Un
tempo, e mi riferisco ad un epoca compresa tra la fine del XIX°
secolo e gli anni '70 del secolo scorso, erano quattro le autorevoli
figure di cui non si poteva fare a meno in paese durante le grandi
occasioni, fossero esse matrimoni, inaugurazioni, feste o sagre: il
sindaco, il prete, il maresciallo e l'agente del locale Consorzio
Agrario. Inutile dire che tutti sanno bene perché le prime tre
figure non potessero assolutamente mancare. Si resta invece perplessi
riguardo la quarta, che forse nemmeno si conosce. Eppure, quando i
paesi e le cittadine di provincia erano ancora vive comunità rurali
e non semplici ed anonimi luoghi residenziali, la figura dell'agente
del Consorzio Agrario rappresentava qualcosa di più che un semplice
negoziante.
Esistono
diversi libri sul ruolo svolto dai vari Consorzi Agrari italiani e
dalla sua potente federazione – la Federconsorzi - nella storia
dell'agricoltura nazionale. Libri in cui si evidenzia l'importanza
del loro operato per il progresso delle tecniche agronomiche, il
ruolo fondamentale svolto per lunghi anni nella politica degli
ammassi del grano, il lavoro di promozione dei più moderni
macchinari agricoli, gli stretti legami con la politica, l'apertura
al credito agrario e molto altro ancora. Libri che s'incentrano per
lo più sul ruolo della struttura consortile e sui quadri dirigenti
che ne hanno determinato, nel bene o nel male, il cammino. Nessuno di
essi si è però mai soffermato più di tanto sul motore vivo,
territoriale ed umano dei Consorzi Agrari: i suoi Agenti. Bisogna
fare una breve premessa, onde spiegare meglio ai nostri lettori di
cosa e di chi stiamo parlando. I Consorzi Agrari sono oggi società
cooperative a responsabilità limitata, per lo più strutturati in
ambiti territoriali provinciali – un tempo in realtà anche più
piccole, a cui il Fascismo pose termine nel 1939 raggruppandoli su
base provinciale – , interprovinciali e ultimamente anche su base
regionale e interregionale. Essendo strutturati in forma cooperativa
i soci-agricoltori formano un consiglio di amministrazione e sono
suddivisi in un Presidente, uno o più Vice-Presidenti, un consiglio
dei soci, i Sindaci effettivi, i Sindaci supplenti e i Probiviri. Poi
viene tutto il reparto amministrativo – Direttore, uffici
commerciali, uffici contabili, segreteria etc etc – formato da
personale dipendente. Infine, quelli che potremmo definire come le
“vacche da latte” di tutta la struttura: gli Agenti. La
loro figura professionale s'inserisce appieno nella categoria degli
agenti e rappresentanti di commercio. Come questi sostengono un corso
di formazione con relativo esame, a conclusione del quale viene loro
rilasciato un attestato valido a vita per l'esercizio dell'attività
professionale. Sono dunque iscritti alla camera di commercio, hanno
una propria partita IVA, emettono fatture per le provvigioni loro
spettanti e come ogni buon rappresentante versano i propri contributi
tanto all'INPS - personalmente - quanto all'ENASARCO (Ente Nazionale
di Assistenza per gli Agenti e Rappresentanti di Commercio) secondo
un'aliquota contributiva sulle provvigioni maturate, per metà a
carico dell'agente, con una detrazione sull'imponibile provvigionale
e per metà della casa mandante. Tale formula contrattuale, esistente
diciamo fin da principio, fu probabilmente scelta per due semplici
motivi: il primo di natura economica, giacché un agente non costava
e non costa, soprattutto adesso, all'azienda quanto un dipendente; il
secondo perché tale inquadramento contrattuale implica per l'agente
un impegno, una dedizione, un attaccamento e una partecipazione al
proprio lavoro molto superiore a quanto potrebbe, in teoria, avere un
dipendente. L'agente/rappresentante con deposito svolge dunque un
lavoro in forma autonoma e indipendente, ma nell'osservanza delle
istruzioni e delle regole impartite dal proprio Consorzio, cercando
di mettere in pratica uno stretto spirito di collaborazione con la
casa mandante. Suo obbligo ed incarico è quello di custodire con la
cura del buon padre di famiglia le merci e i prodotti del Consorzio e
promuovere e concludere affari per esso in una determinata zona,
ultimando l'esecuzione delle vendite concluse con la consegna ai
clienti. L'acquisto della merce, gli affitti dei locali (qual ora non
siano di proprietà del Consorzio), il pagamento delle bollette
(salvo una quota spettante all'agente sulle utenze telefoniche), le
assicurazioni di tutto quanto sia proprietà del Consorzio e tutto
quello che riguarda la cassa contabile e i terminali informatici per
la gestione del deposito, sono spese a carico dell'azienda
preponente. L'agente deve provvedere invece, come dicevamo,
all'organizzazione dei magazzini di deposito e vendita a sua
disposizione secondo le norme di legge e sono a suo carico tutte le
spese connesse alla custodia e alla corretta conservazione delle
merci. Suoi anche i mezzi di trasporto – solitamente furgoni e
camion –, i mezzi di scarico (carrello elevatore) e di
movimentazione della merce in magazzino (traspallet manuali o
elettrici). I punti vendita sono dunque gestiti da
agenti/rappresentanti, il cui guadagno consiste in percentuali, varie
a seconda del gruppo merceologico, maturate sugli incassi (non sul
fatturato) e che quindi hanno tutto l'interesse ad occuparsi non solo
della vendita fine a sé stessa, ma anche della riscossione.
