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martedì 1 agosto 2017

Cesare Battisti a Viareggio

 
Ritratto di Cesare Battisti - Duilio Cambellotti

Immersi come siamo nel mortifero torpore della nostra quotidianità, è assai difficile anche soltanto immaginare quale clima si respirasse nel lontano 1915. L'Italia intera era percorsa dal fremito di una parola forte e terribile che agitava le coscienze degli italiani: guerra! Da nord a sud si susseguivano comizi e conferenze; i giornali erano in continuo fermento; nelle piazze gli scontri tra la fazione neutralista e quella interventista erano all'ordine del giorno. L'Italia di allora era una Nazione incandescente in preda ad un turbinio di passioni e sull'orlo di esplodere da un momento all'altro.
Una delle più autorevoli voci del settore interventista fu senz'ombra di dubbio quella di Cesare Battisti. Sinceramente convinto della necessità della guerra all'impero austro-ungarico per riscattare il suo Trentino e le altre provincie ancora schiacciate dal tallone imperiale, fu determinante nel convincere molti italiani alla causa interventista. Ma i comizi di Battisti non furono esenti da critiche e contestazioni; il partito socialista italiano, a differenza della maggioranza di quelli europei, esclusi alcuni suoi membri ed una corrente minoritaria – capeggiata da Mussolini – che si scisse dal partito, era per la maggioranza neutralista. Battisti aderì al socialismo fin dalla sua giovinezza, ma a quel socialismo intriso d'amor di Patria che vedeva una continuità con la miglior tradizione risorgimentale, lontano dalle derive internazionaliste che pervadevano invece larga parte del partito. Suoi numi ispiratori furono Mazzini, Garibaldi e Pisacane più che Marx ed Engels. Nel suo Trentino, dove l'oppressione assumeva i caratteri etnici della contrapposizione fra italiani e tedeschi più che quelli di classe, la lotta per la giustizia sociale e l'elevazione del popolo si sposavano alla perfezione con la questione nazionale e quindi con l'irredentismo. Per Battisti dunque la guerra contro l'Austria significava al contempo il compimento delle battaglie risorgimentali e la fine di un governo dispotico e reazionario solo attraverso la quale si sarebbe potuta realizzare l'emancipazione del popolo dall'ignoranza e dalla servitù. Mentre per la maggioranza dei socialisti italiani la guerra rappresentava l'ennesimo strumento borghese di sfruttamento delle masse proletarie. Fu così che in giro per l'Italia Battisti vide molti di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi compagni di partito criticarlo aspramente ed arrivare, in alcuni casi, addirittura allo scontro fisico pur di non farlo parlare. Le due contestazioni più eclatanti e clamorose furono indubbiamente quelle di Reggio Emilia e Viareggio. Nella prima città il forte nucleo di neutralisti, nel tentativo d'impedire la conferenza interventista, si scontrò con le forze dell'ordine ed uno dei manifestanti rimase ucciso. Era il 25 febbraio del 1915. Il comizio a Viareggio, il secondo per la precisione, si sarebbe svolto pochi giorni dopo quei drammatici avvenimenti. Ma procediamo con ordine, giacché proprio sulla conferenza nella città toscana abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione, non solo perché riguarda il territorio in cui viviamo, ma anche per la curiosità di approfondire meglio quelle vicende storiche su cui solitamente si scrivono giusto due righe. 


