Dopo
il nostro primo articolo riguardante l'agricoltura nazionale (L'ultima ruota del carro: l'Agricoltura italiana), in cui
abbiamo esaminato le varie problematiche che la riguardano,
proseguiamo il nostro “percorso agrario” pubblicando
un'intervista ad un giovane agricoltore locale, con l'obbiettivo non
solo di approfondire il discorso intrapreso, ma anche di dar voce ad
un vivo protagonista del settore. Un'intervista importante, dove si
racconta e si mostra il volto reale del nostro comparto agricolo
attraverso gli occhi di un suo protagonista, la cui attività spazia
dalla coltivazione orto-frutticola, all'allevamento di bestiame da
carne, toccando quasi a 360 gradi le varie branche del settore
primario. Non, come ci è recentemente capitato di leggere, di un
filologo-contadino (Niccolò, contadino e filologo) che porta avanti l'azienda ereditata dal padre tra
una lezione universitaria e l'altra, leggendo passi di Virgilio e
beandosi del solerte aiuto di manodopera sub-sahariana. Qui non si
parla di agriturismi, di agricoltura sociale per anime belle, né di
particolarità gastronomiche, ma della dura realtà dei coltivatori
diretti. E lo si fa con parole semplici, ma che pesano e incidono,
costringendo tutti quanti ad un amara, ma necessaria, riflessione su
di un mondo sommerso che non vuole, non deve, scomparire.
Gruppo
di Studio AVSER
INTERVISTA RURALE
LA VOCE DI UN AGRICOLTORE
1)
Per prima cosa vorremmo chiederti di presentarci brevemente la vostra
azienda?
Siamo
un piccola azienda agricola. Gestiamo 13 ettari, di cui 2 ettari di
proprietà e gli altri in affitto. Nei terreni di proprietà
coltiviamo ortaggi, sia in pieno campo che in serre/tunnel, abbiamo
un piccolo frutteto, alcune arnie da cui ricaviamo una piccola
produzione di miele e la nuova stalla dove vengono allevati vitelli
da ingrasso e maiali. Alleviamo anche animali di bassa corte come
polli e conigli. Negli ettari in affitto coltiviamo invece foraggi e
cereali per l'alimentazione del bestiame. Titolare dell'azienda
agricola è mio padre, come coltivatore diretto, mentre io e mio
fratello siamo coadiuvanti familiari.
2)
Attraverso quali canali vendete i prodotti dell'azienda?
Abbiamo
un piccolo spaccio aziendale in cui effettuiamo la vendita diretta
dei nostri prodotti orto-frutticoli, della carne e degli insaccati.
Diciamo che è il nostro principale canale di distribuzione, su cui
abbiamo puntato molto perché ci garantisce un miglior margine di
guadagno. Serviamo anche il vicino mercato orto-frutticolo di Lido di
Camaiore (prov. di Lucca) ed un grossista che lavora per la grande
distribuzione organizzata. Due canali che ci servono per evitare
rimanenze o smistare eccedenze di produzione e di cui usufruiamo
soltanto per il reparto orto-frutticolo.
3)
Sappiamo che avete fatto alcuni ampliamenti interni, tra cui
l'edificazione della nuova stalla per bovini e suini di cui ci
parlavi poco prima. Quali e quante sono state le difficoltà
incontrate per intraprendere i lavori?
