Alcune riflessioni, estratte da "Oh! La Globalizzazione!", intorno a due parole abusate, divenute la moneta sonante con cui gli odierni demagoghi comprano i consensi delle masse e preparano guerre "giuste"..
La Democrazia
Le
comunità si costituirono appena popolata la Terra. Con esse
insorsero le controversie, per così dire, civili
che furono sbrigativamente risolte con spietata discriminazione. Eliminati o
banditi gli oppositori, i rimasti che si reputavano buoni e saggi convennero di
darsi delle regole e di governare ognuno per tutti, nell'interesse di tutti.
Da allora cominciò il
braccio di ferro tra anarchia e tirannide. Dalla copula di questi
due mali nacque un ‘bene unico e supremo’ che in
età storica i greci chiamarono Democrazia, vale a dire
‘governo di popolo’. Questa meraviglia impastata di utopie e
paradossi fu riscoperta nell'Età dei Lumi: l'idea d'un popolo che
governa, sedusse un intellettuale stento e un po' tocco, fallito nel pensiero
e nella vita, deludente e deluso in tutto.
« L'idea
mi piace – disse l'intellettuale – è
vecchia, ma in linea coi tempi nuovi ». La fece
sua, non senza qualche dubbio. Dubitava, tra l'altro, che la
società sapesse governarsi da sé. E concluse che un popolo
di dei, quello sì, potrebbe reggersi democraticamente 1.
Dopo di lui un cervello
fino, disincantato e con qualche autorità in materia, osservò che
la Democrazia è un ‘governo di popolo’ che impedisce al popolo di occuparsi
delle faccende che lo riguardano. Da ultimo, uno statista inglese tra i fumi
del tabacco e del whisky sentenziò che, a ragion veduta, la Democrazia è
il peggior sistema di governo; ma poi ci mise una pezza asserendo che non ne
esiste uno migliore...
Il funerale di questa creatura mai nata si è celebrato tantissime volte, senza
rimpianti, nell'antica Grecia. E si celebra ogni dì nella
coscienza dell'italiano. Il quale, angariato, schifato
e consa-pevole del disfacimento morale e materiale del popolo becco e
mazziato, conviene col giudizio dello statista inglese. Però la pezza non ce la
mette.
La Storia insegna che
esistono regimi assai meno corrotti, meno oppressivi e meno pericolosi della
Democrazia, la quale apre le porte della Città a tutti i mali. Manovrata dal
Mondialismo, è il sistema più spedito – e si può dire, sì, il migliore
– per appecorire i popoli e consegnarli alla Piovra.
Si dirà che c'è
democrazia e democrazia. D'accordo: ma noi conosciamo solo quella che brucia
sulla pelle dell'uomo libero, quella che il Renan, senza
escluderne una meno indecente, chia-ma "bassa democrazia". Di essa
il mistico bretone prefigura la prospettiva finale, ora delineata a tutto
campo: mortificazione della parte sana del popolo ed esaltazione di quella più
abietta.
La democrazia che abbiamo
la disgrazia di conoscere è negazione del suo stesso nome che dovrebbe
significare ‘governo di popolo’ e non regime di furfanti. Al confronto, rimosse
le calunnie e la damnatio memoriae, ne guadagna l’immagine del sistema
segnato a dito come il maggior nemico di essa: il Fascismo.
Per quanto lo si voglia
demonizzare, il Fascismo ha almeno un onesto
intento democratico, più concreto che utopistico. Lo ha
nella Dottrina 2 e nella
prassi mirante non al profitto, ma al consenso popolare. Ne
conviene perfino qualche antifascista, come lo scrittore Mario Missiroli che esprime questo giudizio finora inconfutato: « Il
Fascismo va riguardato come un movimento democratico, l'unico
movimento democratico scaturito dopo la prima guerra mondiale ».
Le opinioni son tante,
ma su tutte emerge l'esternazione beffarda di Demostene che nel lasciare
Atene verso l'esilio sostò pensoso davanti alla statua di Pallade. Benché
assuefatto al sistema e non poco invescato in quella pania, non poté
fare a meno di chiedere: « O dea
dell'Acropoli, come puoi compiacerti di bestie così brutte come le civette e
la democrazia? » .
Giustizia, Fratellanza, Libertà:
quanta
gente ripete 'ste parole.
Il gallo
canta quanto spunta il sole,
il gufo
stride nell'oscurità.
Trilussa
N o t e
1 Jean J. Rousseau: « S'il y avait un peuple de
dieux il se gouvernerait démocratiquement. Un gouvernement si
parfait ne convient pas à des hommes ».
2 [Benito Mussolini,
Dottrina del Fascismo, II, § 7 e suo
articolo in Enciclopedia Italiana (XIV, 849, ediz.