Teatro Politeama, luogo della prima conferenza di Battisti a Viareggio


La nostra ricerca ha incontrato subito un'incongruenza. La prima fonte consultata è stata quella di Leone Sbrana, scrittore e deputato del partito comunista, con un articolo sul n.9 del periodico Viareggio Ieri anno 1965 ed intitolato “Battisti riattizza il fuoco”. A cinquant'anni esatti da quella tumultuosa giornata del 1915, Sbrana ricordava ai suoi concittadini quando Battisti scese a Viareggio, indicando una data ben precisa: 7 marzo 1915. La seconda fonte consultata è stata quella di Ernesta Battisti Bittanti, moglie dell'Eroe, che descrisse l'opera di propaganda del marito in un voluminoso testo intitolato “Con Cesare Battisti attraverso l'Italia. Agosto 1914 – Maggio 1915” edizioni Fratelli Treves 1938. Nel libro, riguardo l'intervento a Viareggio, si parla di ben due conferenze tenute dal socialista trentino e non di una sola. La prima - 31 gennaio 1915 (anche se in un punto del libro si parla del 28, ma è sicuramente un errore o una svista) – è quella in cui Battisti fu contestato e non riuscì a parlare; la seconda - 27 febbraio – si tenne al Regio Casino e si concluse invece in maniera del tutto pacifica. È sorta immediatamente in noi una spontanea domanda: possibile che Leone Sbrana non fosse a conoscenza dell'opera di Ernesta Bittanti? Da quale fonte avrà tratto la data del 7 marzo? Gli stessi giornali d'epoca da noi rintracciati presso la Biblioteca Statale di Lucca, - trattasi di Libeccio, Gazzetta della Riviera e La Gazzetta di Lucca – sono concordi nel riportare la data della prima conferenza al 31 gennaio. Inoltre è d'uopo ricordare che il consiglio dei ministri, in particolar modo dopo i fatti di Reggio Emilia, decretò il divieto di riunioni e di qualsiasi altra manifestazione pericolosa per l'ordine pubblico. Tant'è che la seconda conferenza di Battisti, che doveva svolgersi al Teatro Pacini, venne proibita dal prefetto di Lucca, costringendo gli organizzatori a spostarsi nel Regio Casino proprio per evitare nuovi disordini. Inoltre, come testimonia la Bittanti, nel mese di marzo le conferenze del marito scemarono, un po' per il decreto ministeriale, un po' perché Battisti era ormai convinto che le sue parole avessero ottenuto il risultato sperato. L'interventismo stava infatti riscuotendo sempre più consensi tra la popolazione e l'opinione pubblica, tanto che la guerra appariva ormai ogni giorno più vicina. Il 7 di marzo resta quindi un piccolo mistero irrisolto. Probabilmente Sbrana avrà fatto confusione con la data del secondo comizio, di cui però non parla, riducendo la venuta di Battisti a Viareggio alla sola volta delle contestazioni. Ma torniamo ora a quel 31 gennaio del 1915. Seppur in due date differenti, tanto la Bittanti quanto Sbrana, sono concordi nell'indicare il Teatro Politeama quale luogo in cui avrebbe dovuto svolgersi l'intervento di Cesare Battisti. Viareggio nel 1915 era una cittadina in forte crescita. Aveva ottenuto lo status di città soltanto nel 1820 per concessione di Maria Luisa di Borbone, Infanta di Spagna e Duchessa di Lucca, sviluppandosi a vista d'occhio nel corso del XIX° secolo e passando da poco più di 3.000 abitanti ad oltre 20.000 al principiare del nuovo secolo. Era un centro moderno in continuo fermento, dove alla vocazione turistica e balneare si univano le attività produttive cantieristiche e marinare. Politicamente le città fu per lo più retta da giunte democratico moderate o liberali¹, ma in città erano forti tanto le componenti repubblicane, quanto quelle anarchiche e socialiste (queste ultime sviluppatesi soprattutto a cavallo dei due secoli). Bisogna ricordare che Viareggio fu probabilmente il primo comune d'Italia ad adottare il tricolore nel proprio stemma e lo fece nel 1848, quando ancora non esisteva lo Stato unitario italiano, a dimostrazione del sincero patriottismo che al tempo pervadeva la crescente cittadina, dove trovarono rifugio e dimora molti patrioti d'ispirazione mazziniana nel corso del Risorgimento.


