Immersi
come siamo nel mortifero torpore della nostra quotidianità, è assai
difficile anche soltanto immaginare quale clima si respirasse nel
lontano 1915. L'Italia intera era percorsa dal fremito di una parola
forte e terribile che agitava le coscienze degli italiani: guerra! Da
nord a sud si susseguivano comizi e conferenze; i giornali erano in
continuo fermento; nelle piazze gli scontri tra la fazione
neutralista e quella interventista erano all'ordine del giorno.
L'Italia di allora era una Nazione incandescente in preda ad un
turbinio di passioni e sull'orlo di esplodere da un momento
all'altro.
Una
delle più autorevoli voci del settore interventista fu senz'ombra di
dubbio quella di Cesare Battisti. Sinceramente convinto della
necessità della guerra all'impero austro-ungarico per riscattare il
suo Trentino e le altre provincie ancora schiacciate dal tallone
imperiale, fu determinante nel convincere molti italiani alla causa
interventista. Ma i comizi di Battisti non furono esenti da critiche
e contestazioni; il partito socialista italiano, a differenza della
maggioranza di quelli europei, esclusi alcuni suoi membri ed una
corrente minoritaria – capeggiata da Mussolini – che si scisse
dal partito, era per la maggioranza neutralista. Battisti aderì al
socialismo fin dalla sua giovinezza, ma a quel socialismo intriso
d'amor di Patria che vedeva una continuità con la miglior tradizione
risorgimentale, lontano dalle derive internazionaliste che
pervadevano invece larga parte del partito. Suoi numi ispiratori
furono Mazzini, Garibaldi e Pisacane più che Marx ed Engels. Nel suo
Trentino, dove l'oppressione assumeva i caratteri etnici della
contrapposizione fra italiani e tedeschi più che quelli di classe,
la lotta per la giustizia sociale e l'elevazione del popolo si
sposavano alla perfezione con la questione nazionale e quindi con
l'irredentismo. Per Battisti dunque la guerra contro l'Austria
significava al contempo il compimento delle battaglie risorgimentali
e la fine di un governo dispotico e reazionario solo attraverso la
quale si sarebbe potuta realizzare l'emancipazione del popolo
dall'ignoranza e dalla servitù. Mentre per la maggioranza dei
socialisti italiani la guerra rappresentava l'ennesimo strumento
borghese di sfruttamento delle masse proletarie. Fu così che in giro
per l'Italia Battisti vide molti di quelli che avrebbero dovuto
essere i suoi compagni di partito criticarlo aspramente ed arrivare,
in alcuni casi, addirittura allo scontro fisico pur di non farlo
parlare. Le due contestazioni più eclatanti e clamorose furono
indubbiamente quelle di Reggio Emilia e Viareggio. Nella prima città
il forte nucleo di neutralisti, nel tentativo d'impedire la
conferenza interventista, si scontrò con le forze dell'ordine ed uno
dei manifestanti rimase ucciso. Era il 25 febbraio del 1915. Il
comizio a Viareggio, il secondo per la precisione, si sarebbe svolto
pochi giorni dopo quei drammatici avvenimenti. Ma procediamo con
ordine, giacché proprio sulla conferenza nella città toscana
abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione, non solo perché
riguarda il territorio in cui viviamo, ma anche per la curiosità di
approfondire meglio quelle vicende storiche su cui solitamente si
scrivono giusto due righe.
Teatro Politeama, luogo della prima conferenza di Battisti a Viareggio |
La nostra ricerca ha incontrato subito
un'incongruenza. La prima fonte consultata è stata quella di Leone
Sbrana, scrittore e deputato del partito comunista, con un articolo
sul n.9 del periodico Viareggio Ieri anno 1965 ed intitolato
“Battisti riattizza il fuoco”.
