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lunedì 24 ottobre 2011

Povera lingua nostra, dove vai? - Silvano Valenti



Da qualche anno la questione della lingua è dibattuta e seguita con crescente interesse e ciò sembra confermato dal rapido esaurirsi della prima edizione di questa <<Nugella>>. A due anni dalla prima esce ora la seconda edizione - in altri duemila esemplari - integrata da un secondo fascicolo che assume in rapida rassegna i contributi degli altri alla difesa della lingua.
L'aver pubblicato per primi una inchiesta globale sullo stato della nostra lingua e sulle cause del deterioramento di essa ci ha gratificato; ma più dei consensi e delle lodi, ci fa piacere, il moltiplicarsi di iniziative altrui nello stesso senso e, ancor più, il ritrovato amore degli italiani per l'idioma gentile

<<UNA SOCIETA' CHE NON SENTE 
I PROBLEMI DELLA SUA LINGUA E'
UNA SOCIETA' DI ISTINTIVI, DI
ESTROSI, DI IRRESPONSABILI E
PERCIO' SIMBOLO DI NON LIBERTA',
DI NON-GIUSTIZIA>>.
G.DEVOTO





 "La questione della lingua agita tutta la nazione". L'ha dichiarato il prof. Giovanni Nencioni, Presidente dell'Accademia della Crusca, nell'accogliere il primo fascicolo di questa "Nugella" - da lui definita "vivacissima" - nella Biblioteca d'istituto (maggio '86). In effetti, da qualche anno la questione è dibattuta e seguita con crescente interesse, come conferma anche il rapido esaurirsi della prima edizione, ciò che ha del miracoloso essendo mancato l'appoggio dei midia e dei librai che di regola tengono le pubblicazioni del Centro sotto il banco ed eccezionalmente le espongono in vetrina. Ora, a meno di due anni dalla prima, esce la seconda edizione, ampliata di questo fascicolo che assume in rapida rassegna i contributi degli altri. [...]
Pertanto [..] si propone al lettore una panoramica di quanto è stato pubblicato altrove in argomento: una silloge di articoli in ristretto, poesie ed altro idealmente collegati entro un unico discorso, e introdotti ciascuno da un breve testo di presentazione. Come nel primo fascicolo sono inserite qua e là delle vignette di commento in armonia con il taglio e il carattere divulgativo delle "Nugellae" 

<<I fatti di lingua sono esili, apparentemente particolari e irrilevanti. Ma sono <<continui>> e soli permettono quella saldatura ininterrotta che si chiama tradizione. La continuità è rappresentata da una nozione geografica: l'immagine dell'Italia come la natura l'ha formata, come gli eventi esterni l'hanno delimitata, come la parola degli uomini, nell'alternarsi di forze disgregatrici e ricostruttrici, l'ha resa vivente ed unita. 
L'Italia è uno spazio geografico che ha avuto per destino di raggiungere, possedere e poi perdere, e poi riconquistare, una unità etnica culturale politica, e così anche linguistica>>.

G.DEVOTO 



Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili numerose copie dei due volumi.

venerdì 14 ottobre 2011

Antichi testi in volgare fra l'ottavo e il tredicesimo secolo - Ferruccio Bravi




PER SORTE singolare la prima vera poesia in volgare nostro è maturata in una corte straniera, quella di Federico II a Palermo, in una estrema isola, crogiolo delle culture più disparate: latina, neogreca, araba, franco-normanna. Qui e non altrove si è finalmente compiuto quel superamento del latino che non poteva compiersi dal basso, bensì per mediazione aristocratica in ambiente colto e raffinato. L'uso del dialetto, nel pratico intento di rendere più spediti i banali rapporti quotidiani - rapporti di lavoro artigianale o di commercio spicciolo - aveva inaridito le radici del neolatino: di qui l'impoverirsi dell'espressione e il proliferare delle parlate locali. 
La coesistenza con la lingua latina, coltivata nell'ambiente aulico, dette invece naturale linfa al volgare che sarebbe presto diventato lingua letteraria e infine lingua di tutto un popolo. Per lo stesso motivo fu benefico l'incontro con la lirica di Provenza, poesia regionale assurta a dimensione europea in virtù della vitale carica di latinità del volgare che l'aveva espressa. Soltanto nella continuità latina ciò che dal latino è nato può vivere e rinnovarsi nel tempo. Questa è una certezza, valida oggi non meno di allora, al di là delle mode e delle scelte di comodo.