Gonfalone cittadino


Furono infatti gli esponenti della democrazia interventista ad invitare ufficialmente l'On. Battisti a tenere una conferenza in città. Ma altrettanto forti erano le compagine dei socialisti neutralisti, che per l'occasione richiamarono a Viareggio molti iscritti e simpatizzanti dei comuni limitrofi (soprattutto dalla Versilia storica, comprendente i comuni di Seravezza, Forte dei Marmi, Stazzema e Pietrasanta). Anime che verranno inevitabilmente a scontrarsi proprio in quei primi mesi del 1915. Il teatro politeama era gremito di gente. Da una parte i repubblicani, i radicali e qualche nazionalista, uniti alla presenza di alcuni anarchici interventisti tra i quali spiccava il poliedrico artista Lorenzo Viani, convinto assertore dell'entrata in guerra dell'Italia; dall'altra i moderati giolittiani e i neutralisti ad oltranza, accaniti socialisti pronti a tutto pur d'impedire il comizio di Battisti. Secondo la testimonianza della Bittanti, che riferisce quanto raccontatogli dal marito, ad ingrossare le fila dei neutralisti vennero mandati anche molti contadini coloni di Zita di Borbone², moglie di Carlo d'Asburgo – futuro ultimo imperatore d'Austria – che nelle campagne a ridosso di Viareggio aveva una grossa tenuta. Ma la notizia è inesatta, giacché la Tenuta situata nel cuore della pineta di levante non era un possedimento di Zita, ma di Bianca, Infanta di Spagna e moglie dell'arciduca d'Austria Leopoldo Salvatore d'Asburgo-Lorena. Inoltre al tempo la Tenuta arciducale, esclusa la chiesetta, era occupata dalla Marina Militare di La Spezia. Ciò non toglie che essendo ancora proprietà dei Borbone e degli Asburgo, due famiglie storicamente avverse ai destini d'Italia, i contadini a loro sottoposti furono in qualche modo “sollecitati” a dar manforte alla corrente neutralista. Fatto non riportato però dai giornali dell'epoca, se non velatamente accennato in un piccolo trafiletto de La Gazzetta della Riviera in cui si definisce i socialisti locali come “ i tedeschi di Viareggio³. Neppure Sbrana né fa menzione. Forse, vista la sua militanza nel partito comunista, poteva risultare imbarazzante ricordare come i predecessori del suo partito avessero stretto legame con i coloni dei “signori”, soltanto per impedire ad un sincero socialista di parlare. Non lo sapremo mai. Ad ogni modo potrebbe essere davvero verosimile, tant’è che lo stesso Sbrana nella prima pagina del suo articolo parla del “sacro furore dei repubblicani viareggini” i quali, dopo la barbara uccisione di Battisti, avrebbero voluto spingere la giunta comunale a chiedere il sequestro “..della pineta e Tenuta Borbone, oggi detenuta dall'arciduca Leopoldo Salvatore, sedicente Duca di Toscana che combatte contro i nostri eroi del Trentino, a solo spirito di malvagia brama d'austriaca barbarie. Segno comunque inequivocabile di una presenza ostile all'Italia sul territorio.
Ad ogni modo, coloni o meno, quella domenica di gennaio la tensione era palpabile nell'aria. La presenza di un nutrito gruppo di neutralisti e la scarsissima vigilanza da parte delle autorità competenti, furono lo scenario ideale per far esplodere la situazione. Il racconto di Sbrana si concentra sui personaggi chiave, le figure cardine delle due correnti: Viani e Salvatori. Il primo, come abbiamo già accennato, era un artista il cui genio spaziava dalla pittura alla scultura e dai romanzi alle poesie. Le sue opere pittoriche, dal gusto e dal tratto espressionista, iniziavano a farsi strada nel fecondo humus culturale dell'Italia del tempo. Nativo di Viareggio e d'indole focosa e ribelle, sposò ben presto l'anarchismo che nel 1914, sull'onda delle parole infuocate dei sindacalisti De Ambris e Corridoni, lo spinse ad abbracciare la causa interventista.