A cinquant'anni esatti da quella tumultuosa giornata del 1915, Sbrana
ricordava ai suoi concittadini quando Battisti scese a Viareggio,
indicando una data ben precisa: 7 marzo 1915. La seconda fonte
consultata è stata quella di Ernesta Battisti Bittanti, moglie
dell'Eroe, che descrisse l'opera di propaganda del marito in un
voluminoso testo intitolato “Con Cesare Battisti attraverso
l'Italia. Agosto 1914 – Maggio 1915” edizioni Fratelli Treves
1938. Nel libro, riguardo l'intervento a Viareggio, si parla di ben
due conferenze tenute dal socialista trentino e non di una sola. La
prima - 31 gennaio 1915 (anche se in un punto del libro si parla del
28, ma è sicuramente un errore o una svista) – è quella in cui
Battisti fu contestato e non riuscì a parlare; la seconda - 27
febbraio – si tenne al Regio Casino e si concluse invece in maniera
del tutto pacifica. È sorta immediatamente in noi una spontanea
domanda: possibile che Leone Sbrana non fosse a conoscenza dell'opera
di Ernesta Bittanti? Da quale fonte avrà tratto la data del 7 marzo?
Gli stessi giornali d'epoca da noi rintracciati presso la Biblioteca
Statale di Lucca, - trattasi di Libeccio, Gazzetta della
Riviera e La Gazzetta
di Lucca – sono concordi nel riportare la data della prima
conferenza al 31 gennaio. Inoltre è d'uopo ricordare che il
consiglio dei ministri, in particolar modo dopo i fatti di Reggio
Emilia, decretò il divieto di riunioni e di qualsiasi altra
manifestazione pericolosa per l'ordine pubblico. Tant'è che la
seconda conferenza di Battisti, che doveva svolgersi al Teatro
Pacini, venne proibita dal prefetto di Lucca, costringendo gli
organizzatori a spostarsi nel Regio Casino proprio per evitare nuovi
disordini. Inoltre, come testimonia la Bittanti, nel mese di marzo le
conferenze del marito scemarono, un po' per il decreto ministeriale,
un po' perché Battisti era ormai convinto che le sue parole avessero
ottenuto il risultato sperato. L'interventismo stava infatti
riscuotendo sempre più consensi tra la popolazione e l'opinione
pubblica, tanto che la guerra appariva ormai ogni giorno più vicina.
Il 7 di marzo resta quindi un piccolo mistero irrisolto.
Probabilmente Sbrana avrà fatto confusione con la data del secondo
comizio, di cui però non parla, riducendo la venuta di Battisti a
Viareggio alla sola volta delle contestazioni. Ma torniamo ora a quel
31 gennaio del 1915. Seppur in due date differenti, tanto la Bittanti
quanto Sbrana, sono concordi nell'indicare il Teatro Politeama quale
luogo in cui avrebbe dovuto svolgersi l'intervento di Cesare
Battisti. Viareggio nel 1915 era una cittadina in forte crescita.
Aveva ottenuto lo status di città soltanto nel 1820 per concessione
di Maria Luisa di Borbone, Infanta di Spagna e Duchessa di Lucca,
sviluppandosi a vista d'occhio nel corso del XIX° secolo e passando
da poco più di 3.000 abitanti ad oltre 20.000 al principiare del
nuovo secolo. Era un centro moderno in continuo fermento, dove alla
vocazione turistica e balneare si univano le attività produttive
cantieristiche e marinare. Politicamente le città fu per lo più
retta da giunte democratico moderate o liberali¹,
ma in città erano forti tanto le componenti repubblicane, quanto
quelle anarchiche e socialiste (queste ultime sviluppatesi
soprattutto a cavallo dei due secoli). Bisogna ricordare che
Viareggio fu probabilmente il primo comune d'Italia ad adottare il
tricolore nel proprio stemma e lo fece nel 1848, quando ancora non
esisteva lo Stato unitario italiano, a dimostrazione del sincero
patriottismo che al tempo pervadeva la crescente cittadina, dove
trovarono rifugio e dimora molti patrioti d'ispirazione mazziniana
nel corso del Risorgimento.