INDICE

5 - Ricordo di Orengo
7 - LA CARTA CAPUANA
10 - L'INDOVINELLO VERONESE 
14 - LA <<TRADITIO DE CAMPO GELAU>>
16 - IL PRIVILEGIO LOGUDORESE
18 - L'OMELIA LADINA
21 - IL "FUMETTO" DI SAN CLEMENTE
24 - I TESTI PRELETTERARI
28 - L'ALBA DELLA POESIA ITALIANA
35 - Bibliografia



Presso il Gruppo di Studio AVSER sono ancora disponibili numerose copie del volume

sabato 8 ottobre 2011

Oh, la Globalizzazione! Un mondo, un popolo, una lingua - Silvano Valenti e altri


SOMMARIO

5 - (Preambolo di S.V.)
7 - Lingua superlingua interlingua (F. BRAVI)
15 - Professori così (S.V.)
18 - La lingua sparlata (G. CANALI, F.BRAVI)
28 - <<Nemico della (piccola) Patria>> (F. BRAVI)
33 - Cavalcare la bestia (P.N./S.V.)
38 - Popoletti alla riscossa (S.V.)
42 - Lingua dialetto, 'Blut und Boden' (S.V.)
49 - Rinfrescare l'espressione (F. BRAVI)
57 - <<Viva l'italiano!>> (da <<Trentino emigrazione>>)
60 - Polpette o Hamburger? (da <<La Repubblica>>)
64 - Il calendario del padrino (AVSER)
69 - Lasciare in pace i ladini (S.V.)
74 - In cucina la speranza del domani (S.V.)
80 - Italiani da doversi vergognare (da <<La Vetta d'Italia>>)
89 - Nostra Signora Priorità (S.V.)
94 - La Piovra (ASMODEO)
106 - Risorse e materia prima (ASMODEO e altri)
137 - Il trescone (ASMODEO)
163 - Una pagina bianca (F.BRAVI)
165 - La terza via (S.V.)

171 - Servilismo e masochismo linguistico (F.DI PACE)
181 - <<Straniero è bello>> (F.DI PACE)
189 - Un tristo problema (F.DI PACE)
194 - Verbosità, parofania e farfalloni (F.DI PACE)
197 - Conclusione (F.DI PACE)
200 - Bibliografia


"QUANDO CE LA SPIEGARONO, con parole suadenti e cattivanti, ci dissero che la cosa era una casa di vetro. Ma presto ci siamo accorti che il vetro della casa-cosa è di quelli che nelle ville dei nababbi proteggono la cosiddetta <<privacy>> dagli sguardi indiscreti in modo che dal didentro si veda tutto e dal difuori niente. 
Non sta bene curiosare, ma se al didentro architettano inganni sulla pelle di chi sta fuori, non si giudichi male chi dal difuori pratica un bucolino nella parete, quel tanto da poter occhiolare e regolarsi.
E' ciò che hanno fatto gli autori di questa silloge i quali, in una lingua diversa da quella fumosa degli addetti, raccontano in queste pagine le meraviglie vedute, <<con coscienza e serietà>>, come soleva dire un fine umorista oggi dimenticato che sapeva rivestire la compunta serietà di sottile ironia.
Riferiscono tutto, gli autori, e lo documentano puntigliosamente in esaurienti note a fine racconto. Riferiscono senza far nomi: il peccato si dice, il peccatore si tace. A meno che il nome sia già in altri testi utilizzati o citati. Non è importante somministrare scudisciate a chi le merita o svergognare chi si presta al gioco, magari in buona fede, bensì denunciare e colpire ben individuate categorie morali con la satira che corregge i costumi."