Tristo (Il mietitore) - Lorenzo Viani


Il secondo era sicuramente il più autorevole esponente socialista della Versilia. Nativo di Querceta, frazione del comune di Seravezza e di professione avvocato, era una figura sicuramente carismatica, stimato per il suo impegno politico e civile anche da molti avversari. Esponente dell'ala massimalista del partito, fu fino all'ultimo tra i più intransigenti assertori della “neutralità senza se e senza ma. Viani e Salvatori erano amici, si conoscevano da tempo e facevano ambedue parte di quella “Repubblica d'Apua” che fu un cenacolo di artisti e intellettuali animatori della scena culturale versiliese, capitanati dal poeta ligure, ma apuano d'adozione, Ceccaro Roccatagliata Ceccardi 6. Ma quel 31 gennaio si videro frontalmente contrapposti. Il titolo della conferenza di Battisti avrebbe dovuto esser “L'Italia e l'attuale momento storico. A quanto riportato da Sbrana, una volta introdotto l'oratore sul palco da parte di un concittadino, il socialista trentino ebbe appena il tempo di proferire poche parole che dalle platea un marinaio, inserito tra le file socialiste “ruttò con posa e voce tragica” così: “perché non vi siete ribellati all’Austria trent'anni fa, quando hanno ucciso Oberdan?. Si alzarono le voci tra le poltrone del politeama e iniziarono a scaldarsi gli animi. Luigi Salvatori, sempre secondo quanto riferisce Sbrana, cercò di calmare le acque ed invitò i compagni socialisti a lasciar parlare Battisti, di modo che si potesse poi fare un contraddittorio al termine della conferenza. Secondo invece sia la Bittanti, che i due giornali - Libeccio e La Gazzetta della Riviera – a tentare la pacificazione delle acque non fu Salvatori - di cui nemmeno si parla - bensì lo stesso Battisti. Infatti su espressa volontà del relatore la conferenza, che doveva essere privata, venne aperta al pubblico allo scopo di suscitare un dibattito; poi al crescere della tensione Battisti stesso cercò di sedare gli animi in platea tanto che “aveva dichiarato due volte e ad alta voce di accettare qualunque contraddittorio 9. Sbrana – fatto non confermato dalle altre fonti consultate – scrive che allora intervenne direttamente Lorenzo Viani, ribattendo a muso duro verso Salvatori e la sua schiera che non ci sarebbe stato nessun contraddittorio e che Battisti avrebbe parlato senza essere interrotto da nessuno. Sia come sia, la situazione iniziò a degenerare velocemente e in men che non si dica fu tutto un parapiglia, con cazzotti e sedie che volavano in platea tra le diverse fazioni. Battisti, attonito, si vide costretto a lasciare il palco, terminando così la sua conferenza mentre nel teatro divampava la rissa che si protrasse per una buona mezz'ora e al termine della quale si contarono diversi feriti, tra cui lo stesso Viani. La moglie dell'Eroe trentino sostiene la tesi secondo cui venne fatto ben poco per sedare l'incresciosa situazione e che le autorità governative, forse ligie alla corrente neutralista, lasciarono sfogare ed esplodere l'ala socialista più oltranzista. I socialisti dal canto loro risposero sulle pagine del Versilia¹º, settimanale diretto proprio da Salvatori, di aver fatto tutto il possibile per lasciar parlare l'oratore e di non aver ordito niente a discapito gli interventisti. Fatto sta che su La Gazzetta della Riviera venne riportata un'esternazione di Battisti, che pare abbia proferito tali parole all'uscita dal Teatro: “Se un tedesco andasse a Parigi ad esporre il suo punto di vista non sarebbe accolto cos씹¹. Si concludeva così amaramente il primo soggiorno di Cesare Battisti a Viareggio. Ma di lì a poco nuove proposte da parte di viareggini indignati per il comportamento di “pochi sconsigliati” arrivarono sul tavolo di Battisti. Il 16 febbraio, secondo la Bittanti¹², dopo una riunione privata da parte di quattordici cittadini appartenenti a vari partirti, venne rinnovato l'invito a parlare in città, onde fare ammenda della volta precedente. Fu stabilita la data del 27 febbraio.