Gonfalone cittadino |
Furono infatti gli esponenti della
democrazia interventista ad invitare ufficialmente l'On. Battisti a
tenere una conferenza in città. Ma altrettanto forti erano le
compagine dei socialisti neutralisti, che per l'occasione
richiamarono a Viareggio molti iscritti e simpatizzanti dei comuni
limitrofi (soprattutto dalla Versilia storica, comprendente i comuni
di Seravezza, Forte dei Marmi, Stazzema e Pietrasanta). Anime che
verranno inevitabilmente a scontrarsi proprio in quei primi mesi del
1915. Il teatro politeama era gremito di gente. Da una parte i
repubblicani, i radicali e qualche nazionalista, uniti alla presenza
di alcuni anarchici interventisti tra i quali spiccava il poliedrico
artista Lorenzo Viani, convinto assertore dell'entrata in guerra
dell'Italia; dall'altra i moderati giolittiani e i neutralisti ad
oltranza, accaniti socialisti pronti a tutto pur d'impedire il
comizio di Battisti. Secondo la testimonianza della Bittanti, che
riferisce quanto raccontatogli dal marito, ad ingrossare le fila dei
neutralisti vennero mandati anche molti contadini coloni di Zita di
Borbone², moglie di Carlo
d'Asburgo – futuro ultimo imperatore d'Austria – che nelle
campagne a ridosso di Viareggio aveva una grossa tenuta. Ma la
notizia è inesatta, giacché la Tenuta situata nel cuore della
pineta di levante non era un possedimento di Zita, ma di Bianca,
Infanta di Spagna e moglie dell'arciduca d'Austria Leopoldo Salvatore
d'Asburgo-Lorena. Inoltre al tempo la Tenuta arciducale, esclusa la
chiesetta, era occupata dalla Marina Militare di La Spezia. Ciò non
toglie che essendo ancora proprietà dei Borbone e degli Asburgo, due
famiglie storicamente avverse ai destini d'Italia, i contadini a loro
sottoposti furono in qualche modo “sollecitati” a dar manforte
alla corrente neutralista. Fatto non riportato però dai giornali
dell'epoca, se non velatamente accennato in un piccolo trafiletto de
La Gazzetta della Riviera in cui si definisce i socialisti
locali come “ i tedeschi di Viareggio”³.
Neppure Sbrana né fa menzione. Forse, vista la sua militanza nel
partito comunista, poteva risultare imbarazzante ricordare come i
predecessori del suo partito avessero stretto legame con i coloni dei
“signori”, soltanto per impedire ad un sincero socialista di
parlare. Non lo sapremo mai. Ad ogni modo potrebbe essere davvero
verosimile, tant’è che lo stesso Sbrana nella prima pagina del suo
articolo parla del “sacro furore dei repubblicani viareggini”
i quali, dopo la barbara uccisione di Battisti, avrebbero voluto
spingere la giunta comunale a chiedere il sequestro “..della
pineta e Tenuta Borbone, oggi detenuta dall'arciduca Leopoldo
Salvatore, sedicente Duca di Toscana che combatte contro i nostri
eroi del Trentino, a solo spirito di malvagia brama d'austriaca
barbarie”⁴. Segno
comunque inequivocabile di una presenza ostile all'Italia sul
territorio.
Ad
ogni modo, coloni o meno, quella domenica di gennaio la tensione era
palpabile nell'aria. La presenza di un nutrito gruppo di neutralisti
e la scarsissima vigilanza da parte delle autorità competenti,
furono lo scenario ideale per far esplodere la situazione. Il
racconto di Sbrana si concentra sui personaggi chiave, le figure
cardine delle due correnti: Viani e Salvatori. Il primo, come abbiamo
già accennato, era un artista il cui genio spaziava dalla pittura
alla scultura e dai romanzi alle poesie. Le sue opere pittoriche, dal
gusto e dal tratto espressionista, iniziavano a farsi strada nel
fecondo humus culturale dell'Italia del tempo. Nativo di Viareggio e
d'indole focosa e ribelle, sposò ben presto l'anarchismo che nel
1914, sull'onda delle parole infuocate dei sindacalisti De Ambris e
Corridoni, lo spinse ad abbracciare la causa interventista.