La
prima differenza che intercorre però tra un agente di commercio come
siamo normalmente abituati a pensarlo ed uno dei Consorzi Agrari è
che quest'ultimo, salvo alcuni casi, è custode di un deposito merci.
Se per un normale rappresentate il pane quotidiano sono la macchina e
l'autostrada, per quello di un Consorzio Agrario è il magazzino o,
meglio, l'Agenzia. Questa è davvero la sua seconda casa, se non a
volte addirittura la prima (laddove i locali del consorzio dispongono
di un appartamento limitrofo o soprastante il magazzino, sono
frequenti i casi di agenti che li abitano). Da una parte abbiamo
quindi la continua mobilità; dall'altra un punto fisso, una base da
cui partire e a cui fare ritorno. L'agente/rappresentante di un
Consorzio Agrario promuove e conclude affari come ogni altro
rappresentante e deve quindi cercare i clienti nel suo ambito
territoriale, muoversi, essere dinamico; ma al contempo può anche
accoglierli, richiamarli in un punto di raccolta ed incontro.
L'agenzia è qualcosa di più che un semplice negozio: è un piccolo
microcosmo di uomini e merci, un terreno di battaglia, di liti, di
infinite discussioni, di amicizie vere e profonde. Sui loro piazzali,
dentro quelle stanze, tra l'odore dei mangimi e i bancali dei
fertilizzanti, sono state scritte alcune delle fondamentali pagine
della moderna agricoltura nazionale. Non dobbiamo dimenticare che
l'Unità d'Italia pose la Nazione di fronte ad una drammatica verità:
secoli e secoli di divisioni avevano creato non solo un divario
enorme tra le diverse realtà agricole della penisola, ma addirittura
una differenza abissale tra l'una e l'altra. Il quadro presentava
poche eccezioni positive e tanta arretratezza. In molte regioni
l'agricoltura si era fermata non dico al basso, ma all'alto medioevo,
dove i contadini conducevano una vita miserabile, denutriti,
analfabeti, vessati e sottomessi. Solo a partire dalla fine del XIX°
secolo, nello sforzo di superare e vincere la terribile crisi agraria
che attanagliò l'Europa intera, si prese a spingere verso un
progressivo ammodernamento dell'agricoltura italiana. Uno sforzo in
cui molto si deve all'opera di uomini lungimiranti, che nonostante le
enormi difficoltà dell'epoca ed uno Stato italiano ancora giovane,
alle prese con tante problematiche da risolvere e spesso restio ad
intervenire in campo economico, seppero prender spunto dalle
esperienze estere e tradurle in maniera originale in Patria. Questa
borghesia agraria, animata da spirito imprenditoriale, ma dotata
anche di una certa sensibilità verso le problematiche delle masse
rurali, diede vita ai primi progetti di associazionismo, di credito
agrario e soprattutto di propaganda tecnica nelle campagne. Se le
Accademia Agrarie – la più famosa quella dei Georgofili di Firenze
- furono per lo più cenacoli aristocratici di studio un po'
autoreferenziali, le Cattedre Ambulanti, che nacquero in seno a
questa borghesia attiva, invece fecero tanto per promulgare in campo
le nuove e scientifiche tecniche di coltivazione tra i ceti rurali.
Le Cattedre furono per lo più patrocinate dai Comizi Agrari, fondati
con decreto governativo nel 1866 allo scopo di individuare idonee
forme di sviluppo per le diverse realtà agricole italiane. Seppur
meno efficaci, i Comizi Agrari più intraprendenti e fattivi diedero
vita ai primi esperimenti di acquisti collettivi e sono definibili
come una sorta di progenitori dei Consorzi Agrari. Ma poco si sarebbe
potuto fare se questi ultimi, sempre più numerosi ed operativi sul
finire del secolo, grazie alla creazione della Federconsorzi –
avvenuta a Piacenza il 10 aprile del 1892 – e alla sua spinta
propulsiva, non si fossero espansi come una macchia d'olio a livello
nazionale, saldando in un unico corpo i tre capisaldi del progresso
agricolo nazionale: credito, commercio e tecnica. Come dicevamo, è
proprio all'interno dei Consorzi Agrari, così capillari e radicati
sul territorio, presenti fino ad una trentina d'anni fa anche nei più
sperduti comuni d'Italia, che i nostri agricoltori sono finalmente
usciti dal loro alto medioevo ed hanno intrapreso una nuova strada.
Sono gli agenti dei Consorzi Agrari ad averli cercati in campagna ed
accolti tra le mura dell'agenzia, radunandoli per riunioni tecniche -
come nella migliore tradizione delle mitiche cattedre ambulanti – o
per presentare nuovi e più efficaci mezzi di produzione. Sono sempre
gli agenti ad essersi fatti carico dei problemi degli agricoltori,
fungendo più di una volta da diaframma tra l'amministrazione e la
clientela, spesso e volentieri prendendo le difese di quest'ultima,
fosse per prolungare un credito o trovare un giusto prezzo alla
merce. Sempre loro, negli anni del boom economico, hanno introdotto
nelle case contadine i primi elettrodomestici – frigoriferi,
televisori, lavatrici –, portando così una ventata di modernità
in un universo per troppi secoli immoto ed isolato. I Consorzi Agrari
hanno rappresentato il fulcro attorno a cui è ruotato
l'ammodernamento agricolo italiano e gli agenti le figure mercuriali,
imprescindibili punti di comunicazione tra l'azienda e il territorio
fisico e umano in cui essa opera, attraverso le quali promuoverlo e
attuarlo.