Teatro Pacini, dove avrebbe dovuto svolgersi la seconda conferenza di Battisti


Soltanto due giorni prima di quella data accaddero i fatti di Reggio Emilia ed il consiglio dei ministri, come dicevamo, si pose sulle difensive. A Viareggio il clima fu nuovamente teso. Nello stesso giorno degli scontri di Reggio, la città fu teatro di una grossa manifestazione socialista al grido di “pane e lavoro”! Dopo il concentramento ed il comizio nella piazza del mercato, un folto corteo si diresse compatto al comune deciso ad ottenere udienza. Dopo numerose sassaiole contro il municipio e scontri con le forze dell'ordine il Sindaco, esasperato, decise di ricevere una commissione guidata da Salvatori per discutere sul prezzo del pane e cercare una soluzione contro la crescente disoccupazione in città. I socialisti riuscirono a strappare un accordo per calmierare il prezzo del pane e la promessa di nuovi lavori pubblici tesi ad assorbire la manodopera disoccupata¹³. Ottenuto questo successo tornarono a farsi sentire, seppur non ufficialmente, anche il 27 febbraio, facendo girare tra il popolo un volantino dai toni forti contro il nuovo comizio di Battisti. Nel libro della Bittanti venne riportato per intero così come era stato trascritto, con viva deplorazione, su Il Popolo d'Italia del 3 marzo del 1915. Lo riproduciamo anche noi, con l'intento di dimostrare come siano passati gli anni, ma una certa linea di pensiero, mutate forme e contenuti, nella sostanza non sia cambiata.

Cittadini, Lavoratori, Cesare Battisti in un comizio a Reggio Emilia ha provocato un eccidio. Un morto e parecchi feriti sono stati il frutto della sua conferenza. Stasera ad ore 9 parlerà al nostro Teatro Pacini e chiederà nuovo sangue proletario a mezze de' suoi sicari, i quali sono coloro che vogliono la guerra. Il popolo italiano è già troppo affamato, colui che lavora e lotta per la rivendicazione sociale non deve permettere che i capi di famiglia vengano tolti alle proprie case e mandati al grande macello della guerra europea. Tutto questo vuole Cesare Battisti e i pochi che lo seguono anche stasera tenteranno di scagliqarci contro le baionette. Vi invitiamo dunque per questa sera sabato, ad ore 8,30, in Piazza Grande, per dimostrargli che Viareggio non ha bisogno di novelli assassini. Vogliamo solo pane e lavoro.

I padri di famiglia”¹

La firma è di un generico padri di famiglia, ma non è difficile vedervi gli stessi elementi che provocarono l'annullamento della precedente conferenza. Ed anche in questo caso ottennero un piccolo successo, allarmando ulteriormente le autorità competenti che, come dicevamo, proibirono lo svolgimento del comizio presso il Teatro Pacini. Battisti giunse comunque in città e secondo quanto riportato dalla cronaca de Il Libeccio¹ venne condotto all'hotel Royal, dove gli fu offerta una cena dal comitato organizzatore. Qui venne pubblicamente elogiato dall'Ing. Guarneri, che parlò a nome del comitato e a cui Battisti rispose lusingato, ribadendo la speranza di vedere finalmente l'Italia prendere una decisione risoluta e certa di fronte alla “prepotenza teutonica minacciante la pace mondiale”. Al termine della cena il deputato socialista fu accompagnato dai membri del comitato a visitare il Regio Casino, situato nello stesso edificio del Municipio, di cui la maggior parte dei presenti erano membri. 