Tristo (Il mietitore) - Lorenzo Viani |
Il
secondo era sicuramente il più autorevole esponente socialista della
Versilia. Nativo di Querceta, frazione del comune di Seravezza e di professione avvocato, era una
figura sicuramente carismatica, stimato per il suo impegno politico e
civile anche da molti avversari. Esponente dell'ala massimalista del
partito, fu fino all'ultimo tra i più intransigenti assertori della
“neutralità senza se e senza ma”⁵.
Viani e Salvatori erano amici, si conoscevano da tempo e facevano
ambedue parte di quella “Repubblica d'Apua” che fu un
cenacolo di artisti e intellettuali animatori della scena culturale
versiliese, capitanati dal poeta ligure, ma apuano d'adozione,
Ceccaro Roccatagliata Ceccardi 6. Ma quel 31 gennaio si videro
frontalmente contrapposti. Il titolo della conferenza di Battisti
avrebbe dovuto esser “L'Italia e l'attuale momento storico”⁷.
A quanto riportato da Sbrana, una volta introdotto l'oratore sul
palco da parte di un concittadino, il socialista trentino ebbe appena
il tempo di proferire poche parole che dalle platea un marinaio,
inserito tra le file socialiste “ruttò con posa e voce tragica”
così: “perché non vi siete ribellati all’Austria
trent'anni fa, quando hanno ucciso Oberdan?”⁸.
Si alzarono le voci tra le poltrone del politeama e iniziarono a
scaldarsi gli animi. Luigi Salvatori, sempre secondo quanto riferisce
Sbrana, cercò di calmare le acque ed invitò i compagni socialisti a
lasciar parlare Battisti, di modo che si potesse poi fare un
contraddittorio al termine della conferenza. Secondo invece sia la
Bittanti, che i due giornali - Libeccio e La Gazzetta
della Riviera – a tentare la pacificazione delle acque non fu
Salvatori - di cui nemmeno si parla - bensì lo stesso Battisti.
Infatti su espressa volontà del relatore la conferenza, che doveva
essere privata, venne aperta al pubblico allo scopo di suscitare un
dibattito; poi al crescere della tensione Battisti stesso cercò di
sedare gli animi in platea tanto che “aveva dichiarato due volte
e ad alta voce di accettare qualunque contraddittorio” 9.
Sbrana – fatto non confermato dalle altre fonti consultate –
scrive che allora intervenne direttamente Lorenzo Viani, ribattendo a
muso duro verso Salvatori e la sua schiera che non ci sarebbe stato
nessun contraddittorio e che Battisti avrebbe parlato senza essere
interrotto da nessuno. Sia come sia, la situazione iniziò a
degenerare velocemente e in men che non si dica fu tutto un
parapiglia, con cazzotti e sedie che volavano in platea tra le
diverse fazioni. Battisti, attonito, si vide costretto a lasciare il
palco, terminando così la sua conferenza mentre nel teatro divampava
la rissa che si protrasse per una buona mezz'ora e al termine della
quale si contarono diversi feriti, tra cui lo stesso Viani. La moglie
dell'Eroe trentino sostiene la tesi secondo cui venne fatto ben poco
per sedare l'incresciosa situazione e che le autorità governative,
forse ligie alla corrente neutralista, lasciarono sfogare ed
esplodere l'ala socialista più oltranzista. I socialisti dal canto
loro risposero sulle pagine del Versilia¹º,
settimanale diretto proprio da Salvatori, di aver fatto tutto il
possibile per lasciar parlare l'oratore e di non aver ordito niente a
discapito gli interventisti. Fatto sta che su La Gazzetta della
Riviera venne riportata un'esternazione di Battisti, che pare
abbia proferito tali parole all'uscita dal Teatro: “Se
un tedesco andasse a Parigi ad esporre il suo punto di vista non
sarebbe accolto cos씹¹.
Si concludeva così amaramente il primo soggiorno di Cesare Battisti
a Viareggio. Ma di lì a poco nuove proposte da parte di viareggini
indignati per il comportamento di “pochi sconsigliati” arrivarono
sul tavolo di Battisti. Il 16 febbraio, secondo la Bittanti¹²,
dopo una riunione privata da parte di quattordici cittadini
appartenenti a vari partirti, venne rinnovato l'invito a parlare in
città, onde fare ammenda della volta precedente. Fu stabilita la
data del 27 febbraio.
