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lunedì 30 settembre 2013

DEMOCRAZIA E LIBERTA'

Alcune riflessioni, estratte da "Oh! La Globalizzazione!", intorno a due parole abusate, divenute la moneta sonante con cui gli odierni demagoghi comprano i consensi delle masse e preparano guerre "giuste"..

La Democrazia


Le comunità si costituirono appena popolata la Terra. Con esse insorsero le controversie, per così dire, ci­vili che furono sbrigativamente risolte con spietata di­scriminazione. Eliminati o banditi gli oppositori, i rimasti che si reputavano buoni e saggi convennero di darsi delle regole e di governare ognuno per tutti, nell'interesse di tutti.
Da allora cominciò il braccio di ferro tra anarchia e tirannide. Dalla copula di questi due mali nacque un ‘bene unico e supremo’ che in età storica i greci chiamarono De­mocrazia, vale a dire ‘governo di popolo’. Questa meraviglia impastata di utopie e paradossi fu riscoperta nell'Età dei Lumi: l'idea d'un popolo che governa, sedusse un intellet­tuale stento e un po' tocco, fallito nel pensiero e nella vita, deludente e deluso in tutto.
« L'idea mi piace disse l'intellettuale è vecchia, ma in linea coi tempi nuovi ». La fece sua, non senza qualche dubbio. Dubitava, tra l'altro, che la società sa­pesse go­vernarsi da sé. E concluse che un popolo di dei, quello sì, potrebbe reggersi democratica­mente 1.
Dopo di lui un cervello fino, disincantato e con qualche autorità in materia, osservò che la Democrazia è un ‘governo di popolo’ che impedisce al popolo di occuparsi delle fac­cende che lo riguardano. Da ultimo, uno statista inglese tra i fumi del tabacco e del whisky sentenziò che, a ragion veduta, la Democrazia è il peggior sistema di governo; ma poi ci mise una pezza asse­rendo che non ne esiste uno migliore...
Il fune­rale di questa creatura mai nata si è celebrato tantissime volte, senza rimpianti, nell'antica Grecia. E si celebra ogni dì nella coscienza dell'italiano. Il quale, angariato, schifato e consa-pevole del disfacimento morale e mate­riale del popolo becco e mazziato, conviene col giudizio dello statista inglese. Però la pezza non ce la mette.
La Storia insegna che esistono regimi assai meno corrotti, meno oppressivi e meno pericolosi della Democrazia, la quale apre le porte della Città a tutti i mali. Manovrata dal Mondialismo, è il sistema più spedito ­– e si può dire, sì, il migliore ­– per appecorire i popoli e consegnarli alla Piovra.
Si dirà che c'è democrazia e democrazia. D'accordo: ma noi conosciamo solo quella che brucia sulla pelle dell'uomo libero, quella che il Renan, senza escluderne una meno in­decente, chia-ma "bassa democrazia". Di essa il mistico bre­tone prefigura la prospettiva finale, ora delineata a tutto campo: mortificazione della parte sana del popolo ed esalta­zione di quella più abietta.
La democrazia che abbiamo la disgrazia di conoscere è negazione del suo stesso nome che dovrebbe significare ‘governo di popolo’ e non regime di furfanti. Al confronto, rimosse le calunnie e la damnatio memoriae, ne guadagna l’immagine del sistema segnato a dito come il maggior nemico di essa: il Fascismo.
Per quanto lo si voglia demonizzare, il Fascismo ha almeno un onesto intento democratico, più concreto che utopistico. Lo ha
nella Dottrina 2 e nella prassi mirante non al profitto, ma al consenso popo­lare. Ne conviene perfino qualche antifascista, come lo scrittore Mario Mis­siroli che esprime questo giudizio finora inconfutato: « Il Fascismo va riguardato come un movimento democratico, l'unico movimento democratico scatu­rito dopo la prima guerra mondiale ».
Le opinioni son tante, ma su tutte emerge l'esternazione beffarda di Demostene che nel lasciare Atene verso l'esilio sostò pensoso davanti alla statua di Pal­lade. Benché assuefatto al sistema e non poco invescato in quella pania, non poté fare a meno di chie­dere: « O dea dell'Acropoli, come puoi compia­certi di be­stie così brutte come le civette e la demo­crazia? » .

 
Giustizia, Fratellanza, Libertà:
quanta gente ripete 'ste parole.
Il gallo canta quanto spunta il sole,
il gufo stride nell'oscurità.