L'idea
della nuova stalla è nata a dicembre 2015. Più che altro per
rinnovare i ricoveri degli animali, oramai vecchi e scomodi. Le
difficoltà sono iniziate subito. Dopo la prima visita in comune per
richiedere cosa fosse necessario secondo il piano regolatore per
l'avviamento del progetto, sono passati più di due mesi di totale
silenzio da parte delle amministrazioni. Allora il nostro geometra si
è informato autonomamente presso il P.R.G.C. ed ha poi presentato in
via informale un disegno del progetto. Ancora un altro mese di
silenzio e a marzo il geometra ha inviato agli uffici preposti il
progetto ufficiale. Altri due mesi di silenzio. E siamo già a maggio
inoltrato. Quindi passati i sessanta giorni dalle presentazione del
progetto questo viene approvato per tacito assenso. Il geometra va
così a colloquio con i tecnici del comune, ma dopo poco tempo
riceviamo una lettera che c'informa che il progetto non è
realizzabile. Il motivo del rifiuto dipendeva dal parere del
responsabile dell'ufficio tecnico, secondo cui il piano regolatore
nella parte generale prevedeva che la realizzazione dei fabbricati
rurali dovesse seguire alcune norme che non erano riportate nella
parte specifica del piano per le sotto zone, in cui il territorio
comunale è suddiviso. Per i tecnici e il nostro geometra invece il
problema non c'era. Per risolvere la questione è stato necessario
chiedere il parere di chi aveva scritto il piano regolatore. Dopo
circa un mese arriva finalmente il parere positivo. Ma non è ancora
possibile dare avvio ai lavori. Ci siamo ritrovati costretti a
sollecitare conoscenze all'interno del comune per arrivare ad una
conclusione che, tra il caldo e le ferie, è arrivata ad agosto
inoltrato. Passati più di otto mesi abbiamo potuto finalmente dare
avvio ai lavori di costruzione. Ma per trovare un giusto
coordinamento tra muratori, ingeneri, fabbri etc etc il lavoro si è
dilungato oltre. Soltanto poco prima del natale 2016 siamo riusciti a
concludere la stalla.
4)
Per quale motivo avete usufruito degli incentivi messi
a disposizione dal piano di sviluppo rurale (P.S.R.)?
Abbiamo
scelto di non usufruire di piani di miglioramento aziendali o
contributi vari per alcuni motivi. Per prima cosa i bovini avrebbero
dovuto occupare almeno il 30% del reddito aziendale. Ma essendo la
nostra un'azienda agricola multifunzionale, in cui le colture
orticole prevalgono, questo non sarebbe stato possibile. Il sindacato
ci consigliò allora di dividere l'azienda: una esclusivamente
zootecnica, l'altra orto-frutticola. Questo ci avrebbe permesso di
usufruire dei contributi, creando però altri notevoli problemi. Per
esempio lo spaccio aziendale avrebbe dovuto esser intestato ad una
delle due aziende. L'altra azienda sarebbe stata così obbligata a
fatturare i suoi prodotti a quella con lo spaccio per poterli vendere
al pubblico. Questo avrebbe generato un'enorme complicazione interna,
senza contare che avremmo dovuto tenere una doppia amministrazione
contabile e altro ancora. Ma quello che ci ha frenato di più è
il fatto di essere troppo vincolati. Avremmo dovuto mantenere gli
standard richiesti per almeno 5 anni; non solo allevare bovini senza
poter cambiare produzione ma anche aumentarne il numero. Sarebbe
stato un rischio troppo grande per una piccola azienda. Avremmo
inoltre dovuto rispettare una tabella di marcia per la realizzazione
dei miglioramenti fondiari, ma anche qui il rischio era alto vista la
velocità di rilascio di permessi e autorizzazioni. Rischiavamo di
vederci sospendere il finanziamento alla prima infrazione e di
metterci nei guai con le banche visto che sono loro che li erogano. È
il solito modo di far lavorare le banche e la finanza sulle nostre
spalle e di metterti nella condizione in cui, in sostanza, non sei
più il direttore della tua azienda.
5)
A vostro parere, quali sono i fattori che rallentano e rendono più
difficoltoso lo svolgimento della vostra attività?