Teatro Pacini, dove avrebbe dovuto svolgersi la seconda conferenza di Battisti |
Soltanto due giorni prima di quella data
accaddero i fatti di Reggio Emilia ed il consiglio dei ministri, come
dicevamo, si pose sulle difensive. A Viareggio il clima fu nuovamente
teso. Nello stesso giorno degli scontri di Reggio, la città fu
teatro di una grossa manifestazione socialista al grido di “pane e
lavoro”! Dopo il concentramento ed il comizio nella piazza del
mercato, un folto corteo si diresse compatto al comune deciso ad
ottenere udienza. Dopo numerose sassaiole contro il municipio e
scontri con le forze dell'ordine il Sindaco, esasperato, decise di
ricevere una commissione guidata da Salvatori per discutere sul
prezzo del pane e cercare una soluzione contro la crescente
disoccupazione in città. I socialisti riuscirono a strappare un
accordo per calmierare il prezzo del pane e la promessa di nuovi
lavori pubblici tesi ad assorbire la manodopera disoccupata¹³.
Ottenuto questo successo tornarono a farsi sentire, seppur non
ufficialmente, anche il 27 febbraio, facendo girare tra il popolo un
volantino dai toni forti contro il nuovo comizio di Battisti. Nel
libro della Bittanti venne riportato per intero così come era stato
trascritto, con viva deplorazione, su Il Popolo d'Italia del 3
marzo del 1915. Lo riproduciamo anche noi, con l'intento di
dimostrare come siano passati gli anni, ma una certa linea di
pensiero, mutate forme e contenuti, nella sostanza non sia cambiata.
“Cittadini,
Lavoratori, Cesare Battisti in un comizio a Reggio Emilia ha
provocato un eccidio. Un morto e parecchi feriti sono stati il frutto
della sua conferenza. Stasera ad ore 9 parlerà al nostro Teatro
Pacini e chiederà nuovo sangue proletario a mezze de' suoi sicari, i
quali sono coloro che vogliono la guerra. Il popolo italiano è già
troppo affamato, colui che lavora e lotta per la rivendicazione
sociale non deve permettere che i capi di famiglia vengano tolti alle
proprie case e mandati al grande macello della guerra europea. Tutto
questo vuole Cesare Battisti e i pochi che lo seguono anche stasera
tenteranno di scagliqarci contro le baionette. Vi invitiamo dunque
per questa sera sabato, ad ore 8,30, in Piazza Grande, per
dimostrargli che Viareggio non ha bisogno di novelli assassini.
Vogliamo solo pane e lavoro.
I padri di famiglia”¹⁴
La
firma è di un generico padri di famiglia, ma non è difficile
vedervi gli stessi elementi che provocarono l'annullamento della
precedente conferenza. Ed anche in questo caso ottennero un piccolo
successo, allarmando ulteriormente le autorità competenti che, come
dicevamo, proibirono lo svolgimento del comizio presso il Teatro
Pacini. Battisti giunse comunque in città e secondo quanto riportato
dalla cronaca de Il Libeccio¹⁵
venne condotto all'hotel Royal, dove gli fu offerta una cena dal
comitato organizzatore. Qui venne pubblicamente elogiato dall'Ing.
Guarneri, che parlò a nome del comitato e a cui Battisti rispose
lusingato, ribadendo la speranza di vedere finalmente l'Italia
prendere una decisione risoluta e certa di fronte alla “prepotenza
teutonica minacciante la pace mondiale”. Al termine della cena
il deputato socialista fu accompagnato dai membri del comitato a
visitare il Regio Casino, situato nello stesso edificio del
Municipio, di cui la maggior parte dei presenti erano membri.
Il vecchio Municipio di Viareggio |
Ivi, su
richiesta dei convitati e in forma strettamente privata, Battisti
venne esortato a proferire alcune parole sui territori irredenti. Di
buon grado accettò la richiesta, pronunciando un discorso breve e
misurato, ma vibrante e deciso, sulle condizioni delle terre italiane
sotto il dominio austriaco e sul dovere dell'Italia nel momento
attuale. Tanto la Bittanti quanto Il libeccio sono concordi
nel riportare il successo di quella piccola conferenza, intervallata
da sinceri applausi e da grida di “Viva Trento e Trieste”!