Le cattedre ambulanti. Il progresso agronomico incontra le masse contadine italiane |
L'attività
svolta dagli agenti è stata ed è tutt'oggi a dir poco intensa,
passando dalla gestione del magazzino, alla promozione e conclusione
dei contratti; dalla contabilità, alle consegne nelle aziende;
dall'assistenza ai clienti, al facchinaggio. Gli agenti sono il
motore sempre accesso e pulsante della struttura e vivono a 360 gradi
il mondo agricolo in cui operano. Spesso e volentieri sono essi
stessi agricoltori o figli di agricoltori e quindi sanno bene cosa
vuol dire sporcarsi le mani e lavorare duro, non mancando mai di
assistere i propri clienti anche negli orari più assurdi - la
domenica, nei giorni di festa - offrendo così un servizio
impagabile, ligi al più puro spirito che diede vita ai Consorzi
Agrari: la cooperazione attiva verso tutti i produttori agricoli. E
per questo venivano e vengono ascoltati, seguiti e ripagati con stima
e affetto dagli agricoltori. Sia chiaro: non mancano e non sono mai
mancati elementi smaliziati e furbi, sempre pronti a fare i giochi
sporchi, anche a discapito dei propri colleghi. Questo rientra
nell'animo del commercio e nell'indole, nel carattere di chi lo
esercita. Ma nella maggior parte dei casi gli agenti sanno di non
dover tirare troppo la corda, perché hanno a che fare con una
clientela tutta particolare - conservatrice, cocciuta e sospettosa -
con cui trattare è spesso e volentieri una vera e propria arte, in
cui è necessario sapere fin dove spingersi e dove arrestare il
passo. Fidelizzare gli agricoltori è molto difficile. Perderli,
invece, un baleno.
Questo
pezzo di Storia umana ed agricola d'Italia langue però oggi, come
tante altre realtà imprenditoriali, in una posizione scomoda. La
globalizzazione, la deregolamentazione dei mercati, l'asfissiante
burocrazia europea e nazionale, unita all'assoluta inconsistenza
politica dello Stato italiano, sono andati via via distruggendo quel
tessuto agricolo che per lunghi anni era stato la base economica e
civile della nostra Nazione. Di pari passo i Consorzi Agrari, prima
travolti da scandali politici, poi lenti e farraginosi nel
ricostruirsi, hanno perso spesso e volentieri terreno di fronte al
dinamismo di molti concorretti privati e di numerose cooperative.
Esistono ancora strutture propositive ed attive, ma per lo più il
sistema consortile stenta e soffre. Sopratutto nel meridione sono
andate via via scomparendo molte realtà consortili, segnando una
grave perdita di capillarità territoriale e un'importante quota di
mercato agricolo. Il crollo della Federconsorzi nel 1991 ha
rappresentato un trauma epocale per tutti. In molti, in troppi, hanno
continuato ad avere un atteggiamento sbagliato, burocratico,
clientelare e piatto, quasi non si fossero accorti dei cambiamenti in
atto. Si è inoltre continuato a concentrare troppo i propri sforzi
aziendali verso il mondo cerealico-zootecnico, tradizionale nocciolo
duro degli affari consortili, mentre questo sprofondava lentamente in
un vicolo cieco. Scarsa e disorganizzata - ovviamente con le dovute
eccezioni - l'attenzione verso i settori orto-frutticoli ed il
comparto amatoriale, ambito quest'ultimo da non sottovalutare vista
la sua continua espansione e la garanzia d'immediato denaro contante
per strutture che, in molti casi, ancora utilizzano strumenti di
pagamento quali le cambiali agrarie e sono in costante e fisiologica
penuria di liquidità. Si sono fatti al riguardo alcuni timidi
passi negli ultimi anni, anche se i Consorzi Agrari, invece
d'istituire un apposito settore interno di sviluppo e ricerca per il
settore amatoriale, hanno preferito affidarsi ad un franchising
esterno (Tutto Giardino) per la cura e la gestione dei propri
punti vendita impostati sul Garden. Scelta che ha sicuramente
sgravato i Consorzi da investimenti e spese, ma che condanna comunque
le strutture consortili e i suoi agenti a raccogliere poco più che
le briciole. Ennesima dimostrazione della sopravvivenza di uno
spirito apatico e privo d'intraprendenza costruttiva nei propri
reparti amministrativi e commerciali. Bisogna infatti ricordare che i
Consorzi Agrari sono stati, almeno dal dopo guerra in poi, feudi
della Coldiretti – i cui iscritti rappresentano ancora oggi la
maggior parte dei soci - e quindi posti sotto l'egida crociata della
Democrazia Cristiana, la quale li ha spesso usati come ultima
spiaggia dove piazzare figli o parenti di personalità del partito e
dell'associazione, con tutte le conseguenze negative del caso in
ordine d'efficienza e competenza professionale. Danni di questo
clientelismo vengono pagati ancora oggi. Senza tra l’altro
dimenticare che spesso le insolvenze più grosse per i Consorzi
Agrari derivano proprio dai suoi stessi soci, i quali creano così un
ulteriore circolo vizioso di cui paga le conseguenze non solo il
sistema aziendale, ma anche e soprattutto i produttori stessi, quelli
più onesti, che per le colpe di pochi si vedono ridurre gli
affidamenti e i crediti e magari aumentare i prezzi. Questi sono gli
amari frutti di una mentalità sbagliata che considera i diritti dei
privilegi e i doveri cose superflue; una mentalità durissima da
cambiare in tutto l’universo del associazionismo italiano.