Il vecchio Municipio di Viareggio


Ivi, su richiesta dei convitati e in forma strettamente privata, Battisti venne esortato a proferire alcune parole sui territori irredenti. Di buon grado accettò la richiesta, pronunciando un discorso breve e misurato, ma vibrante e deciso, sulle condizioni delle terre italiane sotto il dominio austriaco e sul dovere dell'Italia nel momento attuale. Tanto la Bittanti quanto Il libeccio sono concordi nel riportare il successo di quella piccola conferenza, intervallata da sinceri applausi e da grida di “Viva Trento e Trieste”! Poi, vista l'ora che incalzava e il diretto per Napoli che lo attendeva (dove l'indomani avrebbe tenuto un'altra conferenza) venne accompagnato “da gran folla entusiasta” e “salutato e acclamato dagli astanti” fino alla stazione. Dei neutralisti stavolta, a parte il volantino, neanche l'ombra. Probabilmente gli sforzi e la soddisfazione per i risultati ottenuti con la protesta del 25 febbraio, uniti al fatto che questa sarebbe stata una conferenza strettamente privata, avevano un po' placato gli animi. Ma siamo convinti che fu soprattutto l'onta di quel tumultuoso 31 gennaio ad incidere di più sulla loro assenza. Salvatori sapeva bene in cuor che quella mancata conferenza di Battisti pesava come un macigno sulla reputazione non solo del partito, ma di lui stesso che era riconosciuto come uomo di grande liberalità sempre pronto a dare ascolto e parola anche a chi la pensava diversamente (si ricordi il numero del Versilia lasciato interamente redigere a Viani per spiegare le motivazioni del suo interventismo 16). Macchia che andrà via via allargandosi, rendendo sempre meno efficace la sua linea di condotta soprattutto a livello nazionale, tanto che quando la direzione del partito socialista si riunirà il 16 maggio a Bologna, sarà soltanto lui a votare per “l'immediato sciopero generale politico rivoluzionario”.