Poi, vista l'ora che incalzava e il diretto per Napoli che lo
attendeva (dove l'indomani avrebbe tenuto un'altra conferenza) venne
accompagnato “da gran folla entusiasta” e “salutato e
acclamato dagli astanti” fino alla stazione. Dei neutralisti
stavolta, a parte il volantino, neanche l'ombra. Probabilmente gli
sforzi e la soddisfazione per i risultati ottenuti con la protesta
del 25 febbraio, uniti al fatto che questa sarebbe stata una
conferenza strettamente privata, avevano un po' placato gli animi. Ma
siamo convinti che fu soprattutto l'onta di quel tumultuoso 31
gennaio ad incidere di più sulla loro assenza. Salvatori sapeva bene
in cuor che quella mancata conferenza di Battisti pesava come un
macigno sulla reputazione non solo del partito, ma di lui stesso che
era riconosciuto come uomo di grande liberalità sempre pronto a dare
ascolto e parola anche a chi la pensava diversamente (si ricordi il
numero del Versilia lasciato interamente redigere a Viani per
spiegare le motivazioni del suo interventismo 16).
Macchia che andrà via via allargandosi, rendendo sempre meno
efficace la sua linea di condotta soprattutto a livello nazionale,
tanto che quando la direzione del partito socialista si riunirà il
16 maggio a Bologna, sarà soltanto lui a votare per “l'immediato
sciopero generale politico rivoluzionario”.
Luigi Salvatori, esponente di spicco del socialismo massimalista in Versilia |
Il dado oramai era
tratto. Battisti, fedele e coerente al suo dire, si arruolò
volontario pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra negli Alpini,
combatté con valore e morì da Eroe. Le terribili immagine della sua
barbara esecuzione fecero il giro del mondo, suscitando lo sdegno e
la riprovazione di tutti. In molti ritengono che proprio a partire da
quelle ripugnanti fotografie del boia austriaco Lang, compiaciuto e
sorridente dietro al cadavere di Battisti, andò sempre più
cementandosi nel cuore degli italiani la convinzione della necessità
alla lotta implacabile contro l'acerrimo nemico d'oltralpe. In tutte
le città d'Italia s'intitolarono strade, piazze, palazzi, sorsero
targhe, monumenti, cippi, volti a ricordare il martirio di Cesare
Battisti. Non fece eccezione Viareggio dove, su iniziativa del
sindaco, di quattro assessori e del segretario comunale, venne fatto
pubblicare un manifesto in cui si annunciavano le pubbliche
commemorazioni dell'Eroe per il 20 settembre. Si scriveva che
“Viareggio, al di sopra di
ogni competizione della vigilia, comprese ed amò il figlio di
Trento, invocante armi fraterne per la liberazione della sua Terra”.
Vi si celebrava Battisti “assurto alla gloria dei precursori,
tra i Martiri e gli Eroi del Risorgimento nazionale” e morto
“per la redenzione di tutti gli oppressi”. Continuando
poi: “In cuor gli splendeva l'invitta fede – animatrice di
ogni sua Virtù – in un'era di libertà e di giustizia, verso la
quale doveva segnar gran passo, per il suo Trentino, la restaurazione
del diritto nazionale e, per il mondo intero, la liberazione da ogni
giogo di prepotenti e incivili governi”¹⁷.
Alla manifestazione parteciparono varie associazioni cittadine,
esclusi socialisti (neppure invitati), la Croce Verde (per il suo
carattere eminentemente filantropico (sic! n.d.a) e apartitico), il
Partito Repubblicano (in segno di protesta per la mancata
intitolazione del viale che porta alla Tenuta degli odiati
Asburgo-Borbone al Martire triestino Guglielmo Oberdan) e il Circolo
Juventus (per non unire la propria bandiera di associazione cattolica
ad altre anticlericali e massoni)¹⁸.