Non è quindi esagerato dire che i Consorzi Agrari, in molti casi, si reggono ancora in piedi grazie al solerte impegno dei suoi agenti, che si spendono per il proprio lavoro fino all'ultimo, ricavandone spesso delusioni e magri guadagni. Perché quest'ultimo è un altro, forse il fondamentale, dramma: essere agenti/rappresentati con deposito di un Consorzio Agrario è un'attività, oggi, quanto mai rischiosa a livello economico. Le provvigioni sono di media molto basse, attestandosi attorno a percentuali lorde del 4-5%, mentre al contempo le spese sono lievitate. Oltre ai mezzi di trasporto, di scarico e movimentazione, bisogna ricordare ai nostri lettori che quando si parla di conservazione e custodia delle merci, s'intende inoltre che ogni eventuali ammanco, ogni sacco rotto, vengono addebitati all'agente al termine dell'obbligatorio inventario annuale. Ma ancor più delle spese di gestione sono le tasse ad esser cresciute a dismisura, attestandosi oggi attorno al 50-60% sul redditto, delineando così un quadro economico estremamente difficoltoso. Per fare due conti e monetizzare le difficoltà di cui stiamo parlando, prendiamo ad esempio un'agenzia con un fatturato medio annuo di 1.000.000€. Secondo quanto abbiamo poc'anzi detto soltanto di provvigioni restano in tasca all'agente tra i 20 e i 25.000€. Ma da qui dobbiamo togliere le varie spese annuali, gli ammanchi di magazzino (che nelle agenzie più transitate, dove è difficile avere un controllo capillare sul deposito, possono raggiungere cifre ragguardevoli) e, se vogliamo, anche il costo di un operaio, che seppure part-time può comportare una spesa, stando molto bassi, intorno ai 15.000€ annui. Un'agenzia con un volume di fatturato intorno al milione di euro è considerabile come medio-piccola. Eppure di queste strutture ve ne sono ancora molte, perché non tutti i comprensori agricoli italiani muovono volumi importanti, anzi ne sussistono ancora di ben più piccole. Ora capiamo bene entro quali spazi economici si ritrovano a lavorare gli agenti dei Consorzi. Dunque se un tempo era più facile per essi avere a proprio carico anche del personale dipendete, oggi ciò è sempre più raro; aumentano anzi gli agenti senza deposito e si dilatano a dismisura le zone di competenza. Il risultato, in un caso o nell'altro, è quello di doversi sobbarcare sulle spalle un'impressionante mole di lavoro in più, dal quale ottenere come abbiamo visto una magra remunerazione. Se poi il proprio Consorzio Agrario non solo non versa gli oneri contributivi ENASARCO, ma addirittura le provvigioni stesse, allora il quadro si aggrava ulteriormente, mettendo in seria difficoltà intere famiglie, giacché sono tante le agenzie gestite a livello familiare. Non è raro trovare madri che aiutano i figli nella cura e nella pulizia del punto vendita; padri in pensione che per sopperire alle carenze logistiche, corrono da un'agenzia a l'altra per recuperare merce da consegnare ai clienti; mogli dedite a tenere ordinata la contabilità per i mariti. Tutto un lavoro sommerso che ancora oggi è la spina dorsale di molte, troppe agenzie. Ma non è finita qui. Vogliamo parlare della facilità con cui vengono disattese le norme contrattuali? D'altronde prendersi gioco di un agente è sempre più facile che provare a giocar sporco con del personale dipendente. Guai a non pagare un contributo INAIL ad un impiegato! Guai a ritardare la busta paga anche soltanto di un paio di giorni! Mentre ci sono agenti che lavorano, incassano e formano gli stipendi dei reparti amministrativi e della direzione, ma devono aspettare dei mesi prima di ricevere ciò che gli spetta.