Trilussa




N o t e
1 Jean J. Rousseau: « S'il y avait un peuple de dieux il se gouvernerait démocratiquement. Un gouvernement si parfait ne convient pas à des hommes ».
2 [Benito Mussolini, Dottrina del Fascismo, II, § 7 e suo articolo in Enciclopedia Italiana (XIV, 849, ediz. 1932): « Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze ta­lora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e rovinosi di un solo re che sia tiranno.[...] Il fascismo respinge della democrazia l'assurda menzo­gna convenzionale dell'egualitarismo politico, l'abito dell'irresponsabilità collettiva, il mito della felicità e del progresso indefi­nito. Ma, se la de­mocrazia può essere diversamente intesa, cioè se demo­crazia significa non respingere il popolo ai margini dello stato, il fasci­smo può essere de­finito una 'de-mocrazia organizzata, centralizzata, au­toritaria ». – SV].


La Libertà



La Libertà è un bene prezioso, è pa­rola nobile, ma non sempre detta a proposito. Ecco un sommario menù per tutti i gusti:
« Libertà vo cer­cando ch'è sì cara ». Nobile aspirazione di un poeta con gli attributi, non appigionato al potere.
« Per la Libertà darei la vita, per la Patria la Libertà ». Pa­rola santa, d'un altro poeta che fu conseguente e andò a morire per la libertà della sua patria.
« Aquam liberam gustabunt », 'gusteranno l'acqua della li­bertà'. Petronio Arbitro, da fonte greca. È un concetto da te­ner di conto, perché appaia due cose poco apprezzate dai letterati, i quali di solito elogiano il vino e i sentimenti forti. C'è chi all'aqua libera di Petronio preferisce l'aqua serva di Ovidio per ammorbidire il pane della schiavitù.
« Sempre libera degg'io, folleggiar di gioia in gioia... ». Aggettivo eufemistico: è disdicevole dire "mignotta".
« L'istinto della libertà, opportunamente istigato, li renderà discordi e as­setati di sangue », sta scritto in un libro proibito. È la libertà 'estatica ed assassina' celebrata da un bardo della democrazia, Walt Whitman, e concretata dalle ingerenze umanitarie dello Zio Sam in casa d'altri appena sente odore di petrolio.
« Freiheit ». Era, ma guarda un po', il rutilante sottotitolo del foglio na­zista "Völkischer Beoba­chter ".
«Libertà conculcata dalla bieca dittatura fascista ». Ve la servo come dessert, a sparecchio, con un serafico fervorino di Giuseppe Roncalli, il futuro « papa buono », che in una lettera del 1941 si espresse così:
«In Italia si dice che ora c'è poca libertà. Ma cosa av­viene nei paesi dove trionfa la grande libertà? [...] Certo si ama dir male dell'Italia, ma a torto. Ci sono degli arroganti fra noi; non manca un poco d'esagerazione; ma l'Italia come paese or­ganizzato, rispettoso della religione è ancora quello dove si sta meglio. Il sistema è buono e fa invidia a tutti » 3.
La merce ha un sigillo di garanzia: Papa Giovanni è stato beatificato e non s'è mai visto un Beato che in vita dicesse le bugie. La lettera è verace e merita un commento.
La « poca libertà » è da riferire alla libertà di espres­sione che era limitata non dalle norme, ma da certi zelantoni più fascisti del Duce, gli « arroganti fra di noi ». Tanti di loro alla caduta del Fascismo si 'pentirono' e scesero in strada a manife­stare rumorosamente l'esultanza per la libertà recuperata. Non tutti: i più compromessi, per la paura delle botte, si eclissarono per un po', appena il tempo necessario per ricompat­tarsi, più albagiosi che mai, nei partiti ‘democratici’ 4.
Da allora questi misirizzi, pasciuti e quartati, non han fatto che stuccarci a morte ripetendo in mille toni che in de­mocrazia ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma certo! Be­ninteso, pagandone le conseguenze. Gedanke sind zollfrei­, di­cono i tedeschi, ma i fiorentini dicon meglio, con arguta compiutezza: « I pensieri sono esenti da ga­bella, ma non da mannaia ». A meno che non te li tieni den­tro, solo per te.
Beh, si potrà dire che il Fascismo ci lesinava la li­bertà di espressione; ma non le altre libertà fonda­mentali. Al contrario, ce le garantiva, a cominciare dalla libertà di circolare si­curi di giorno e di notte. Per questo era definito « sistema buono » 5 da « fare invidia a tutti », in una Italia dove allora, sempre a detta del buon Roncalli, si stava meglio che in altri paesi.
Non pochi credono ancora, o fingono di credere, che i rigattieri del mercato delle libertà gestite secondo le regole del bel vivere democratico abbiano un minimo di buona fede, di onestà, di competenza.
Que­sta credulità, ingenua o simu­lata che sia, scaltrisce l'oppressore e lo rende più di­sinvolto nel raggirare e vessare i 'cittadini', degradati a sudditi senza dignità e a complici di una mostruosa autocrazia senza volto. Occulta o manifesta, la Tirannide le inventa tutte. E sa servirle così bene nel piatto che persino certe persone ‘di buonsenso’ le tro­van buone. 