ESTRATTO DA PAG 36-37

[...] Capito, fratello mio? Chi occupa una posizione e ha buoni sentimenti deve com­portarsi, come si dice a Napoli, da "òmme 'e panza" che non lascia intendere quel che ha dentro; e poi, deve saper caval­care la bestia im­monda e sfiancarla fino a stecchirla. O così, o sarà lui a fi­nire stecchito. 
Noi però siamo cresciuti liberi e strafottenti, fieri di essere quel che eravamo, nutriti di sogni corruschi e ferrigni, al tutto ignari di quel 'bene su­premo' che chiamano democrazia e ti inse­gna a vivere cent'anni da verme, invece che un giorno da leone. Siamo cresciuti nella mentalità del gobbino di Re­canati, riformato alla leva, che voleva procombere’ solo lui; e siamo restati nella sua mentalità anche dopo aver capito, da soldati, che all'assalto non si va come nelle oleogra­fie, ma bisogna attendere a lungo, rimpiattati e calmi, il momento del balzo fuori dalla fossa. Saper atten­dere: è una regola tattica valida lungo tutta una la vita.

E, in attesa, nulla concedere.

S.V.

Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili numerose copie del volume 

sabato 1 ottobre 2011

La fortuna di Dante e della lingua italiana - Ferruccio Bravi




SOMMARIO

- La fortuna di Dante 5
- La fortuna della lingua d'Italia 34
- Note 49
- La relazione Mitolo 57
- Bibliografia 61

LE FORTUNE di Dante e della nostra bella lingua sono condizionate dalle scelte degli italiani e vanno al passo della fortuna della nazione. Un narratore degli Anni Trenta, appassionato della Commedia, notò: <<L'Italia precipita, il poema è dimenticato; l'Italia si solleva, il Poema torna sugli altari>>. Guardatevi intorno, riflettete e ditemi voi in che condizione è ridotta questa nostra cara Italia e in quale considerazione è tenuto il capolavoro dell'Alighieri.
Il corso felice e sicuro della navicella dantesca, avventurata per secoli <<tra fortuna e bonaccia>> inizia con l'alba del nostro riscatto, quando si guarda al Poeta come al vate dell'Unità d'Italia e al fabbro perfetto della lingua. La <<visione dell'Alighieri>> padre degli italiani conquista dapprima le anime grandi e i letterati emergenti poi la parte più generosa del popolo e diventa realtà.
<<Amore e cor gentile sono una cosa>>: allo stesso modo, DANTE e ITALIA. Le vicissitudini, gli alti e bassi, l'alternarsi della luce e del buio sulla nostra terra tanto amata e bestemmiata, scandiscono le stagioni felici o depresse della lingua. Felici quando l'Italia è libera e <<donna di province>>, quando recupera la sua identità e le chiavi di casa, le sue tradizioni e i grandi valori; depresse quando l'Italia è senza guida, vessata da tirannelli corrotti e ignoranti, soggetta alle imposizioni di forze oscure che attentano al patrimonio morale e culturale dei popoli e ne calpestano il diritto all'indipendenza.


estratti da pag. 22-23-24

"Sappiamo che la Commedia si lascia leggere dai colti di intelletto maturo come pure dagli umili. I calzolai e altri onesti artigiani, tanti e tanti proletari gustavano il poema d'istinto.
Ai bei tempi di mio nonno i popolani mandavano a mente l'Inferno e declamavano con trasporto interi canti. Ora il volgo si fa una cultura con robuste insaccate di telenovelle e tele-spazzature di vario genere. Ignorante, lo vogliono, per capezzarlo meglio [...]
Nella prefazione alla splendida Commedia edita da Olschki nel 1911 GABRIELE D'ANNUNZIO narra di aver veduto in Maremma un bestiaio che teneva fra le mani, come foglie e scorze, dei vecchi quaderni malcuciti. Era l'Inferno di Dante, scritto a mano e passato di padre in figlio, letto e riletto da più generazioni senza l'aiuto di note e commenti, letto e riletto <<nella sua nudità come s'addice a creatura tutta quanta viva e immortale>>.
Si augurava, Gabriele D'Annunzio, che allo stesso modo, in questa medesima disposizione d'animo, ogni italiano potesse finalmente leggere un giorno il poema sacro <<se non giovi sperare che ciascuno di suo pugno lo trascriva, come per averlo in possessione di corpo e di spirito>>."
 

"O somma luce, che tanto ti levi
dai concetti mortali, alla mia mente
ripresta un poco di quel che parevi.

E fa la lingua mia tanto possente,
che una favilla sol della tua gloria
possa lasciare alla futura gente [...]

Nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna." 
Par. XXXIII, 67-87

Disponibili numerose copie del volume presso il Gruppo di Studio AVSER