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lunedì 21 maggio 2012

L'ULTIMO ASSALTATORE

Il Gruppo di Studio AVSER è felice di presentare un piccolo spazio, all'interno del proprio sito, ritagliato alle pubblicazioni altrui degne di nota.
Esordiamo dunque con un recente lavoro biografico.

L’ULTIMO ASSALTATORE

Mario Bernardi Guardi

da Secolo d’Italia di domenica 20 maggio 2012

Eroe non per caso

La X Mas, le missioni suicide come pilota di mezzi d’assalto del fiorentino Sergio Denti nella biografia di Enrico Nistri


"Tra le conseguenze più nefaste della nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale una è particolarmente amara e dolorosa: la consegna alla memoria collettiva di un’immagine sgradevole del soldato italiano: antieroe per eccellenza, pavido e puttaniere, mammone e opportunista, tuffato nella sanguinosa fornace della guerra a maggior gloria del bieco Regime. E invece non è così. Di eroi ce ne sono stati. Durante la guerra civile e, intendiamoci, da una parte e dall’altra, ma anche sui campi di battaglia durante la “guerra fascista”. Non eroi “per caso” ma per la “Causa”. Uomini. Onesti, diritti, leali, sdegnosi della retorica, fermi e tranquilli nella loro convinzione. Credevano: e di conseguenza obbedirono e combatterono. Qualcuno cadde in combattimento. Qualcun altro, fedele a se stesso, dopo l’8 settembre, al momento della “morte della Patria”, continuò a lottare alla luce del sole. Come il fiorentino Sergio Denti. Enrico Nistri gli ha dedicato una intensa, documentata biografia (“L’ultimo assaltatore. Sergio Denti dalla Regia Marina alla X Mas”, Sassoscritto, Firenze, pp. 220, euro 15), che ci propone una vita “esemplare”, ridisegnando il contesto in cui si svolse e in questo modo spiegando, attraverso le scelte di Sergio Denti, le “ragioni” di una generazione che fu fascista perché nel Fascismo “vedeva” l’Italia. E, si badi bene, non abbiamo a che fare con “borghesi” ai quali il Fascismo garantisce il quieto vivere senza scossoni sovversivi all’insegna dei valori tradizionali ma con gente del popolo (la mamma di Sergio era di radici campagnole, il babbo lavorava come cameriere presso famiglie aristocratiche) che non soffre di risentimento classista anche perché il Fascismo ha un piglio sociale innovativo: ad esempio, nelle organizzazioni giovanili del partito il figlio dell’operaio “conta” quanto il rampollo di nobile stirpe, c’è la possibilità per tutti di fare pratica sportiva e, “in un’epoca in cui la villeggiatura era ancora un privilegio aristocratico o borghese”, i figli del popolo possono, per la prima volta, scoprire “fisicamente” il mare soggiornando nelle colonie della Gioventù Italiana del Littorio. E poi ci sono i valori: al suo “uomo nuovo” il Fascismo propone dedizione alla “causa” e gusto del rischio, spirito combattivo e senso del sacrificio, radicamento in un passato glorioso e tensione verso il futuro. Una forte identità in un’Italia “giovane”. Sergio “ci crede”. Ha talento artistico e potrebbe fare il pittore nella “bottega” di Ottone Rosai dove è entrato giovanissimo. Ma
preferisce arruolarsi in Marina. A bordo della torpediniera “Orsa”, partecipa valorosamente a diverse operazioni di scorta ai convogli e caccia ai sommergibili e, dopo l’8 settembre, sceglie la “parte sbagliata”: Valerio Junio Borghese, la X Mas, le missioni suicide come pilota di mezzi d’assalto. Nel dopoguerra non sfugge all’epurazione. Poi, deve ricostruirsi una vita. Lo fa, con successo, come mercante d’arte. Oggi, evocando «opere e giorni» con Nistri, può dire, a buon diritto, di «non aver crediti né debiti con la vita»."

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