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Craxi. L'ultimo statista italiano di Francesco Carlesi |
Fa
un certo effetto leggere i quotidiani di questi ultimi giorni o
ascoltare i radio giornali per constatare come il ministro Alfano, al
consiglio europeo, abbia lamentato il completo abbandono in cui
l'Italia è lasciata alle prese con le sempre più incessanti ondate
migratorie provenienti dall'Africa. Ed altrettanto sentire il
Presidente della Repubblica parlare di “strategia verso il
Mediterraneo” durante la cerimonia della Nato,
appellandosi tanto all'Alleanza quanto all'Unione Europea e ad altre
Organizzazioni Internazionali affinché non abbandonino la nostra
Nazione di fronte a questo ingente problema. Quasi non si crede alle
proprie orecchie o si dubita fortemente di aver letto bene; magari
c'è bisogno di un nuovo paio di occhiali? Invece no. Di colpo i
nostri governanti sembrano accorgersi di un problema oramai
dilagante, teso ad espandersi a macchia d'olio e capace di
sconvolgere gli equilibri di un intero continente, forse per sempre.
Si potrebbe affermare, usando un'espressione tratta dal mondo
contadino, caratterizzato da forte senso pratico, che: «
È inutile chiuder la
stalla quando il miccio (asino)
è scappato ».
Eppure ventiquattro anni or sono qualcuno in parlamento ebbe il
coraggio di dire: « Un'Europa
capace di una vera politica estera e di una più larga apertura verso
il mondo più povero che preme alle porte dell'Europa e che ha
assolutamente bisogno di un acceleratore che gli consenta di uscire
dalla depressione, dalla stagnazione e dal sottosviluppo, senza di
che le ondate migratorie diventeranno sempre più incontrollabili. ».
Quel “Signor
qualcuno” rispondeva al nome di
Bettino Craxi e pronunciò tale discorso di fronte alla camera dei
deputati il 3 luglio 1992, nel pieno dello scandalo di tangentopoli,
ormai
pronto a travolgere nell'arco
di pochi mesi quella che passerà alla storia come Prima Repubblica.
Ed è proprio de “l'ultimo
statista italiano”, come
recita il sottotitolo del libro, che tratta il
recente saggio di Francesco
Carlesi, edito dai ragazzi del Circolo Proudhon, legati
al quotidiano online
L'Intellettuale Dissidente, prolifica
fucina di giovani penne gagliarde. Inserito
nella collana Tascabili,
è un libro di appena 133 pagine in cui Carlesi, con lo stile chiaro
ed armonioso che lo
contraddistingue, traccia una
sintesi lucida e pregnante
del profilo storico, politico ed
umano di Bettino Craxi, partendo
da un doveroso excursus biografico per
suddividere
poi il libro in tre macro capitoli così esposti:
le radici culturali, la politica estera e la politica interna,
garantendo
in tal modo
al lettore una visione
a 360 gradi
del politico milanese. Chiudono il
libro tre preziose appendici a firma di Craxi stesso: Il
vangelo socialista
del 1978, Sigonella: il
caso “Achille Lauro” del
1985 e il famigerato Discorso
alla camera dei Deputati del 3 luglio 1992,
utili a comprendere lo
spessore
culturale
e diplomatico
del personaggio, su
cui
Carlesi,
in chiusura del libro, rivolge ai lettori una domanda retorica: « Ce
lo vedete qualche leader o uomo politico della Seconda Repubblica
tenere lezioni su Garibaldi o sfidare diplomaticamente il Presidente
degli Stati Uniti? ». Inutile
dire che conosciamo tutti la palese
risposta.
Il
presente
saggio
ha dunque il grande merito di riaccendere l'attenzione su un
protagonista della nostra storia che,
tra luci ed ombre, è stato capace
di avere una visione non
soltanto amplia e attenta agli scenari internazionali, ma anche
lungimirante
e
soprattutto ambiziosa per
l'Italia (lui
si che aveva una strategia
verso il Mediterraneo).
Enorme
merito di Craxi inoltre
non
fu
solo
quello di ribadire
l'importanza strategica della nostra Nazione, ponte
ideale tra il Medioriente e l'Europa continentale, mediatrice di
controversie e
nuovo
spiraglio di proficue alleanze con l'emergente mondo arabo, ma in
particolar modo di averla fatta valere sullo scenario mondiale come
rampante potenza industriale, capace di attestarsi tra le prime
cinque nazioni del globo sul finire
degli anni '80. Il tutto condito da un'attenta politica culturale,
volta a riscoprire le radici risorgimentali
del Socialismo e
l'importanza
dell'Unità nazionale,
di contro al predominio culturale
marxista
capace di fagocitare in
passato
non solo il partito di Craxi, ma l'intera cultura italiana del
dopoguerra.
Per
concludere è giusto evidenziare una volta di più come, personaggi
appartenenti alla Prima
Repubblica e di chiara matrice antifascista - Craxi stesso, Mattei o
altri - vengano
per lo più ricordati e valorizzati oggi, salvo rari casi, da storici
e scrittori di opposta provenienza politica. È
vero, questi
uomini
si fecero portavoce di una visione nazionale
riconoscendo
l'importanza della Sovranità politica,
economica e sociale nella vita di uno Stato, così come sostenuto,
magari con diverse sfumature,
da chi si rifà
ad un'altra
area
politica. Ma
ciò dimostra soprattutto,
anzi
ne
è
segno
tangibile, quanto la sbandierata attenzione verso l'altro e l'onestà
intellettuale non alberghino presso chi di tali parole si riempe
soltanto
la
bocca, sputando
poi
sentenze con
la tracotante certezza di un
novello Mosè, ma
bensì
presso coloro i quali
sanno
vedere oltre la cortina di fumo gettataci per anni sugli occhi. Ciò
significa superare la dicotomia destra/sinistra e riconoscere, oltre
le fedi politiche, ciò che ci rende figli di una stessa Terra e di
una stessa Storia.
Ho
in comune con Carlesi
la giovane età, ricordata
con
affetto per l'autore
da Stefania Craxi nell'introduzione al libro da
lei curata,
e
la
mia infanzia è figlia della stessa atmosfera
forcaiola di quei primi anni novanta, dei
lungi processi in diretta televisiva, degli
scandali e dei
gridi di giubilo di molte persone convinte che fosse l'inizio di
un'epoca nuova.
“Craxi.
L'ultimo statista italiano”
sgombra
dalla memoria le illusorie impressioni di quei momenti, ponendoci di
fronte ad una
prospettiva diversa,
volta a ricordare
come dietro al macabro
spettacolo di
quei giorni si celasse
ben altra realtà, di
cui paghiamo e pagheremo ancora
le
più tristi conseguenze se
non sapremo trarre il giusto insegnamento dalla Storia.
Sandro
Righini
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