Luigi Salvatori, esponente di spicco del socialismo massimalista in Versilia


Il dado oramai era tratto. Battisti, fedele e coerente al suo dire, si arruolò volontario pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra negli Alpini, combatté con valore e morì da Eroe. Le terribili immagine della sua barbara esecuzione fecero il giro del mondo, suscitando lo sdegno e la riprovazione di tutti. In molti ritengono che proprio a partire da quelle ripugnanti fotografie del boia austriaco Lang, compiaciuto e sorridente dietro al cadavere di Battisti, andò sempre più cementandosi nel cuore degli italiani la convinzione della necessità alla lotta implacabile contro l'acerrimo nemico d'oltralpe. In tutte le città d'Italia s'intitolarono strade, piazze, palazzi, sorsero targhe, monumenti, cippi, volti a ricordare il martirio di Cesare Battisti. Non fece eccezione Viareggio dove, su iniziativa del sindaco, di quattro assessori e del segretario comunale, venne fatto pubblicare un manifesto in cui si annunciavano le pubbliche commemorazioni dell'Eroe per il 20 settembre. Si scriveva che “Viareggio, al di sopra di ogni competizione della vigilia, comprese ed amò il figlio di Trento, invocante armi fraterne per la liberazione della sua Terra”. Vi si celebrava Battisti “assurto alla gloria dei precursori, tra i Martiri e gli Eroi del Risorgimento nazionale” e morto “per la redenzione di tutti gli oppressi”. Continuando poi: “In cuor gli splendeva l'invitta fede – animatrice di ogni sua Virtù – in un'era di libertà e di giustizia, verso la quale doveva segnar gran passo, per il suo Trentino, la restaurazione del diritto nazionale e, per il mondo intero, la liberazione da ogni giogo di prepotenti e incivili governi¹. Alla manifestazione parteciparono varie associazioni cittadine, esclusi socialisti (neppure invitati), la Croce Verde (per il suo carattere eminentemente filantropico (sic! n.d.a) e apartitico), il Partito Repubblicano (in segno di protesta per la mancata intitolazione del viale che porta alla Tenuta degli odiati Asburgo-Borbone al Martire triestino Guglielmo Oberdan) e il Circolo Juventus (per non unire la propria bandiera di associazione cattolica ad altre anticlericali e massoni)¹. Al termine del corteo, partito dalla piazza del mercato, i partecipanti si recarono a scoprire una targa dedicata a Battisti e posta sulla terrazza del Municipio, dove il socialista trentino, all'interno delle stanze del Regio Casino, tenne quel suo secondo discorso. Gli venne anche intitolata una strada, la vecchia via degli Uffizi, una delle arterie principali del centro cittadino che, partendo dal canale Burlamacca, taglia da sud a nord Viareggio passando attraverso la piazza del mercato per concludersi di fronte alla pineta di ponente. Il vecchio Municipio, il Regio Casino e con loro quella targa, gravemente danneggiati dai numerosi bombardamenti alleati che si susseguirono incessanti dal 12 maggio del 1944, sono oggi scomparsi. Il Municipio in verità, era ancora recuperabile, ma venne purtroppo demolito nell'ansia di rinnovamento che pervase il primo dopoguerra, lasciando il posto ad un orribile palazzone senza arte né parte. Alcune colonne costituenti la facciata del vecchio edificio sono oggi esposte nel parco della piazza 16 settembre all'interno del Monumento alla Resistenza, posto al centro del Largo Risorgimento, mal custodite e inserite in un contesto urbano improprio. Altre giacciono dimenticate all'aperto nei locali del magazzino comunale. Via Battisti, un tempo viva e fiorente di attività commerciali, è oggi un fantasma di sé stessa, con vetrine chiuse, cartelli di affittasi o vendesi e pervasa da un opprimente senso di desolazione. Da via Battisti si arriva in piazza Cavour – o piazza del mercato – dai viareggini chiamata affettuosamente “il piazzone”, perché un tempo ricoperta da un bel prato dove i ragazzi erano soliti giocare. Di lì un tempo partivano cortei, si radunavano folle e si arringava la piazza. Col tempo vennero costruiti sulla piazza dei caratteristici padiglioni con loggiati sotto i quali sorsero innumerevoli negozi, rinomati per la loro qualità. Oggi qui pullulano venditori cinesi e teppaglia nordafricana, dedita a ben altri commerci. 

Il "piazzone" ieri..

Piazza Cavour oggi..


Della targa dedicata a Cesare Battisti crediamo nessuno si sia mai interessato una volta crollata sotto le bombe. Eppure sarebbe forse l'ora che qualcuno lo facesse, proprio in occasione di questo centenario della Grande Guerra. I problemi di Viareggio sono ben altri, certo, ma non dobbiamo mai sottovalutare la forza del ricordo e della memoria, mai. Dopo la lodevole iniziativa di restauro del monumento ai caduti di Viani e Rambelli – probabilmente uno dei più belli ed originali di tutta Italia – perché non pensare anche ad una nuova lapide in memoria del grande Eroe trentino? Magari da apporre proprio al Teatro Politeama o nella stessa via Battisti? C'è un estremo bisogno di vivificare il grigiore contemporaneo con la luce di un fulgido passato, in cui Viareggio era una fucina incandescente colma di artisti ed intellettuali che alle parole e ai disegni univano l’azione; una città giovane e animata da un popolo vivo, operoso che – nel bene o nel male – sapeva esser battagliero. Per questa città, ma così per l'Italia intera, è necessaria una salutare scossa, una scarica capace di farci tornare a credere che niente è ineluttabile e che non bisogna arrenderci all’inerzia e allo squallore. Nel nostro piccolo abbiamo fatto un primo passo in tal senso ponendo il 12 luglio, insieme ai fraterni amici di Magnitudo Versilia, una corona d'alloro in via Battisti alla memoria del Martire, distribuendo poi tra i passanti dei volantini sul cui fronte si dava un resoconto sintetico delle sue tormentate visite a Viareggio, mentre sul retro era riportata una breve biografia a testimonianza della sua esemplare storia. 