Sicuramente
l'incompetenza. E parlo sia di chi fa le leggi che di chi controlla
che vengano rispettate. Le norme sono troppo interpretabili. Gli
organi di controllo da una provincia all'altra fanno applicare in
modo diverso le stesse leggi e addirittura all'interno degli organi
stessi vi sono persone che le interpretano, tante volte, in modo
soggettivo. Senza contare che la tendenza è quella di obbligare il
cittadino a farsi carico di compiti che prima erano di competenza
degli enti pubblici. E questa non è responsabilizzazione, ma un
altro carico sulle nostre spalle. Un peso che porta via tempo e
concentrazione a discapito del nostro lavoro. Per un'azienda come la
nostra i piani di autocontrollo, i quaderni di campagna, i registri
di carico e scarico, i moduli del bestiame e del macello... ci
caricano di responsabilità senza poi ottenere nessun vantaggio. Alla
fine ci ritroviamo a compilare una marea di fogli, a cercare di far
quadrare il tutto a tavolino per evitare sanzioni e per accontentare
chi ci controlla, invece di curare le coltivazioni o il bestiame.
Perché purtroppo la realtà è che se vuoi rispettare tutte le
regole imposte, finisci per non lavorare, tanto in agricoltura quanto
nelle altre realtà lavorative. Secondo me l'incompetenza,
l'eccessiva burocrazia e gli eccessivi oneri a carico di chi lavora
sono il cancro del nostro sistema produttivo.
6)
Si parla tanto dei giovani in agricoltura. Tu che fai parte di questa
categoria consiglieresti ad un tuo coetaneo d'intraprendere la vita
dell'agricoltore?
Partendo
dal niente no. Se non hai una solida base economica o un'attività
già strutturata è veramente difficile intraprendere la vita
dell'agricoltore, visti anche e soprattutto i risicati margini di
guadagno. Senza contare, come dicevo, di tutte le responsabilità che
ricadono su di noi e specialmente per chi lavora nel settore
dell'alimentazione umana. Poi bisogna tener conto che se non hai una
innata passione e non sei disposto a lavorare dalla mattina alla
sera, senza domeniche, senza straordinari, senza ferie, è difficile
riuscire ad ottenere qualche risultato. L'agricoltura non è per
tutti e richiede una certa capacità imprenditoriale, attenzione
nelle spese, negli investimenti, soprattutto oggi con il mercato che
cambia così velocemente e una dedizione ed uno spirito di sacrificio
non comuni.
7)
Secondo il tuo punto di vista cosa andrebbe cambiato per ridare
slancio all'agricoltura italiana?
Per
prima cosa lasciarci lavorare. Il nostro lavoro richiede tempo e
cure. Non possiamo perderci troppo dietro valanghe di scartoffie. È
giusto che il consumatore sia tutelato, ma a questo dovrebbero
pensare lo stato e gli enti preposti. Questo carico non può gravare
troppo sull'agricoltore. Poi non è solo un fatto di tempo ma anche
di costi: analisi, controlli, consulenze, precauzioni incidono sulle
spese. Senza contare che il mercato comunitario ci ha letteralmente
ammazzato: è un'assurdità che all'interno della stessa comunità
europea ci si faccia una simile concorrenza sleale. Com'è possibile
che bovini da ingrasso comprati in Francia, allevati in Spagna e
macellati in Italia costino meno di quelli nati, allevati e macellati
in Italia? Sarebbe necessaria una migliore regolamentazione del
mercato comunitario e una più forte presa di posizione da parte del
nostro governo per tutelare gli interessi italiani. In Francia,
viaggiando, ho visto una realtà agricola molto simile a quella
italiana di qualche decennio fa, fatta di piccole aziende che
allevano anche pochi capi di bestiame, quasi a livello amatoriale e
che tuttavia riescono ad ottenere pur sempre dei margini di guadagno.
Ed è ancora possibile incontrare le figure dei mediatori che hanno a
cuore la tutela del mercato interno, i quali si guardano bene
dall'abbassare troppo i prezzi, non solo per non rovinare così la
propria clientela, ma un intero indotto economico.
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