Una situazione grave che passa sotto silenzio, da pochi conosciuta ed in cui queste violazioni avvengono nonostante gli agenti siano inquadrati all'interno di una struttura sindacale e siano regolamentati da un contratto economico collettivo. L'ANSACAP (Associazione Nazionale Agenti dei Consorzi Agrari Provinciali) è una struttura nata nel 1965 in seno ai Consorzi Agrari, con sede nazionale a Bologna, ma costituita territorialmente dagli agenti stessi, volta a tutelare la loro attività, vigilando sul rispetto delle norme contrattuali. Ogni tre anni si riunisce con l'ASSOCAP (Associazione Consorzi Agrari Provinciali) per redigere e rinnovare il contratto economico collettivo in comune accordo tra le due parti. Ma nonostante il suo spirito battagliero e gli innumerevoli miglioramenti contrattuali ottenuti nel tempo, è sempre difficile per ANSACAP far rispettare gli accordi presi ed ottenere anche soltanto piccole modifiche a favore degli agenti. Molti Consorzi Agrari dimostrano verso di essi una colpevole irriconoscenza, quand'anche una dichiarata sfiducia, arrivando a sostenere che gli agenti rubano, imbrogliano il Consorzio e mirano soltanto a fare i propri interessi. C'è sicuramente una piccola verità in questo, ma è una posizione che non tiene però conto delle difficili condizioni in cui spesso si trovano ad operare gli agenti, costretti ad arrangiarsi alla bene e meglio per sopperire alle carenze funzionali, logistiche e commerciali dei propri Consorzi. Una posizione tesa soltanto a sminuire l'importanza del loro operato all'interno della struttura consortile, in barba al principio cooperativo che ne sta alla base. Tutto questo mentre sarebbe invece tempo d'istituire nuovi tavoli di confronto al fine di considerare soluzioni diverse per dare maggiori tutele e migliori certezze agli agenti. Anche alla luce dei recenti accorpamenti e della politica di fusione delle classiche realtà provinciali in agglomerati interprovinciali e regionali che sta investendo la maggior parte dei Consorzi in tutta Italia. I decenni a cavallo tra il XX° e il XXI° secolo hanno visto crollare molte delle vecchie certezze, ponendo tutto il tessuto economico e sociale italiano ed europeo di fronte a nuove e complesse problematiche. Come negli anni '70, quando le prime difficoltà aziendali spinsero i Consorzi Agrari ad intraprendere una politica di fusione – ottenendone però scarsi risultati -, oggi stiamo vivendo una nuova fase di concentrazione, dove si punta alla nascita di grandi centri organizzati e multifunzionali improntanti ad una maggiore efficienza. Modifiche e cambiamenti su cui purtroppo aleggia il sospetto che siano l'ennesimo rimpasto politico e non il frutto di una vera e propria strategia commerciale di ampliamento e miglioramento. Modifiche su cui sarebbe comunque utile tenere in maggior considerazione gli agenti stessi, rendendoli partecipi dei cambiamenti e non, come spesso avviene, tenerli all'oscuro fino all'ultimo minuto, quando si ritroveranno di fronte al fatto compiuto senza aver potuto dire una parola. Lo stesso dicasi delle provvigioni dove, presto o tardi che sia, sarà necessario intavolare una discussione sulle diverse specificità consortili. E' vero, fino ad oggi ogni realtà, ovviamente nel rispetto dell'accordo economico collettivo, si è riservata di pattuire proprie tabelle provvigionali ai suoi agenti; così che tra il Consorzio dell'Emilia e quello del Lombardo-Veneto esistono differenze, seppur minime, tra le percentuali delle provvigioni. Così come differenti sono le quote che i vari Consorzi garantiscono per i carichi e gli scarichi della merce in entrata ed uscita dai magazzini (facchinaggi). Ma sarebbe giusto e doveroso impostare a grosse linee una nuova direttiva nazionale in merito. Se è vero che aumentano le grandi agenzie, a causa della politica di accorpamento in atto, è altrettanto vero che stanno crescendo anche le agenzie medio-piccole, incentrate principalmente sul settore amatoriale. Queste agenzie, quando non inserite nel circuito di Tutto Giardino, sono preziose per la buona marginalità che possono garantire all'intera struttura aziendale, ma i ricavi degli agenti che vi lavorano spesso non sono sufficienti a garantire una remunerazione dignitosa rispetto all'impegno e alla costanza dedicatavi. Questo perché le tabelle provvigionali sono identiche a quelle messe a punto per agenzie con volumi d'affari maggiori. Anche per ovviare a tali situazioni sarà utile riconsiderare gli apporti provvigionali in maniera diversa da come fin qui fatto. Col tempo, sono andate inoltre crescendo anche le competenze tecniche degli agenti stessi, spesso periti agrari o periti agrari laureati che, laddove non esistono servizi tecnici – e purtroppo vi sono Consorzi che non ne hanno –, suppliscono in prima persona alle carenze dell'azienda preponente, sobbarcandosi l'ennesimo compito in più senza ricevere nessun tipo di riconoscimento o remunerazione. Andrebbero riviste anche le norme contrattuali riguardanti gli ammanchi di magazzino, prevedere una percentuale di tolleranza sulla merce rovinata, sui furti e molto, molto altro ancora. E per far questo ci sarà bisogno che la rappresentanza sindacale riesca a rinnovarsi per aumentare il suo peso contrattuale e spingersi ulteriormente avanti. Non sarà facile smarcasi da ricatti d'ogni sorta, ma diverrà necessario se vorrà fungere da superiore collante tra gli agenti stessi, non di rado restii ad iscriversi all'associazione e a farsi la guerra tra loro. Serve una piattaforma forte e decisa per affrontare le nuove sfide e le tante questioni, i tanti problemi che ANSACAP dovrà discutere con ASSOCAP per la stipula del nuovo accordo economico collettivo, il prossimo 31 dicembre. Una forza sindacale capace anche di ridiscutere e porre di nuovo all'attenzione i principi base dei Consorzi Agrari, richiedendo con decisione che vengano nuovamente ristabiliti i suoi sani principi cooperativi, di contro al vecchio clientelismo che li affossò e ad ogni sorta di possibile iper-aziendalismo futuro. Se esistono ancora delle possibilità di rinascita per la nostra agricoltura, queste passeranno attraverso tutte quelle strutture capaci di traghettarla oltre questa difficile e confusa fase storica, indicando una strategia e un'alternativa al predominio del libero mercato, in assenza di uno Stato capace di farlo. E chi meglio dei Consorzi Agrari, nati proprio con lo stesso intento sul finire del XIX° secolo, eredi di una tradizione cooperativa e aziendale ultra centenaria, potrà trovare nuove e valide soluzioni alle domande e alle incognite del settore agricolo italiano?