Ecco uno stuzzichino un po' forte e di non facile digestione: il Po­tere deve esercitare « il diritto di trascinare e schiacciare gli individui » in quanto condizione indispen­sabile alla Storia per fare il suo corso. Di questo era con­vinto Be­nedetto Croce prima di pur­garsi della infatuazione marxista, di quella peste di fine mil­lennio da cui nessuno di noi può van­tarsi di non essere stato contagiato o almeno sfio­rato.

L'anestetico d'una libertà aperta a 360 gradi, che nega se
stessa e fabbrica schiavi mansueti 6, consente al tiranno di af­fermarsi, di « trascinare e schiacciare ». L'esercizio di que­sto scellerato diritto è sì indispensabile: non certo alla dina­mica della Storia soggetta a corsi e ricorsi di ben altra natura ma alla imposizione della tirannide suprema, pure senza volto, che è tutt'una con la Piovra mondialistica.

« In questo clima di libertà, nel nome di essa, non v'è più riguardo né rispetto per nessuno. In questa licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la Tirannide».
Platone

N o t e

3 [Dalla recente edizione integrale dell'Epistolario di Papa Roncalli (contenente anche le lettere epurate da Mons. Capovilla, vedi oltre, pg. 158, nota 20). Il brano è ripreso da Umberto Scaroni, Scriveva il futuro Papa buono..., « Nuovo Fronte », XXX, n° 204 (Trieste, ottobre 2000), 2. SV].
4 [Ravveduti, redenti e riciclati, i voltagabbana infierirono sui fascisti coe­renti scampati alle radiose giornate partigiane e stesero il bianchetto sul loro passato. Ricordo un fregno buffo della GIL che mi fece un solenne caz­ziatone perché dicevo 'compagno' invece di 'camerata'. Lo ricordo tutto nero e lustro, dall'impeccabile camicia nera di seta agli stivali di copale eter­namente calzati (un lepido cadetto pisano sussurrava: « Vello là 'un se li leva manco vando s’accoppia co la ganza... »). Bene: lo ri­vidi nel '47 in principe di galles con un distintivo del Pci che pareva un coper­chio da forno. « Heri dicebamus... – gli dissi papale – Ho memo­ria d'elefante: le preciso che nella GIL mi garbava dire 'compagno' perché il termine pia­ceva a Gabriele D'Annunzio. Ma ora che piace a lei non mi garba più ». Inghiottì e, dopo breve concentrazione, con spocchioso distacco farfugliò: « Elefante... la GIL... D'Annunzio... garba... non garba... Oh che di­scorsi mi fa! Ma è matto? ». Re­plicai con una risata, per l'appunto, da matto e andai con Dio. – SV].
[C'è ben di peggio. Apprendo oggi che un antifa­scista di ferro, il quale impartisce in TV lezioni di demo­crazia e di mora­lità, alla domanda de « la Repubblica » se non teme le con­seguenze di « essere schierato a sinistra » ha risposto, intrepido: « Io non temo niente. Ho ottant'anni. Ho avuto a che fare con Hitler e Mussolini, figuriamoci se mi preoccupa Berlusconi ». Per quanto ne sappiamo, nel gennaio '44, questa poco plutarchesca figura ebbe « a che fare » con un assegno nazifascista di lire 3000 (equivalenti a non so quanti milioncini di adesso) elargitogli dal Mini­stro Mezzasoma della RSI tramite il direttore del Resto del Carlino, Gior­gio Pini. Mezzasoma fu poi fucilato dai partigiani, usciti eroica­mente allo scoperto il 25 aprile '45; a Pini, un mese dopo, assassinarono il figlio di­ciassettenne Giovanni del quale fu dispersa la salma. Il beneficiario dell’assegno, in­vece, ha salvato la preziosa ghirba e, da dritto, taglia il traguardo degli ot­tanta dopo aver preso di qua e di là. Come dicono i ve­neti: L’à ciapà la mussa e i trénta schèi, l'asina e i trenta soldi (trenta, come i sicli di Giuda). La morale? è qui, in calce alla pagina. – S. V., 2 giugno 2001].
5 [Di quanto l'Italia debba al « sistema buono » è accenno nella conclu­sione del capitolo Popoletti alla riscossa a pg. 37 e nel capi­tolino La Massa a pg. 103 SV].
6 Verso la metà del '500 i lombardi soggetti alla Spagna-spugna eran di­ventati servi esemplari « di natura quieta, dediti ai piaceri, desiderosi delle comodità ». Il testuale è riferito dall'ambasciatore veneziano Girolamo So­ranzo. In argomento: Francesco Mutinelli, Corrispondenze dei veneti ambasciatori, Venezia 1858, 58.

 

 

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