quando riceverai questa lettera avrò avuto il più alto degli onori, quello di dare la mia vita per il Re e per l’onore della Bandiera. Tu sai che questo è il più grande desiderio e la più elevata delle gioie per un uomo...


POSTILLA DI SANDRO CONSOLATO: Ringrazio Oreste Del Buono per l’estrema gentilezza e generosità con cui ha accolto il mio invito a parlargli dell’indimenticabile zio Teseo Tesei. Un sentito grazie va anche al prof. Ferruccio Bravi, editore e curatore del Diario di guerra e di prigionia di Emilio Bianchi, che mi ha fornito un fondamentale aiuto bibliografico, per mettendomi inoltre di avvalermi della sua inedita Controstoria 1939-1946.

Contatti: info@lacittadella-web.com / rivista di Renato Del Ponte
"ARTHOS" (n. s., anno III/I, 6, luglio-dicembre 1999, pp. 220-233).


 

mercoledì 27 luglio 2011

La Vetrinetta II - Hanno scritto di noi

"Suso in Italia bella giace un laco,
a piè de l'Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli, c'ha nome Benaco"
(Inferno, XX, 61-63)


L'Alto Adige è provincia d'Italia a me molto cara, non solo come estrema propaggine settentrionale della Patria dai tempi di Druso, ma anche perchè vi trascorsi sin dall'infanzia numerose estati presso i miei zii residenti a Lagundo, comune alle porte di Merano noto per la fabbrica della birra Forst.

A proposito dell'Alto Adige, voglio ricordare l'opera patriotticamente meritoria del Centro Studi Atesini, che ha sempre difeso l'italianità dell'Alto Adige con la ricerca e la diffusione culturale, in particolare dando alle stampe pregevoli volumi che consiglio a tutti.


Breve storia del Centro Studi

Il Centro di Studi Atesini è stato fondato il 12 ottobre del 1967 con il nome originario di Centro di Documentazione Storica, da un gruppo di appassionati cultori di storia locale guidati dall’allora direttore dell’Archivio di Stato di Bolzano prof. Ferruccio Bravi, autore di saggi e collane a carattere storico.
Il Centro è oggi diretto dal prof. Marco Bettoni Pojaghi, docente, studioso e critico romano da diversi anni operante a Bolzano, che è subentrato al fondatore trasferitosi per motivi familiari a Torre del Lago (Lucca).
Modificata nel 1982 la denominazione nell’attuale “Centro di Studi Atesini”, il sodalizio prosegue l’attività mantenendo e sviluppando lo scopo precipuo di promuovere lo studio e la conoscenza dell’area atesina, con particolare attenzione alla comunità di lingua italiana.
Nello spirito dell’articolo 4 dello Statuto, il Centro esplica la sua attività attraverso studi originali sulla scorta di fonti affidabili e circostanziate. Promuove altresì ricerche storiche, analisi sociali, conferenze, dibattiti, pubblicazioni di testi e quant’altro concorra al conseguimento dei fini d’istituto.
Il Centro ha finora curato e diffuso un centinaio di titoli in prevalenza concernenti i seguenti temi.

PROTOSTORIA E STORIA ANTICA: Reti, Etruschi, Romanità.
MEDIO-EVO e SEICENTO.
STORIA DEL RISORGIMENTO e IRREDENTISMO.
BIOGRAFIE: Wolkenstein, Hofer, Zancani, Ruazzi, E. Pound, P. F. Calvi.
CULTI PREROMANI: Etruschi e Reti.
LINGUISTICA: Toponimia atesina, linguistica preromana, dialetti dolomitici e tridentini.

Il CSA ha adotato il sigillo medioevale di Bolzano che riprende lo stemma originario della città raffigurante il Principe Vescovo di Trento, fino al 1277 Signore di Bolzano, benedicente dalle mura merlate guelfe. 
Leggenda: Sigillvm Boni Bvrgi Bolsani.


