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lunedì 4 novembre 2013

CESARE BATTISTI E IL CONFINE AL BRENNERO - I sentimenti della vedova


I sentimenti della Vedova
di Ferruccio Bravi





Come il Martire, la vedova Ernesta Bittanti anteponeva l’Italia alla passione politica. Ricordo che, una decina d’anni prima della mia breve disputa con la figlia Livia, mi aveva inviato poche righe per ringraziarmi di averla divertita con certi epigrammi vignettati che avevo diffuso a Trento in occasione della prematura erezione dello sconcio suppositorio ivi innalzato al ‘trentino prestato all’Italia’. Aveva apprezzato la vignetta in cui Dante, “l’eterno esule”, scendeva crucciato con una valigetta ventiquattrore dal piedistallo del suo Monumento brontolando un’invettiva contro i trentini: «Se preferite a me il democristiano / faccio fagotto e me ne vo’ a Bolzano ». In particolare le era piaciuta la ‘sfumatura lirica’ d’una quartina su ‘el ròcol del pôr Cesar’1:

Quando imbruna, sul Doss Trento
scende un angelo dal cielo
e, pietoso, stende un velo
sopra l’altro monumento.

Nel breve scritto della Vedova traspariva grande attaccamento alla memoria di Cesare e sublime amor di Patria. Dalla voragine cartacea che lo ha inghiottito irrimediabilmente è emerso però un testo di valore storico: il testo d’una lettera datata Laurana, Capodanno 1921, sei giorni dopo il Natale di Sangue. Ernesta era lì, ad una ventina di chilometri da Fiume, dove fra i legionari si trovava il giovanissimo Gigino, il figlio che il Martire avrebbe voluto al suo fianco «presso la Vetta d’Italia » se il germanesimo prostrato avesse rialzato il capo. Affranta per la tragedia della Città Olocausta, così scriveva fra l’altro alla sua cara amica fiumana, Gigetta Gigante, sorella del podestà Riccardo:
«Io da qui ho assistito alla tragedia. Lei che sa con quante lagrime io avessi in precedenza pianto su questi eventi – non so se più tragici in o deprecabili nelle loro remote cause – immagina come l’angoscia mia fosse straziante. Né il mio cuore di donna sia meno straziato del mio cuore di cittadina, che tra quelle mura ove si abbatteva il cannone e crepitavano le mitragliatrici c’era mio figlio.
L’angoscia di Fiume, l’angoscia d’Italia l’ho sentita tutta nel mio cuore. Ma quanto più si soffre, più s’ama. E mi sembra di amare Fiume di sentire il palpito dell’Adriatico assai più di prima. Spero e credo che anche in loro, Fiumani, il dolore per la grave offesa offuscherà la visione dell’Italia, realtà superiore e sopravvivente ad ogni governo, non troncherà l’indomito amore con cui essi l’hanno invocata, non diminuirà la forza di resistenza ora più che mai necessaria.
All’indomani della vittoria di Vittorio Veneto fu l’ebrezza, fu l’improvviso mancare della necessità dello sforzo, fu l’affacciarsi di enormi problemi di ricostruzione, che fecero immemori i più dell’esistenza di un antico nemico interno e disaccorti delle sue insidie. Da quel giorno si iniziò la lotta che ha culminato nella tragedia di Fiume. Ebbene io mi augurò che il dolore recente faccia più saggi della gioia di allora. Che, vincendo i tumultuosi sentimen-ti dell’ora, l’animo dei fiumani riabbia quella calma coraggiosa che è essenzialmente necessaria alla calma visione delle necessità presenti e future, onde non vada totalmente smarrito il frutto di due anni di splendente eroismo. Con essa soltanto e con tenace paziente resistenza, l’animo dei fiumani, così temprato dalla lotta, saprà vincere le innumerevoli insidie, che certo in quest’ora si avvolgeranno intorno a loro… » 2.
Diagnosi ineccepibile del male, in questa lucida esternazione; ma nessuna terapia vi è esplicitamente accennata. Qualche anno dopo quel buio 1921 un compagno di Battisti, da cui certi socialisti non hanno appreso nulla, diraderà le nubi addensate su quella «realtà superiore e sopravvivente ad ogni governo » che si chiama ITALIA, fissandone saldamente i limiti al «Brennero e al Quarnaro » come era nei voti del Martire trentino.


1 Definizione, più affettuosa che irriverente, affibbiata dai trentini al Mausoleo di Cesare Battisti che per la sua forma richiama l’immagine del roccolo da uccellagione.

2 da «la Voce di Fiume », marzo 1991, n° 3, pg. 5.



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