1932): « Regimi democratici possono essere definiti
quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo
l'illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre
forze talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re,
ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e
rovinosi di un solo re che sia tiranno.[...] Il fascismo respinge della
democrazia l'assurda menzogna convenzionale dell'egualitarismo politico, l'abito
dell'irresponsabilità collettiva, il mito della felicità e del progresso indefinito.
Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se
democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello stato, il fascismo
può essere definito una 'de-mocrazia
organizzata, centralizzata, autoritaria ». – SV].
La Libertà
La
Libertà è un bene prezioso, è parola nobile, ma non sempre detta a proposito.
Ecco un sommario menù per tutti i gusti:
« Libertà
vo cercando ch'è sì cara ». Nobile
aspirazione di un poeta con gli attributi, non appigionato al potere.
« Per la
Libertà darei la vita, per la Patria la Libertà ». Parola
santa, d'un altro poeta che fu conseguente e andò a morire per la libertà della
sua patria.
« Aquam
liberam gustabunt », 'gusteranno l'acqua della libertà'.
Petronio Arbitro, da fonte greca. È un concetto da tener di conto, perché
appaia due cose poco apprezzate dai letterati, i quali di solito elogiano il
vino e i sentimenti forti. C'è chi all'aqua libera di Petronio
preferisce l'aqua serva di Ovidio per ammorbidire il pane della
schiavitù.
« Sempre
libera degg'io, folleggiar di gioia in gioia... ».
Aggettivo eufemistico: è disdicevole dire "mignotta".
« L'istinto
della libertà, opportunamente istigato, li renderà discordi e assetati
di sangue », sta scritto in un libro proibito. È la libertà 'estatica
ed assassina' celebrata da un bardo della democrazia, Walt Whitman, e
concretata dalle ingerenze umanitarie dello Zio Sam in casa d'altri
appena sente odore di petrolio.
« Freiheit ». Era,
ma guarda un po', il rutilante sottotitolo del foglio nazista "Völkischer
Beobachter ".
«Libertà
conculcata dalla bieca dittatura fascista ». Ve la servo come dessert,
a sparecchio, con un serafico fervorino di Giuseppe Roncalli, il
futuro « papa buono », che in
una lettera del 1941 si espresse così:
«In Italia si dice che
ora c'è poca libertà. Ma cosa avviene nei paesi dove trionfa la grande libertà? [...] Certo si ama dir male dell'Italia,
ma a torto. Ci sono degli arroganti fra noi; non
manca un poco d'esagerazione; ma
l'Italia come paese organizzato, rispettoso
della religione è ancora quello dove si sta
meglio. Il sistema
è buono e fa invidia a tutti » 3.
La merce ha un sigillo di
garanzia: Papa Giovanni è stato beatificato e non s'è mai visto un Beato che in
vita dicesse le bugie. La lettera è verace e merita un commento.
La « poca
libertà » è da riferire alla libertà di espressione
che era limitata non dalle norme, ma da certi zelantoni più
fascisti del Duce, gli « arroganti fra di noi ». Tanti
di loro alla caduta del Fascismo si 'pentirono' e
scesero in strada a manifestare
rumorosamente l'esultanza per la libertà recuperata. Non tutti: i più
compromessi, per la paura delle botte, si
eclissarono per un po', appena il tempo necessario per ricompattarsi, più
albagiosi che mai, nei partiti ‘democratici’ 4.
Da allora questi misirizzi, pasciuti
e quartati, non han fatto che stuccarci a
morte ripetendo in mille toni che in democrazia ognuno è libero di pensarla
come vuole. Ma certo! Beninteso, pagandone le conseguenze. Gedanke sind
zollfrei, dicono i tedeschi, ma i fiorentini dicon
meglio, con arguta compiutezza: « I
pensieri sono esenti da gabella, ma non da mannaia ». A
meno che non te li tieni dentro, solo per te.
Beh, si potrà
dire che il Fascismo ci lesinava la libertà di espressione; ma non
le altre libertà fondamentali. Al contrario, ce le garantiva, a cominciare dalla
libertà di circolare sicuri di giorno e di notte. Per
questo era definito « sistema buono » 5 da « fare
invidia a tutti », in una
Italia dove allora, sempre a detta del buon Roncalli, si stava
meglio che in altri paesi.
Non pochi
credono ancora, o fingono di credere, che i
rigattieri del mercato delle libertà gestite secondo le regole del bel vivere
democratico abbiano un minimo di buona fede, di onestà,
di competenza.
Questa credulità,
ingenua o simulata che sia, scaltrisce l'oppressore e lo rende più disinvolto
nel raggirare e vessare i 'cittadini', degradati a
sudditi senza dignità e a complici di una mostruosa autocrazia
senza volto. Occulta o manifesta, la Tirannide le inventa tutte. E
sa servirle così bene nel piatto che persino certe persone ‘di buonsenso’ le
trovan buone.