Ma ciò comporterà uno sforzo ulteriore per l'intera struttura e un serrato dialogo tra tutte le sue parti in causa, senza nascondimenti. La nascita nel 2009 di Consorzi Agrari d'Italia (CAI), una società formata da una ventina di Consorzi Agrari, principalmente del nord, volta a creare un nuovo organismo associativo efficiente e funzionale, è stata un primo tentativo di cambiamento. Senza voler ripetere le vicissitudini della Federconsorzi, c'è sicuramente necessità di un nuovo attore forte sulla scena agricola italiana, che agisca da propulsore ed indirizzi i vari Consorzi verso un obbiettivo comune, lavorando sulle leve della razionalizzazione della rete commerciale, l'ampliamento dei servizi, l'acquisizione di nuove fette di mercato, l'aggregazione dell'offerta e la creazione di marchi a proprio nome – tanto nella produzione di mezzi tecnici, quanto nell'agro-alimentare. Tutti progetti ed intenti validi, ma che rischiano seriamente di essere lettera morta o, peggio, belle parole da spendere per il politicante di turno. Se non si finirà di considerare gli Agenti come figli di un Dio minore, lasciandoli alle prese con le difficoltà quotidiane del proprio lavoro, lontani ed alieni da ogni sfera decisionale o anche soltanto consultiva, resterà aperta una ferita difficile da rimarginare. Chi meglio degli agenti stessi conosce la realtà agricola in cui opera? Chi meglio di loro sa quello che vogliono gli agricoltori, intuisce le loro aspirazioni, i loro pregi e i loro difetti? Privarsi di un simile apporto non è soltanto una scelta folle a livello aziendale, ma significa apportare un nuovo tassello a quel muro d'incomprensione e incomunicabilità che da troppi anni separa agenti e Consorzi. Una dura realtà da affrontare e che rischia seriamente, se non verrà trovata una giusta soluzione, di compromettere nei prossimi decenni una storia lunga più di un secolo. Una storia imprenditoriale ed umana che nonostante tutto, vicissitudini, scoramenti e problemi di ogni sorta, i protagonisti di questo nostro breve racconto continuano imperterriti a vivere giorno dopo giorno, macinando chilometri e chilometri su e giù per i magazzini e le campagne, solerti e attivi verso i propri clienti, in fin dei conti orgogliosi del proprio duro mestiere. E se anche non troverete mai i loro nomi nei libri di storia, ogni qual volta varcherete la soglia di un agenzia sarete di fronte ad un insostituibile attore della storia dell'agricoltura italiana: l'Agente di un Consorzio Agrario.
Il palazzo della Federconsorzi a Roma, in piazza Indipendenza |
Non è quindi esagerato dire che i Consorzi Agrari, in molti casi, si reggono ancora in piedi grazie al solerte impegno dei suoi agenti, che si spendono per il proprio lavoro fino all'ultimo, ricavandone spesso delusioni e magri guadagni. Perché quest'ultimo è un altro, forse il fondamentale, dramma: essere agenti/rappresentati con deposito di un Consorzio Agrario è un'attività, oggi, quanto mai rischiosa a livello economico. Le provvigioni sono di media molto basse, attestandosi attorno a percentuali lorde del 4-5%, mentre al contempo le spese sono lievitate. Oltre ai mezzi di trasporto, di scarico e movimentazione, bisogna ricordare ai nostri lettori che quando si parla di conservazione e custodia delle merci, s'intende inoltre che ogni eventuali ammanco, ogni sacco rotto, vengono addebitati all'agente al termine dell'obbligatorio inventario annuale. Ma ancor più delle spese di gestione sono le tasse ad esser cresciute a dismisura, attestandosi oggi attorno al 50-60% sul redditto, delineando così un quadro economico estremamente difficoltoso. Per fare due conti e monetizzare le difficoltà di cui stiamo parlando, prendiamo ad esempio un'agenzia con un fatturato medio annuo di 1.000.000€. Secondo quanto abbiamo poc'anzi detto soltanto di provvigioni restano in tasca all'agente tra i 20 e i 25.000€. Ma da qui dobbiamo togliere le varie spese annuali, gli ammanchi di magazzino (che nelle agenzie più transitate, dove è difficile avere un controllo capillare sul deposito, possono raggiungere cifre ragguardevoli) e, se vogliamo, anche il costo di un operaio, che seppure part-time può comportare una spesa, stando molto bassi, intorno ai 15.000€ annui. Un'agenzia con un volume di fatturato intorno al milione di euro è considerabile come medio-piccola. Eppure di queste strutture ve ne sono ancora molte, perché non tutti i comprensori agricoli italiani muovono volumi importanti, anzi ne sussistono ancora di ben più piccole. Ora capiamo bene entro quali spazi economici si ritrovano a lavorare gli agenti dei Consorzi. Dunque se un tempo era più facile per essi avere a proprio carico anche del personale dipendete, oggi ciò è sempre più raro; aumentano anzi gli agenti senza deposito e si dilatano a dismisura le zone di competenza. Il risultato, in un caso o nell'altro, è quello di doversi sobbarcare sulle spalle un'impressionante mole di lavoro in più, dal quale ottenere come abbiamo visto una magra remunerazione. Se poi il proprio Consorzio Agrario non solo non versa gli oneri contributivi ENASARCO, ma addirittura le provvigioni stesse, allora il quadro si aggrava ulteriormente, mettendo in seria difficoltà intere famiglie, giacché sono tante le agenzie gestite a livello familiare. Non è raro trovare madri che aiutano i figli nella cura e nella pulizia del punto vendita; padri in pensione che per sopperire alle carenze logistiche, corrono da un'agenzia a l'altra per recuperare merce da consegnare ai clienti; mogli dedite a tenere ordinata la contabilità per i mariti. Tutto un lavoro sommerso che ancora oggi è la spina dorsale di molte, troppe agenzie. Ma non è finita qui. Vogliamo parlare della facilità con cui vengono disattese le norme contrattuali? D'altronde prendersi gioco di un agente è sempre più facile che provare a giocar sporco con del personale dipendente. Guai a non pagare un contributo INAIL ad un impiegato! Guai a ritardare la busta paga anche soltanto di un paio di giorni! Mentre ci sono agenti che lavorano, incassano e formano gli stipendi dei reparti amministrativi e della direzione, ma devono aspettare dei mesi prima di ricevere ciò che gli spetta.