La nostra corona d'alloro deposta in via Cesare Battisti

 
Sempre nella storia dei popoli e delle nazioni sopraggiungono periodi cupi. Non da meno degli odierni lo furono anche quelli vissuti da Battisti, col suo Trentino strozzato dal cappio austriaco. Anche allora fu la memoria la prima arma utilizzata dal giovane socialista per ridare vigore e forza al suo popolo. Dopo l’ennesima legge sopraffattrice degli italiani proposta dalla Dieta di Innsbruck, egli riuscì ad indire un grande comizio di protesta unendo i socialisti e i liberali trentini in una comune lotta. In quel 22 giugno del lontano 1900, nella piazza del Duomo di Trento di fronte a 6.000 persone, Battisti pronunciò un’orazione infuocata. L'attualità delle sue parole è quanto mai inequivocabile e alla luce del suo supremo sacrificio acquistano oggi un più alto significato. Riportiamo allora un estratto di quel discorso a conclusione nel nostro lavoro, con l’augurio che quei concetti, quei sentimenti ivi espressi, tornino ad ispirare ed unire il nostro smarrito popolo.

A scuotere i vivi dell’oggi, occorre lanciare su quest’aria morta l’epico e fatidico verso della rivoluzione: Si scopran le tombe, si levino i morti! Risorgano e passino dinnanzi a noi le figure belle dei Martiri, dei Combattenti, dei Cavalieri dell’ideale. Passate, passate o baldi eroi, che in schiera invitta aveste morte nelle battaglie, mentre l’ultimo vostro sorriso, l’ultima parola erano per la patria!” 19

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1 – La Versilia dalla neutralità all'intervento – Stefano Bucciarelli, in La Grande Guerra. Il contributo di Versilia, Massa e Lunigiana, a cura di A. De Gregorio, Pontedera 2015, pp. 125-126.
2 – Con Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta Battisti Bittanti, cap. I discorso del gennaio 1915, edizioni Fratelli Treves Milano 1938, pp. 333.
3 – La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio 1915, art. La conferenza dell'On. Battisti.
4 – Battisti riattizza il fuoco. Un episodio di cinquant'anni fa – Leone Sbrana, in Viareggio Ieri n.9 anno 1965, pp. 3.
5 – Un leader del Movimento operaio: Luigi Salvatori fra le due guerre e al confino (1914 – 1946) – Enrico Lorenzetti, in Studi Versiliesi n.XVIII (2012-2013), pp. 18.
6 – Idem.
7 - La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio 1915, art. La conferenza dell'On. Battisti.
8 - La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio 1915, art. Conferenza al Politeama.
9 – Il Libeccio, anno XII del 6 febbraio 1915, art. Magre giustificazioni.
10 - La Versilia dalla neutralità all'intervento – Stefano Bucciarelli, cap. Ragioni della democrazia e nota n.55.
11 - La Gazzetta della Riviera, anno II n.6 del 7 febbraio 1915, art. Conferenza al Politeama.
12 - Con Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta Battisti Bittanti, cap. Nel febbraio 1915, pp. 370.
13 - La Versilia dalla neutralità all'intervento – Stefano Bucciarelli, cap. Concreti problemi.
14 - Con Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta Battisti Bittanti, cap. Nel febbraio 1915, pp. 371.
15 – Il libeccio, 13 marzo 1915, art. Conferenza Battisti.
16 - La Versilia dalla neutralità all'intervento – Stefano Bucciarelli, cap. Interventisti estremisti e nota 33.
17 - Con Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta Battisti Bittanti, cap. Nel febbraio 1915, nota n. 1 pp. 371-372.
18 - Battisti riattizza il fuoco. Un episodio di cinquant'anni fa – Leone Sbrana, in Viareggio Ieri n.9 anno 1965, pp. 5.
19 - Con Cesare Battisti attraverso l'Italia – Ernesta Battisti Bittanti, cap. Linea e figura dell'Irredentismo trentino, pp. 32.

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