Ecco uno
stuzzichino un po' forte e di non facile digestione: il Potere deve esercitare « il
diritto di trascinare e schiacciare gli individui » in
quanto condizione indispensabile alla Storia per fare il suo corso. Di questo
era convinto Benedetto Croce prima di purgarsi della infatuazione marxista,
di quella peste di fine millennio da cui nessuno di noi può vantarsi di non
essere stato contagiato o almeno sfiorato.
L'anestetico d'una libertà aperta a 360
gradi, che nega se
stessa e fabbrica schiavi mansueti 6,
consente al tiranno di affermarsi, di « trascinare
e schiacciare ». L'esercizio di questo scellerato diritto è
sì indispensabile: non certo alla dinamica della Storia – soggetta
a corsi e ricorsi di ben altra natura – ma alla
imposizione della tirannide suprema, pure senza volto, che è
tutt'una con la Piovra mondialistica.
« In questo
clima di libertà, nel nome di essa, non v'è più riguardo
né rispetto per nessuno. In questa licenza nasce e si sviluppa una
mala pianta: la Tirannide».
Platone
N o t e
3 [Dalla
recente edizione integrale dell'Epistolario di Papa Roncalli (contenente
anche le lettere epurate da Mons. Capovilla, vedi oltre,
pg. 158, nota 20). Il brano è
ripreso da Umberto Scaroni, Scriveva il futuro Papa buono..., « Nuovo
Fronte », XXX, n° 204 (Trieste,
ottobre 2000), 2. – SV].
4 [Ravveduti, redenti
e riciclati, i voltagabbana infierirono sui fascisti coerenti scampati alle radiose
giornate partigiane e stesero il bianchetto sul loro passato. Ricordo un fregno
buffo della GIL che mi fece un solenne cazziatone perché dicevo 'compagno' invece di 'camerata'. Lo
ricordo tutto nero e lustro, dall'impeccabile camicia nera di seta agli stivali di copale eternamente calzati
(un lepido cadetto pisano sussurrava: « Vello là
'un se li leva manco vando s’accoppia co la ganza... »).
Bene: lo rividi nel '47 in principe di galles con un distintivo
del Pci che pareva un coperchio da forno. « Heri dicebamus... –
gli dissi papale – Ho memoria d'elefante: le preciso che nella GIL mi
garbava dire 'compagno' perché il termine piaceva a Gabriele D'Annunzio. Ma
ora che piace a lei non mi garba più ». Inghiottì e,
dopo breve concentrazione, con spocchioso distacco farfugliò: « Elefante...
la GIL... D'Annunzio... garba... non garba...
Oh che discorsi mi fa! Ma è
matto? ». Replicai
con una risata, per l'appunto, da matto
e andai con Dio. – SV].
[C'è ben
di peggio. Apprendo oggi che un antifascista di ferro, il
quale impartisce in TV lezioni di democrazia e di moralità, alla domanda de
« la Repubblica » se non teme
le conseguenze di « essere schierato a sinistra »
ha risposto, intrepido: « Io non
temo niente. Ho ottant'anni. Ho avuto a che fare con Hitler e Mussolini,
figuriamoci se mi preoccupa Berlusconi ». Per quanto ne sappiamo,
nel gennaio '44, questa poco plutarchesca figura ebbe « a
che fare » con un assegno nazifascista di lire
3000 (equivalenti a non so quanti milioncini di adesso) elargitogli dal Ministro
Mezzasoma della RSI tramite il direttore del Resto del Carlino, Giorgio
Pini. Mezzasoma fu poi fucilato dai partigiani, usciti eroicamente allo
scoperto il 25 aprile '45; a Pini, un mese dopo, assassinarono
il figlio diciassettenne Giovanni del quale fu dispersa la salma. Il
beneficiario dell’assegno, invece, ha salvato la preziosa ghirba e, da dritto,
taglia il traguardo degli ottanta dopo aver preso di qua e di là. Come dicono
i veneti: L’à ciapà la mussa e i trénta schèi, l'asina e i trenta soldi
(trenta, come i sicli di Giuda). La morale? è qui, in calce alla
pagina. – S. V., 2 giugno 2001].
5 [Di quanto
l'Italia debba al « sistema buono » è accenno
nella conclusione del capitolo Popoletti alla riscossa a pg. 37
e nel capitolino La Massa a pg. 103 – SV].
6 Verso la
metà del '500 i lombardi soggetti alla Spagna-spugna eran diventati servi
esemplari « di natura quieta, dediti ai piaceri, desiderosi delle
comodità ». Il
testuale è riferito dall'ambasciatore veneziano Girolamo Soranzo. – In
argomento: Francesco Mutinelli, Corrispondenze dei veneti ambasciatori, Venezia
1858, 58.
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