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martedì 2 agosto 2011

La Vetrinetta IV - Recensioni

La più bella recensione a:

LA DALMAZIA VISTA DA UN DALMATA
di G.De Zorzi ed F.Bravi (Edizione 1995).

Tutti i giochi sembravano fatti.
Sembrava che dell'Istria e della Dalmazia si fosse perduta ogni traccia d'Italianità ed invece, irriducibili guerrieri, gli Istriani ed i Dalmati sempre più uniti, ci sostengono nel credere che un giomo queste terre tomeranno alla Patria.
Ogni incontro con un dalmata è una boccata di aria pulita, è un esempio da imitare.
Sono tante le opere che ci ricordano l'italianità storica, quella che si perde nella notte dei tempi, delle terre irredente rese sacre dal sangue delle tante vittime della ferocia slava e dalle sofferenze dei 350.000 profughi che seppero dare una lezione ai tanti italiani che si inchinavano e plaudivano all'invasore.
L'opera presentata ha il pregio di darci un quadro chiaro e sintetico della Dalmazia; l'orografia, l'etnologia, la preistoria, Roma, il medio Evo, Ragusa, Venezia, D'Annunzio, parlano «italiano», nulla concedono alle popolazioni barbariche, attestate oltre le Alpi Dinariche, che guardavano ai latini della costa come ad un faro di civiltà.
Se qualcuno ha dubbi sull'italianità di queste terre studi queste pagine e rifletta sul grande crimine storico che è stato operato con l'avallo di tante componenti dell'Italia democratica. Ancora oggi, dopo la vergogna di Osimo, si levano voci a richiamare chi si appresta a richiedere un minimo di diritto per tornare in possesso dei beni perduti.
Con il corredo di immagini e fotografie e la vasta «guida alle fonti» l'opera ci porta per mano a visitare i Municipi che testimoniano con l'architettura, i nomi, le opere, la partecipazione alle guerre patriottiche, la vita culturale e le figure emergenti, quanto noi dobbiamo alla Dalmazia e quanto essa sia legata a doppio filo con la sponda antistante. Abbiamo deluso questi nostri fratelli.
De Zorzi ci consegna questa sua fatica come una piccola enciclopedia da consultare «ogni qual volta sei giù di morale, quando ti senti piccolo piccolo e ti assale la voglia tutta italiese di piangerti addosso».


NUOVO FRONTE N. 151 (1995) Rubrica "Leggiamo assieme" a cura di M.Bruno.


La pubblicazione, da tempo esaurita, è consultabile presso le seguenti biblioteche:
BO0304 Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna – BO
BO0526 Biblioteca del Dipartim. archeologia dell'Univ. di Bologna - BO
BR0003 Biblioteca provinciale - Brindisi - BR
CA0010 Biblioteca comunale di studi sardi - Cagliari - CA
CA0240 Biblioteca comunale Is Bingias - Cagliari - CA
FI0098 Biblioteca nazionale centrale - Firenze - FI
GO0025 Biblioteca statale Isontina - Gorizia - GO
NA0079 Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III - Napoli - NA
RM0267 Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II – ROMA
RN0013 Biblioteca civica Gambalunga - Rimini - RN
TS0162 Biblioteca del Dip. socio-politico dell'Universita di Trieste - TS
TV0114 Biblioteca comunale - Treviso - TV
TV0121 Biblioteca civica - Vittorio Veneto - TV
VI0096 Biblioteca civica Bertoliana - Vicenza – VI


IL GARIBALDINO DI EGNA

UN GARIBALDINO DIMENTICATO: CAMILLO ZANCANI DA EGNA
Autore: ACHILLE RAGAZZONI

Un personalizzato austriaco ricorda

il garibaldino Camillo Zancani

 

Nonostante il nome sia sconosciuto ai più, gli appassionati di storia risorgimentale e gli studiosi dell’epopea garibaldina conoscono molto bene Camillo Zancani, sia per l’essere stato uno dei Mille sia perché fu l’unico alto-atesino del gruppo.*
Nato nel 1820 ad Egna, un piccolo comune dell’Alto Adige (attualmente in provincia di Bolzano, ma all’epoca ancora ricadente nel comprensorio di Trento), Zancani partecipò a tutte e tre le guerre d’Indipendenza e naturalmente all’avventurosa campagna del generale nizzardo (compresa l’impresa sull’Aspromonte), contribuito fondamentale all’Unità d’Italia.
Di lui ha scritto Achille Ragazzoni, presidente del comitato bolzanino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, nel volume Un garibaldino dimenticato: Camillo Zancani da Egna pubblicato nel 1988 in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte avvenuta il 26 dicembre 1888.
Adesso, a distanza di 120 anni dalla scomparsa di Zancani, Ragazzoni che è anche appassionato collezionista, ha ordinato presso le Poste austriache un francobollo personalizzato con l’effigie del garibaldino.