Due parole sul prof. Bravi,
che ebbi a conoscere personalmente quando abitavo in Toscana (dove egli si trasferì dall'Alto Adige).
Nato l'otto aprile del 1923 a Roma, ma di ascendenti trentini, a diciannove anni partì come volontario di guerra, alla quale partecipò dal 1943 al 1945. Conclusa l'esperienza bellica e terminati gli studi universitari divenne archivario dell'Archivio di Stato di Bolzano e docente di paleografia. Per alcuni anni svolse anche il ruolo d'insegnante nei licei. Autore di pubblicazioni glottologiche, di saggi letterari e storici, nel 1967 fu cofondatore del Centro di Studi Atesini (CSA) di Bolzano, che diresse fino al 2000, portando avanti con coraggio e tenacia una lotta culturale per la difesa dell'identità italiana nei territori del Trentino e dell'Alto Adige. Da più di un decennio risiede a Torre del Lago (Lucca), dove mantiene vivo il piccolo "Gruppo di Studi AVSER".

martedì 26 luglio 2011

La vetrinetta

Perché ‘vetrinetta’
Gli altri la chiamano ‘bacheca’. È una parola che non mi piace. Non mi piace per il suono, per l’etimo e il segno: è un composto di baca e teca a significare ‘custodia di oggetti preziosi’, in particolare la cassetta con il coperchio di cristallo in cui gli orefici mettono in mostra il meglio della loro merce.1
Il rigetto di ‘bacheca’ risale al 1968, quando il neonato Centro di Documentazione Storica per l’Alto Adige da me fondato e diretto si trovò nella necessità di pubbliciz-zare alcuni studi sull’italianità altoatesina boicottati dalla stampa locale allineata alla dominante cultura anti-nazionale gestita, facile a indovinare, dalla triade marxista cattolica e nazi-tirolese.
«Ti ci vuole la ’bacheca’! – mi disse allora un autorevole amico, socio onorario del Centro2 – I padroni del vapore non potranno impedire al cittadino di conoscere e apprezzare libri e comunicati esposti nella‘bacheca».
«Buona idea, – convenni – ci facevo per l’appunto un pensierino: quel che ci vuole è proprio la bacheca… Dio, che orrenda parola… Diciamo vetrinetta! Nella bacheca si espone la merce dei ricchi. Noi siamo fieri della nostra dignitosa povertà e aspiriamo ad una ricchezza innanzi tutto culturale, di casa nostra. Il Centro è affetto, e sempre lo sarà, di micragna cronica. È lo scotto che si paga per essere liberi. In democrazia danaro e libertà son diavolo e acqua santa, devi venderti l’anima… Comunque, bacheca o vetrinetta che sia, ben venga, ci è indispensabile. Ma costerà una barca di dindi; trovarli…». «Tranquillo – mi interrompe lui – al finanziamento ci penso io, col concorso d’un parente che è un mecenate e per le sacrosante iniziative come la nostra allenta volentieri i cordoni della borsa».3
L’amico non celiava: in meno d’un mese la vetrinetta che era in cima ai nostri sogni fu piantata a Bolzano, in margine al verde di Piazza della Vittoria. Dico: ben piantata, su due massicci paletti d’acciaio cementati in profondità; e opportunamente corazzata nella facile previsione di vandalismi da parte della teppaglia anti-italiana che aveva già fracassato più volte la ‘bacheca’ d’un periodico monarchico, in odore d’italianità, all’altro capo del vicino Ponte Talvera.
Fin da principio presa di mira da teppisti rossi e seguaci della Volkspartei, la vetrinetta fu danneggiata seriamente solo due volte; ma fu un veicolo di propaganda quanto mai efficace. Non poche pubblicazioni del Centro – a rigore, di bassa tiratura – furono esaurite in breve, la cerchia dei Soci superò la quota di 150, le nostre conferenze erano frequentate.
Nel 2002, in vista degli ottant’anni, passai il ‘testimone’ del Centro a due giovani che stimavo degni della successione: oltre ad un robusto attivo di cassa (una cinquantina di milioni di vecchie care lirette) e una cospicua scorta di pubblicazioni da distribuire alle principali biblioteche, consegnai la vetrinetta intatta e pronta ad accogliere comunicati e studi della nuova gestione.
Il problema si è posto di bel nuovo qui, nel mio “buen retiro” venezolano dove coordino precariamente l’attività di due gruppi di studio, con risorse modeste e non lievi difficoltà di comunicazione: in questo Paese un’affrancatura costa metà della metà rispetto alle carestose Poste Italiane, ma una lettera da un capo all’altro dell’Atlantico viaggia con i tempi delle caravelle di Colombo. Necessita una vetrinetta in Italia e anche una bacchetta magica per esporvi i recenti studi. Che fare?
La soluzione ottimale mi è stata offerta dal progresso tecnologico che ormai sorpassa la nostra fantasia: nulla di più sicuro ed economico è l’affidare il contenuto di questa ‘vetrinetta’ all’invisibile trama del CD-R o all’efficientissima posta elettronica che in un attimo lo diffonde nell’altro continente.