Al termine del corteo, partito dalla piazza del mercato, i
partecipanti si recarono a scoprire una targa dedicata a Battisti e
posta sulla terrazza del Municipio, dove il socialista trentino,
all'interno delle stanze del Regio Casino, tenne quel suo secondo
discorso. Gli venne anche intitolata una strada, la vecchia via degli
Uffizi, una delle arterie principali del centro cittadino che,
partendo dal canale Burlamacca, taglia da sud a nord Viareggio passando attraverso la piazza del mercato per concludersi di fronte
alla pineta di ponente. Il vecchio Municipio, il Regio Casino e con
loro quella targa, gravemente danneggiati dai numerosi bombardamenti
alleati che si susseguirono incessanti dal 12 maggio del 1944, sono
oggi scomparsi. Il Municipio in verità, era ancora recuperabile, ma
venne purtroppo demolito nell'ansia di rinnovamento che pervase il
primo dopoguerra, lasciando il posto ad un orribile palazzone senza
arte né parte. Alcune colonne costituenti la facciata del vecchio
edificio sono oggi esposte nel parco della piazza 16 settembre
all'interno del Monumento alla Resistenza, posto al centro del Largo
Risorgimento, mal custodite e inserite in un contesto urbano
improprio. Altre giacciono dimenticate all'aperto nei locali del
magazzino comunale. Via Battisti, un tempo viva e fiorente di
attività commerciali, è oggi un fantasma di sé stessa, con vetrine
chiuse, cartelli di affittasi o vendesi e pervasa da un opprimente
senso di desolazione. Da via Battisti si arriva in piazza Cavour –
o piazza del mercato – dai viareggini chiamata affettuosamente “il
piazzone”, perché un tempo ricoperta da un bel prato dove i
ragazzi erano soliti giocare. Di lì un tempo partivano cortei, si
radunavano folle e si arringava la piazza. Col tempo vennero
costruiti sulla piazza dei caratteristici padiglioni con loggiati
sotto i quali sorsero innumerevoli negozi, rinomati per la loro
qualità. Oggi qui pullulano venditori cinesi e teppaglia
nordafricana, dedita a ben altri commerci.
Il "piazzone" ieri.. |
Piazza Cavour oggi.. |
Della targa dedicata a
Cesare Battisti crediamo nessuno si sia mai interessato una volta
crollata sotto le bombe. Eppure sarebbe forse l'ora che qualcuno lo
facesse, proprio in occasione di questo centenario della Grande
Guerra. I problemi di Viareggio sono ben altri, certo, ma non
dobbiamo mai sottovalutare la forza del ricordo e della memoria, mai.
Dopo la lodevole iniziativa di restauro del monumento ai caduti di
Viani e Rambelli – probabilmente uno dei più belli ed originali di
tutta Italia – perché non pensare anche ad una nuova lapide in
memoria del grande Eroe trentino? Magari da apporre proprio al Teatro
Politeama o nella stessa via Battisti? C'è un estremo bisogno di
vivificare il grigiore contemporaneo con la luce di un fulgido
passato, in cui Viareggio era una fucina incandescente colma di
artisti ed intellettuali che alle parole e ai disegni univano
l’azione; una città giovane e animata da un popolo vivo, operoso
che – nel bene o nel male – sapeva esser battagliero. Per questa
città, ma così per l'Italia intera, è necessaria una salutare
scossa, una scarica capace di farci tornare a credere che niente è
ineluttabile e che non bisogna arrenderci all’inerzia e allo
squallore. Nel nostro piccolo abbiamo fatto un primo passo in tal
senso ponendo il 12 luglio, insieme ai fraterni amici di Magnitudo
Versilia, una corona d'alloro in via Battisti alla memoria del
Martire, distribuendo poi tra i passanti dei volantini sul cui fronte
si dava un resoconto sintetico delle sue tormentate visite a
Viareggio, mentre sul retro era riportata una breve biografia a
testimonianza della sua esemplare storia.
La nostra corona d'alloro deposta in via Cesare Battisti |
Sempre
nella storia dei popoli e delle nazioni sopraggiungono periodi cupi.