Nota filatelica:
La carta valore utilizzata per questo dentello è quella con lo sfondo azzurro e scritta in tedesco Österreich (esiste anche in giallo, con la scritta Austria e nei formati orizzontale e verticale emessi tra il 2005 e il 2006 in fogli di 20) e valore nominale da 65c corrispondente alla tariffa prioritaria di I porto (fino a 20g) per i paesi europei (per questi dentelli, i nominali sono altrettanto personalizzabili, variando da 55c a 100c di euro).
Le poste di Vienna, insieme a quelle di molti al-tri paesi, realizza francobolli personalizzabili con immagini e fotografie fornite direttamente dai clienti, sin dall’emissione del 5 dicembre 2003 (Unificato europa 2009, n.2287/2288).
 
* Più esattamente, come risulta dalla lista dei garibaldini del Tirolo Cisalpino in appendice al precedente saggio di Achille Ragazzoni (Garibaldi nostro: la campagna del Tirolo, Zancani e le altre camicie rosse atesine) C.Z. non fu l’unico volontario garibaldino dell’Alto Adige. – n.d.c.].


Francesco De Carlo Cronache di Posta (01.01.2009 12:01).








 




IL "TODESMARSCH" DEI LADINI
BEGLI ESEMPI! BEGLI ESEMPI! IN MARGINE AI “BIMILLENARI LADINI”
Autore: Bodincvs (Aurelio Garobbio, letterato ticinese esule in Italia)
Edizione del “Centro di Studi Atesini”, Bolzano. 

recensito in:

"BORGHESE", 2. I. 1989: Libri nuovi e vecchi: latinità tedeschizzata, pg. 282.

 
In Alto Adige, accanto a italiani” e tedeschi, vive un terzo gruppo linguistico, il ladino. La Volks-partei tende a “proteggerlo”, ossia ad appropriarsi dei suoi voti, come se si trattasse di popolazioni tedesche. E c’è stato chi, sulla rivista Letture trentine ed altoatesine, commemorando i duemila anni dei Ladini, (duemila anni trascorsi dal loro ingresso nel mondo romano, si noti, non nel mondo germanico) ha auspicato che le legittime aspirazioni dei Ladini dell’Alto Adige a che la loro non si riduca a una lingua tagliata trovino accoglienza sull’esempio dei reto-romanci svizzeri del Canton Grigioni.

Ecco, da questa frase trae spunto il Gruppo di studio Bodincus del benemerito Centro di Studi Atesini per denunciare come quell’esempio (i reto-romanci del Canton Grigioni) sia pessimo, perche in Isvizzera i Ladini (cioè latini) e i Romanci (cioè di Roma) che parlano i loro dialetti van sempre più diminuendo, nonostante gli aiuti ufficiali di Berna. La verità che Bodincus drammaticamente denuncia è la progressiva tedeschizzazione della Svizzera ai danni anche della cultura italiana: il Canton Ticino da italiano sta diventando mistilingue, con arretramento della presenza della lingua italiana a tutto vantaggio del tedesco (per accertarsene basti dare un’occhiata alle scritte nei negozi, elemento fondamentale per comprendere chi siano i visitatori di una zona: intorno alla romana Stazione Termini ogni anno si moltiplicano le iscrizioni in arabo…). Nei Grigioni la presenza ladina e romancia si sta riducendo al lumicino: pochi parlano quei dialetti, per intendersi fra loro ricorrono al tedesco, nelle scuole l’insegnamento è sempre più in lingua tedesca, e Berna invita ad usare, come lingua comune, un romancio tedeschizzato. Insomma da linguaggi neolatini si passa a linguaggi tedeschi, con le conseguenze anche in termini culturali.

Bodincus si ende conto delle difficoltà di cinque o sette o nove dialetti parlati da Ladini e Romanci nei Grigioni privi di una Koiné, ma difende a spada tratta questa molteplicità, perché l’unica alternativa è di fatto costituita dal trionfo del tedesco. Un dialetto tedeschizzato prima, il dialetto svizzero-tedesco poi (e la base culturale solo tedesca).Quindi anche in Alto Adige bisogna difendere (è l’implicita conclusione) la latinità dei Ladini, impedendo che, sulla traccia dei cattivi esempi elvetici, vengano assorbiti dal mondo tedesco (che del resto già in epoca asburgica perseguiva tale scopo, per impedirne tanto la loro possibile italianizzazione quanto il mantenimento dei loro caratteri latini).

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