Silvano Valenti

Altamira, 3 Gennaio 2011
Note:
1..Esattamente dal latino bac(c)a ‘bacca’, e per metonimia ‘anello’, ‘braccia-letto’. L’etimologia è mia. Le altre mi sembrano alquanto peregrine: da gotico baug ‘anello’ o ‘braccialetto’, celtico bach ‘custodia’, arabo al-bakūq ‘copricapo’.
2..Fu Agostino Podestà, Prefetto di Bolzano nei difficili anni delle Opzioni, scampato a nazisti e partigiani che gli davan la caccia perché di fervidi sentimenti italiani. Fra l’altro era autore di tre splendidi volumi che attestavano l’italianità linguistica nel vecchio Tirolo cisalpino. 

3. Il parente mecenate era un Pernigotti, titolare della ben nota industria dolciaria.

 

lunedì 25 luglio 2011

Un vecchietto terribile

"È un personaggio fuori del comune. Chi lo conosce di persona ci ha fatto l’abitudine, non si meraviglia né si sgomenta. Chi non lo conosce dice che è un matto, o un fanfarone, o al limite un miracolato da Papa Roncalli.

Alla bella età di 88 anni, è ancora lucido, scattante e integro, a parte la mutilazione dell'occhio destro. Deve il suo benessere all'esempio d'un parente neo-platonico da cui ha ereditato sane abitudini che danno senso e gusto all'esistenza umana.

Non fraintendetemi, non pensate che sia prezzolato per reclamizzare prodotti e pratiche contro l'obesità, lo stress, il tedio e altri ben noti flagelli della 'civiltà' dei consumi. I dati che seguono sono verificabili e non finalizzati al profitto venale, ma solo a beneficio altrui.

Il vecchietto in parola percorre ogni giorno da 4 a 8 chilometri a piedi con tratti di corsa a una media di ca. 5 kmh. e/o una ventina di chilometri su ciclocamera in tratte di 20 minuti intermezzate da esercizi addominali. D’estate preferIsce l’itinerario pineta–spiaggia con sgambate sulla battigia alternate al brevi nuotate. Niente auto: ne ha avuta una sola nella vita e l’ha smessa da quarant’anni.

Calorie giornaliere: ne consuma da 500 a 700 e ne assume circa 1800 in quattro razioni ridotte ma equilibrate (dieta mediterranea) + 2 litri di acqua (pura di fonte), con rigida esclusione di merendine, 'toasts', bevande gassate, alcoolici e carne di maiale. Si tiene alla larga da caffè-pasticcerie, chioschi, 'fast-food' et similia.

Peso kg. 55, altezza m.1,57, ventre quasi piatto.

Oportet ut sit mens sana in corpore sano: il Valenti fa fumare le meningi. Insacca di tutto, di preferenza letteratura classica. È autore di numerose pubblicazioni, prevalentemente di letteratura e glottologia, ma non trascura la scrittura amena. Salva i testi esauriti ed inediti su CDR e li diffonde attraverso un Gruppo di Studio frequentato da tradizionalisti che privilegiano la Lingua Latina, la Storia Patria e la Letteratura europea.

Del tutto disintossicato dalla Unkultur e dalla disinformazione propagate dai mezzi di comunicazione di massa, il Valenti non sfoglia gazzette e da oltre dieci anni si è disfatto anche dell’apparecchio tv. Si ricrea con scelti DVD di buone pellicole e musica classica.

Lo stile di vita di Silvano Valenti può offrire uno spunto se non un insegnamento a tanti afflitti che ci attorniano, smarriti e demotivati, delusi ed esasperati, vittime dell’usuraia ‘civiltà’ dei consumi, d’una società sudicia in tutti i sensi, priva di fondamenti morali e di retroterra culturale, destinata – se non interviene un salutare rivolgimento – a sprofondare in una catastrofe globale.

La presente scheda apre questa terza sezione per ben disporre il lettore ai testi che seguono."

Ferruccio Bravi