Una situazione grave che passa sotto silenzio, da pochi conosciuta ed in cui queste violazioni avvengono nonostante gli agenti siano inquadrati all'interno di una struttura sindacale e siano regolamentati da un contratto economico collettivo. L'ANSACAP (Associazione Nazionale Agenti dei Consorzi Agrari Provinciali) è una struttura nata nel 1965 in seno ai Consorzi Agrari, con sede nazionale a Bologna, ma costituita territorialmente dagli agenti stessi, volta a tutelare la loro attività, vigilando sul rispetto delle norme contrattuali. Ogni tre anni si riunisce con l'ASSOCAP (Associazione Consorzi Agrari Provinciali) per redigere e rinnovare il contratto economico collettivo in comune accordo tra le due parti. Ma nonostante il suo spirito battagliero e gli innumerevoli miglioramenti contrattuali ottenuti nel tempo, è sempre difficile per ANSACAP far rispettare gli accordi presi ed ottenere anche soltanto piccole modifiche a favore degli agenti. Molti Consorzi Agrari dimostrano verso di essi una colpevole irriconoscenza, quand'anche una dichiarata sfiducia, arrivando a sostenere che gli agenti rubano, imbrogliano il Consorzio e mirano soltanto a fare i propri interessi. C'è sicuramente una piccola verità in questo, ma è una posizione che non tiene però conto delle difficili condizioni in cui spesso si trovano ad operare gli agenti, costretti ad arrangiarsi alla bene e meglio per sopperire alle carenze funzionali, logistiche e commerciali dei propri Consorzi. Una posizione tesa soltanto a sminuire l'importanza del loro operato all'interno della struttura consortile, in barba al principio cooperativo che ne sta alla base. Tutto questo mentre sarebbe invece tempo d'istituire nuovi tavoli di confronto al fine di considerare soluzioni diverse per dare maggiori tutele e migliori certezze agli agenti. Anche alla luce dei recenti accorpamenti e della politica di fusione delle classiche realtà provinciali in agglomerati interprovinciali e regionali che sta investendo la maggior parte dei Consorzi in tutta Italia. I decenni a cavallo tra il XX° e il XXI° secolo hanno visto crollare molte delle vecchie certezze, ponendo tutto il tessuto economico e sociale italiano ed europeo di fronte a nuove e complesse problematiche. Come negli anni '70, quando le prime difficoltà aziendali spinsero i Consorzi Agrari ad intraprendere una politica di fusione – ottenendone però scarsi risultati -, oggi stiamo vivendo una nuova fase di concentrazione, dove si punta alla nascita di grandi centri organizzati e multifunzionali improntanti ad una maggiore efficienza. Modifiche e cambiamenti su cui purtroppo aleggia il sospetto che siano l'ennesimo rimpasto politico e non il frutto di una vera e propria strategia commerciale di ampliamento e miglioramento. Modifiche su cui sarebbe comunque utile tenere in maggior considerazione gli agenti stessi, rendendoli partecipi dei cambiamenti e non, come spesso avviene, tenerli all'oscuro fino all'ultimo minuto, quando si ritroveranno di fronte al fatto compiuto senza aver potuto dire una parola. Lo stesso dicasi delle provvigioni dove, presto o tardi che sia, sarà necessario intavolare una discussione sulle diverse specificità consortili. E' vero, fino ad oggi ogni realtà, ovviamente nel rispetto dell'accordo economico collettivo, si è riservata di pattuire proprie tabelle provvigionali ai suoi agenti; così che tra il Consorzio dell'Emilia e quello del Lombardo-Veneto esistono differenze, seppur minime, tra le percentuali delle provvigioni. Così come differenti sono le quote che i vari Consorzi garantiscono per i carichi e gli scarichi della merce in entrata ed uscita dai magazzini (facchinaggi). Ma sarebbe giusto e doveroso impostare a grosse linee una nuova direttiva nazionale in merito. Se è vero che aumentano le grandi agenzie, a causa della politica di accorpamento in atto, è altrettanto vero che stanno crescendo anche le agenzie medio-piccole, incentrate principalmente sul settore amatoriale. Queste agenzie, quando non inserite nel circuito di Tutto Giardino, sono preziose per la buona marginalità che possono garantire all'intera struttura aziendale, ma i ricavi degli agenti che vi lavorano spesso non sono sufficienti a garantire una remunerazione dignitosa rispetto all'impegno e alla costanza dedicatavi. Questo perché le tabelle provvigionali sono identiche a quelle messe a punto per agenzie con volumi d'affari maggiori. Anche per ovviare a tali situazioni sarà utile riconsiderare gli apporti provvigionali in maniera diversa da come fin qui fatto. Col tempo, sono andate inoltre crescendo anche le competenze tecniche