Non da meno degli odierni lo furono anche quelli vissuti da Battisti,
col suo Trentino strozzato dal cappio austriaco. Anche allora fu la
memoria la prima arma utilizzata dal giovane socialista per ridare
vigore e forza al suo popolo. Dopo l’ennesima legge sopraffattrice
degli italiani proposta dalla Dieta di Innsbruck, egli riuscì ad
indire un grande comizio di protesta unendo i socialisti e i liberali
trentini in una comune lotta. In quel 22 giugno del lontano 1900,
nella piazza del Duomo di Trento di fronte a 6.000 persone, Battisti
pronunciò un’orazione infuocata. L'attualità delle sue parole è
quanto mai inequivocabile e alla luce del suo supremo sacrificio
acquistano oggi un più alto significato. Riportiamo allora un
estratto di quel discorso a conclusione nel nostro lavoro, con
l’augurio che quei concetti, quei sentimenti ivi espressi, tornino
ad ispirare ed unire il nostro smarrito popolo.
“A
scuotere i vivi dell’oggi, occorre lanciare su quest’aria morta
l’epico e fatidico verso della rivoluzione: Si scopran le tombe, si
levino i morti! Risorgano e passino dinnanzi a noi le figure belle
dei Martiri, dei Combattenti, dei Cavalieri dell’ideale. Passate,
passate o baldi eroi, che in schiera invitta aveste morte nelle
battaglie, mentre l’ultimo vostro sorriso, l’ultima parola erano
per la patria!” 19
Gruppo
di Studio AVSER
1
– La Versilia dalla neutralità all'intervento – Stefano
Bucciarelli, in La Grande Guerra. Il contributo di Versilia, Massa
e Lunigiana, a cura di A. De Gregorio, Pontedera 2015, pp.
125-126.
2
– Con Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta
Battisti Bittanti, cap. I discorso del gennaio 1915, edizioni
Fratelli Treves Milano 1938, pp. 333.
3
– La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio
1915, art. La conferenza dell'On. Battisti.
4
– Battisti riattizza il fuoco. Un episodio di cinquant'anni fa –
Leone Sbrana, in Viareggio Ieri n.9 anno 1965, pp. 3.
5
– Un leader del Movimento operaio: Luigi Salvatori fra le due
guerre e al confino (1914 – 1946) – Enrico Lorenzetti, in
Studi Versiliesi n.XVIII (2012-2013), pp. 18.
6
– Idem.
7
- La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio 1915,
art. La conferenza dell'On. Battisti.
8
- La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio 1915,
art. Conferenza al Politeama.
9
– Il Libeccio, anno XII del 6 febbraio 1915, art. Magre
giustificazioni.
10
- La
Versilia dalla neutralità all'intervento – Stefano
Bucciarelli, cap.
Ragioni della
democrazia e nota
n.55.
11
- La Gazzetta della
Riviera, anno II
n.6 del 7 febbraio 1915, art. Conferenza
al Politeama.
12
- Con Cesare
Battisti attraverso l'Italia – Ernesta
Battisti Bittanti, cap. Nel
febbraio 1915, pp.
370.
13
- La Versilia dalla
neutralità all'intervento – Stefano
Bucciarelli, cap.
Concreti problemi.
14
- Con
Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta
Battisti Bittanti, cap. Nel
febbraio 1915, pp.
371.
15
– Il libeccio, 13
marzo 1915, art. Conferenza
Battisti.
16
- La Versilia dalla
neutralità all'intervento – Stefano
Bucciarelli, cap.
Interventisti
estremisti e nota
33.
17
- Con Cesare
Battisti attraverso l'Italia – Ernesta
Battisti Bittanti, cap. Nel
febbraio 1915, nota
n. 1 pp. 371-372.
18
- Battisti
riattizza il fuoco. Un episodio di cinquant'anni fa – Leone
Sbrana, in Viareggio
Ieri n.9 anno 1965,
pp. 5.
19
- Con Cesare
Battisti attraverso l'Italia – Ernesta
Battisti Bittanti, cap. Linea
e figura dell'Irredentismo trentino,
pp. 32.
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