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mercoledì 17 agosto 2011

Gruppo di Studio AVSER. Etica e finalità





IL NOME E IL LOGO 
 
Avser è il nome latino del Serchio che scorre nella Lucchesia (dal mediterraneo *avi-sar come Avisio, Isarco, Isere e simili).
Lo scudo rosso alla croce a tau d’oro (colori di Roma) è ripreso dallo stemma dell’Ordine ospitaliero di ‘Teutpasso’ – Altopascio nella Lucchesia – che nel medioevo si espanse in tutta Italia e oltralpe. Nel Tirolo cisalpino era stato già adottato dai Conventuali di Novacella all’età di Dante.
C’è chi ravvisa nella croce la gruccia dello sciancato, la bipenne minoica, il fascio littorio di Vetulonia. Tranquilli: il simbolo è solo una mistica lettera T che segna i giusti destinati a sopravvivere per volontà divina (cfr. Ezechiele, 9).
La leggenda «LIBERE VERITATI SERVIMVS» impegna a servire la Verità da uomini liberi senza presunzione e senza vanità.




DECALOGVS VERI PROBIQUE VIRI


1. Libere veritati servito:omne concedito veris, nihil falsis.
 
Servi il Vero da uomo libero,nulla concedendo alla menzogna.

2. Conscientia tibi svfficit; qvid loqvantvr noli cvrare. 
 
Lascia che gli altri dicano;a te basta la coscienza tranquilla.

3. Certa viriliter, svstine patienter.

Lotta da uomo, sopporta da santo.

4. Forti animo agito, non desperationis affectv.

Compi il tuo dovere col coraggio dei forti,non dei disperati.

5. Vi opprimi in bona cavsa, melivs qvam malae cedere.

Meglio soffrire per la giusta causa che trarre vantaggio dalla causa ingiusta.

6. Noli scribere merita in calendario.

Non aspettarti ricompense. La ricompensa migliore è l'aver portato a buon fine l'opera tua.

7. Gloria fvgientem magis seqvitvr.

La gloria è come l'ombra: se la segui ti sfugge, se la sfuggi ti segue.

8. Modicvs sibi medicvs: satis pavlo, tantvm pavca

Mòderati in tutto e avrai pensiero limpido in corpo sano.

9. In silentio et spe fortitvdo.

Tacere e sperare: in questo è la tua forza, avendo fede.

10. Patriam habes, esto felix.

Sii felice di avere una Patria. Pensa alla tristezza di chi è senza Patria o non sa di averla.




Questo Decalogo non fu dettato sul monte dal Signore dell'Ultimo Piano. Mi frullava in capo già fin da quando, con gli amici Manfrini e Pezzi, mi saltò in mente l'idea balzana di fondare a Bolzano un Centro di documen tazione storica ampliato poi in Centro Studi Atesini, istituto culturale che fra sacrifici ed emarginazione raggiunse l’autosufficienza. Era il lontano 12 ottobre 1967: ancor giovani salimmo, non sul Sinai, ma appena al mezzanino dove rogava il notaio Isotti che stese l’atto costitutivo.
I dieci comandamenti, allora in embrione, son diventati come li leggete, poco alla volta nel corso degli anni, fra esperienze ora liete ora amare. L’ultima frustata al cavallo magro risale al tempo del primo governo Prodi, quando il compagno Veltroni, ministro dei beni culturali, ci revocò il sussidio. Per sopravvivere il Centro tese la berretta ai Soci, si attrezzò informaticamente e come a Dio piacque la sua voce tornò a farsi sentire non solo nelle pubbliche chiacchierate, ma in studi editi da nostra composizione grafica e su CD-R.
Alla soglia degli ottant’anni, nel consegnare l’istituto ai giovani successori Urzì e Pojaghi, inviai il Decalogo nella stesura definitiva – in testo latino e commento in volgare – ai Soci incaricati di preparare l'elezione del nuovo Direttivo e agli amici dell’Avser, il Gruppo di Studio che continuo a dirigere.
Da questi comandamenti che mi hanno infuso coraggio e determinazione in circostanze tristi e difficili, trarranno maggior giovamento i successori che con molta fede e un pizzico di buona volontà potranno fare più e meglio di me, sia pure mutando radicalmente indirizzo e metodi: ma sì, ben venga il diverso, ben venga il nuovo, ma sempre nel rigoroso rispetto delle norme statutarie e dei valori che hanno nobilitato il Centro, innanzitutto la difesa intransigente della lingua e della cultura italiana.
F.B.

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