degli agenti stessi, spesso periti agrari o periti agrari laureati che, laddove non esistono servizi tecnici – e purtroppo vi sono Consorzi che non ne hanno –, suppliscono in prima persona alle carenze dell'azienda preponente, sobbarcandosi l'ennesimo compito in più senza ricevere nessun tipo di riconoscimento o remunerazione. Andrebbero riviste anche le norme contrattuali riguardanti gli ammanchi di magazzino, prevedere una percentuale di tolleranza sulla merce rovinata, sui furti e molto, molto altro ancora. E per far questo ci sarà bisogno che la rappresentanza sindacale riesca a rinnovarsi per aumentare il suo peso contrattuale e spingersi ulteriormente avanti. Non sarà facile smarcasi da ricatti d'ogni sorta, ma diverrà necessario se vorrà fungere da superiore collante tra gli agenti stessi, non di rado restii ad iscriversi all'associazione e a farsi la guerra tra loro. Serve una piattaforma forte e decisa per affrontare le nuove sfide e le tante questioni, i tanti problemi che ANSACAP dovrà discutere con ASSOCAP per la stipula del nuovo accordo economico collettivo, il prossimo 31 dicembre. Una forza sindacale capace anche di ridiscutere e porre di nuovo all'attenzione i principi base dei Consorzi Agrari, richiedendo con decisione che vengano nuovamente ristabiliti i suoi sani principi cooperativi, di contro al vecchio clientelismo che li affossò e ad ogni sorta di possibile iper-aziendalismo futuro. Se esistono ancora delle possibilità di rinascita per la nostra agricoltura, queste passeranno attraverso tutte quelle strutture capaci di traghettarla oltre questa difficile e confusa fase storica, indicando una strategia e un'alternativa al predominio del libero mercato, in assenza di uno Stato capace di farlo. E chi meglio dei Consorzi Agrari, nati proprio con lo stesso intento sul finire del XIX° secolo, eredi di una tradizione cooperativa e aziendale ultra centenaria, potrà trovare nuove e valide soluzioni alle domande e alle incognite del settore agricolo italiano?
Quali orizzonti per l'agricoltura italiana? |
Ma ciò comporterà uno sforzo ulteriore per l'intera struttura e un serrato dialogo tra tutte le sue parti in causa, senza nascondimenti. La nascita nel 2009 di Consorzi Agrari d'Italia (CAI), una società formata da una ventina di Consorzi Agrari, principalmente del nord, volta a creare un nuovo organismo associativo efficiente e funzionale, è stata un primo tentativo di cambiamento. Senza voler ripetere le vicissitudini della Federconsorzi, c'è sicuramente necessità di un nuovo attore forte sulla scena agricola italiana, che agisca da propulsore ed indirizzi i vari Consorzi verso un obbiettivo comune, lavorando sulle leve della razionalizzazione della rete commerciale, l'ampliamento dei servizi, l'acquisizione di nuove fette di mercato, l'aggregazione dell'offerta e la creazione di marchi a proprio nome – tanto nella produzione di mezzi tecnici, quanto nell'agro-alimentare. Tutti progetti ed intenti validi, ma che rischiano seriamente di essere lettera morta o, peggio, belle parole da spendere per il politicante di turno. Se non si finirà di considerare gli Agenti come figli di un Dio minore, lasciandoli alle prese con le difficoltà quotidiane del proprio lavoro, lontani ed alieni da ogni sfera decisionale o anche soltanto consultiva, resterà aperta una ferita difficile da rimarginare. Chi meglio degli agenti stessi conosce la realtà agricola in cui opera? Chi meglio di loro sa quello che vogliono gli agricoltori, intuisce le loro aspirazioni, i loro pregi e i loro difetti? Privarsi di un simile apporto non è soltanto una scelta folle a livello aziendale, ma significa apportare un nuovo tassello a quel muro d'incomprensione e incomunicabilità che da troppi anni separa agenti e Consorzi. Una dura realtà da affrontare e che rischia seriamente, se non verrà trovata una giusta soluzione, di compromettere nei prossimi decenni una storia lunga più di un secolo. Una storia imprenditoriale ed umana che nonostante tutto, vicissitudini, scoramenti e problemi di ogni sorta, i protagonisti di questo nostro breve racconto continuano imperterriti a vivere giorno dopo giorno, macinando chilometri e chilometri su e giù per i magazzini e le campagne, solerti e attivi verso i propri clienti, in fin dei conti orgogliosi del proprio duro mestiere. E se anche non troverete mai i loro nomi nei libri di storia, ogni qual volta varcherete la soglia di un agenzia sarete di fronte ad un insostituibile attore della storia dell'agricoltura italiana: l'Agente di un Consorzio Agrario.
Sandro
Righini
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