Cerca nel blog

sabato 1 ottobre 2011

La fortuna di Dante e della lingua italiana - Ferruccio Bravi




SOMMARIO

- La fortuna di Dante 5
- La fortuna della lingua d'Italia 34
- Note 49
- La relazione Mitolo 57
- Bibliografia 61

LE FORTUNE di Dante e della nostra bella lingua sono condizionate dalle scelte degli italiani e vanno al passo della fortuna della nazione. Un narratore degli Anni Trenta, appassionato della Commedia, notò: <<L'Italia precipita, il poema è dimenticato; l'Italia si solleva, il Poema torna sugli altari>>. Guardatevi intorno, riflettete e ditemi voi in che condizione è ridotta questa nostra cara Italia e in quale considerazione è tenuto il capolavoro dell'Alighieri.
Il corso felice e sicuro della navicella dantesca, avventurata per secoli <<tra fortuna e bonaccia>> inizia con l'alba del nostro riscatto, quando si guarda al Poeta come al vate dell'Unità d'Italia e al fabbro perfetto della lingua. La <<visione dell'Alighieri>> padre degli italiani conquista dapprima le anime grandi e i letterati emergenti poi la parte più generosa del popolo e diventa realtà.
<<Amore e cor gentile sono una cosa>>: allo stesso modo, DANTE e ITALIA. Le vicissitudini, gli alti e bassi, l'alternarsi della luce e del buio sulla nostra terra tanto amata e bestemmiata, scandiscono le stagioni felici o depresse della lingua. Felici quando l'Italia è libera e <<donna di province>>, quando recupera la sua identità e le chiavi di casa, le sue tradizioni e i grandi valori; depresse quando l'Italia è senza guida, vessata da tirannelli corrotti e ignoranti, soggetta alle imposizioni di forze oscure che attentano al patrimonio morale e culturale dei popoli e ne calpestano il diritto all'indipendenza.


estratti da pag. 22-23-24

"Sappiamo che la Commedia si lascia leggere dai colti di intelletto maturo come pure dagli umili. I calzolai e altri onesti artigiani, tanti e tanti proletari gustavano il poema d'istinto.
Ai bei tempi di mio nonno i popolani mandavano a mente l'Inferno e declamavano con trasporto interi canti. Ora il volgo si fa una cultura con robuste insaccate di telenovelle e tele-spazzature di vario genere. Ignorante, lo vogliono, per capezzarlo meglio [...]
Nella prefazione alla splendida Commedia edita da Olschki nel 1911 GABRIELE D'ANNUNZIO narra di aver veduto in Maremma un bestiaio che teneva fra le mani, come foglie e scorze, dei vecchi quaderni malcuciti. Era l'Inferno di Dante, scritto a mano e passato di padre in figlio, letto e riletto da più generazioni senza l'aiuto di note e commenti, letto e riletto <<nella sua nudità come s'addice a creatura tutta quanta viva e immortale>>.
Si augurava, Gabriele D'Annunzio, che allo stesso modo, in questa medesima disposizione d'animo, ogni italiano potesse finalmente leggere un giorno il poema sacro <<se non giovi sperare che ciascuno di suo pugno lo trascriva, come per averlo in possessione di corpo e di spirito>>."
 

"O somma luce, che tanto ti levi
dai concetti mortali, alla mia mente
ripresta un poco di quel che parevi.

E fa la lingua mia tanto possente,
che una favilla sol della tua gloria
possa lasciare alla futura gente [...]

Nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna." 
Par. XXXIII, 67-87

Disponibili numerose copie del volume presso il Gruppo di Studio AVSER

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.